CATANZARO Uno scambio di favori, restituito nel giro di qualche mese, nella logica ‘ndranghetistica dove il sangue si lava con altro sangue, in un quadro di vendette incrociate e omicidi che neanche il passare degli anni può cancellare. A parlarne è il pentito ed ex killer della ‘ndrangheta, Andrea Mantella, ascoltato dal sito segreto in remoto, nel corso dell’udienza in Corte d’Assise a Catanzaro nel processo legato all’omicidio di De Pietro risalente all’aprile del 2005. Per quell’esecuzione sono a processo Rosario “Pulcino” Fiorillo, indicato come l’esecutore materiale, Rosario Battaglia e Michele “Zarrillo” Fiorillo (il primo difeso dagli avvocati Walter Franzè e Salvatore Staiano, il secondo da Diego Brancia).
Durante la sua deposizione Mantella ha prima raccontato i dettagli della trappola che è costata la vita al sindacalista, amante della madre di Rosario Fiorillo e per questo ucciso per «lavare l’onta del disonore», poi, incalzato dalle domande del pm Andrea Buzzelli, i retroscena di cui è venuto a conoscenza. «Dopo l’appoggio logistico per poter uccidere De Pietro dato a Michele “Zarrillo” Fiorillo, Gregorio Gasparro ha chiesto subito una cortesia: poter intercedere sul suo gruppo ed uccidere Pasquale Franzè “U’ tarra”». «E infatti l’hanno ucciso a Vibo Valentia, in viale Affaccio, se non ricordo male nell’estate del 2006 perché ricordo che ero in carcere per l’operazione “Asterix”». «Michele Fiorillo – racconta Mantella – ha detto al suo gruppo che dovevano restituire questo favore». Gasparro, infatti, voleva vendicare la morte del padre avvenuta nel 1982 nella guerra di mafia «che c’era tra i vibonesi e i sangregoresi». Anche perché, come racconta Mantella, «loro, cioè Rosario Battaglia, Michele Fiorillo e Rosario “Pulcino” Fiorillo, si rapportavano più intimamente con Gregorio Gasparro, nipote di Saverio Razionale, il suo riflesso».
Quando il pm chiede a Mantella chi avesse preso i contatti con Gasparro per l’appoggio logistico, il pentito spiega: «Michele Fiorillo, perché era legato a doppio filo. La mamma se non ricordo male è una sangregorese, se non ricordo male è parente di Gregorio “Nasone” Giofrè (esponente di spicco del locale di San Gregorio d’Ippona ndr) genero di Rosario Fiorè». «Potrei anche sbagliarmi, spiega Mantella, ma il papà di Fiorillo era molto legato a Saverio Razionale, si sono cresciuti insieme». Durante l’interrogatorio Mantella non è in grado di spiegare chi avesse chiesto a Gasparro di partecipare, ma chiarisce di aver parlato direttamente con lui. «Mi ha detto che l’ha preso con la Panda 4×4 vecchio modello, che l’ha portato in località Mutari, nel paesino di Francica che confina con Piscopio e San Gregorio d’Ippona. È praticamente un territorio neutro logistico dove peraltro hanno ucciso Antonino Lopreiato sempre per mano di Michele Fiorillo per fare un favore ai Bonavota, la macchina l’hanno bruciata a Mutari».
Ma, oltre all’omicidio di De Pietro, il giovane Fiorillo era pronto anche ad uccidere la sua stessa mamma. «Qualcuno – spiega Mantella – gli aveva inculcato di uccidere pure la madre, proprio per lavare l’onta del disonore» ma Saverio Razionale avrebbe consigliato ai Piscopisani, anche attraverso il padre di Michele Fiorillo, Giuseppe, che non c’era bisogno perché «come figlio la poteva perdonare e condannarla come uomo. Cioè, alla fine ci sarebbe stata anche l’eliminazione della povera Assunta Immacolata». Un argomento quasi tabù fuori dall’ambiente della criminalità organizzata ma, come spiega Mantella, «ne parlavano male tutti di questo ragazzo e questi Piscopisani, perché la mentalità è quella, io ne ho parlato sempre all’interno dell’ambiente dove ne parlavano tutti, i Lo Bianco, i Barba, tutti pure i Piscopisani come no, i Bonavota».
E poi chiama in causa un’altra figura, la “Diavola”, la sorella della mamma di Rosario Fiorillo, Maria Carmela. «Lei si sentiva la più disonorata da questa relazione della sorella, si sentiva tradita nella loro ideologia, e così incitava il nipote affinché prendesse dei provvedimenti tanto è vero che il papà alla fine, che non c’entrava niente poverino, non è stato capace di intervenire e vendicarsi». «Ma – racconta Mantella – di cosa ti devi vendicare? L’hanno trattato come un babbo, come uno stupido, l’hanno messo da parte e quindi la sorella della mamma ha preso le redini. Anche perché sono cugini, il disonore era sia dei Fiorillo che dei Battaglia, quindi le corna – spiega il pentito – per usare un linguaggio ‘ndranghetistico, sarebbero state di tutti, quindi era interesse di tutti lavare questo disonore». (g.curcio@corrierecal.it)
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