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La sentenza

«Morto dopo aver respirato amianto per anni». Condannata Ferrovie della Calabria

Il Tribunale di Cosenza ha riconosciuto un risarcimento “monstre” agli eredi di un operaio deceduto per mesotelioma pleurico

Pubblicato il: 05/12/2022 – 18:43
«Morto dopo aver respirato amianto per anni». Condannata Ferrovie della Calabria

COSENZA Sentenza storica contro Ferrovie della Calabria. La società è stata condannata dal Tribunale di Cosenza a risarcire con una cifra milionaria gli eredi di un lavoratore deceduto per mesotelioma pleurico. Il giudice della sezione Lavoro ha riconosciuto, nella sentenza emessa venerdì, scorso il nesso di causalità tra la malattia, seguita poi da decesso, e l’attività svolta dall’ex dipendente delle Ferrovie della Calabria. L’uomo, deceduto a 75 anni dopo una lunga malattia, aveva lavorato per oltre trent’anni alle dipendenze dell’azienda ferroviaria calabrese.
I parenti della vittima hanno intrapreso una lunga battaglia legale contro l’azienda per ottenere il riconoscimento che quella morte era legata proprio all’attività svolta.
Gli avvocati Patrizia Coschignao ed Elena Runco – entrambe del foro di Cosenza ed avvocati dell’Osservatorio nazionale amianto di Cosenza e che hanno assistito i parenti della vittima – hanno dimostrato nel corso dell’istruttoria che l’uomo non era mai stato informato sulla letalità dell’amianto e non era mai stato dotato di adeguati dispositivi di protezione e che pertanto il datore di lavoro aveva agito in violazione di tutte le norme a tutela della salute dei lavoratori.

La vicenda

Secondo quanto ricostruito, l’uomo avrebbe respirato fibre di amianto per oltre trent’anni nella sede delle ferrovie della Calabria dove trascorreva, quale operaio intere giornate all’interno di locali privi di aspiratori delle polveri e senza ricambio d’aria.
L’attività, è stato spiegato dai legali nella fase istruttoria, che l’uomo svolgeva avrebbe determinato la dispersione nell’aria di polveri e fibre di amianto che e per questo rimanevano libere. E l’operaio lavorava, è stato spiegato, privo di qualsiasi dispositivo individuale di protezione e senza alcun controllo da parte del datore di lavoro.
Inoltre sempre secondo questa ricostruzione effettuata dai legali, l’operaio tornava a casa con i vestiti di lavoro impregnati di polveri di amianto ignaro che le stesse potessero costituire un grave rischio anche per la salute dei familiari.
Nella relazione di parte a firma dell’ingegner Giuseppe Infusini – presidente Ona della provincia di Cosenza e massimo esperto sulla pericolosità dell’amianto – è stato evidenziato che le Ferrovie della Calabria negli anni in cui l’uomo era dipendente della società sarebbe entrato in contatto in diversi modi con il materiale riconosciuto cancerogeno.
L’amianto, infatti, stando a quanto ricostruito, era presente non solo come copertura dei tetti ma anche come guarnizioni, tubature, nelle carrozze e nelle locomotive, come componente di guarnizioni, come isolante dei motori, come manufatto (nastro, corde, cartone, lastre..). Era, altresì, presente nelle fonti di calore, nei vani che contenevano apparecchiature elettriche, attorno alle condotte dell’aria, nelle motrici diesel, attorno ai tubi di scappamento ed alle marmitte ed altri elementi con cui il lavoratore veniva a contatto.

La sentenza


Aspetti ben evidenziati nella sentenza emessa dal giudice del Lavoro di Cosenza: «Dunque, la prova testimoniale e la documentazione prodotta hanno evidenziato la violazione da parte del datore di lavoro della violazione dell’art. 2087 c.c non adottando quelle cautele di sicurezza necessarie a tutelare la salute del lavoratore. Peraltro, non può non sottolinearsi come il datore di lavoro sia responsabile dell’infortunio occorso al lavoratore. Sia se ometta di adottare le idonee misure protettive, sia se non accerti e vigili che di queste misure venga fatto effettivamente uso da parte del dipendente…».
Con la sentenza di accoglimento i due legali hanno così dimostrato che, si legge in una nota, «un’azienda come Ferrovie della Calabria srl – che non è una piccola impresa che galleggia nel turbinio di leggi da cui trarre indicazioni comportamentali, bensì una grande realtà aziendale, dotata anche di un organismo ad hoc, assistito da competenze scientifiche, deputate in primo luogo ad assicurare e garantire la salute dei ferrovieri – non poteva disconoscere i rischi e la pericolosità cui andavano incontro i propri dipendenti esponendoli all’amianto, al rilascio di polveri contenenti fibre d’amianto, nonché ad altri polveri ed agenti chimici pericolosi». (r.d.s.)

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