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l’operazione

Corigliano Rossano, i delitti della “cosca dei ragazzini”

Maneggiavano armi da guerra clandestine, organizzavano omicidi, incendi e danneggiamenti. Dei 12 indagati dalla Dda di Catanzaro la maggior parte sono giovanissimi (c’è anche un minore). Un solo di…

Pubblicato il: 06/12/2022 – 20:53
di Alessia Truzzolillo
Corigliano Rossano, i delitti della “cosca dei ragazzini”

CATANZARO Sette colpi d’arma da fuoco hanno raggiunto Pasquale Aquino il 3 maggio scorso a Corigliano Rossano. Di questi, uno gli ha reciso l’aorta uccidendolo. Il movente, secondo la Dda di Catanzaro, è l’egemonia del traffico di stupefacenti. L’indagine che è scaturita da questo omicidio ha portato questa mattina i carabinieri ad eseguire un’operazione che portato all’arresto di sei persone, una misura di arresti domiciliari e un obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Il quadro accusatorio è vasto, gli indagati sono in tutto 12 – più un minore per il quale si procede separatamente – e i reati vanno dall’omicidio aggravato, al tentato omicidio aggravato, alla ricettazione, alla detenzione di armi, al favoreggiamento, incendio, danneggiamento, traffico di stupefacenti.
Una vera e propria organizzazione criminale che operava su Corigliano Rossano. Tutti, o quasi, giovanissimi. Come Francesco Le Pera, 21 anni, accusato dell’omicidio di Pasquale Aquino a maggio scorso e del tentato omicidio di Cosimo Marchese, avvenuto un mese dopo, il primo giugno.
Ma procediamo con ordine.
Secondo le ricostruzioni degli inquirenti – vergate dal procuratore Nicola Gratteri, dall’aggiunto Giancarlo Novelli e dal sostituto Alessandro Riello – l’esecutore materiale del delitto Aquino è stato Francesco Le Pera, con l’aiuto delle “vedette” Giorgio Arturi, 39 anni, e Manuele Intrieri, alias “Zuzu”, 21 anni. L’agguato sarebbe stato pianificato da Piero e Giovanni Chiaradia, 49 e 55 anni.
Un mese dopo, Le Pera spara contro Cosimo Marchese cinque colpi di fucile calibro 12 senza riuscire nell’intento di ucciderlo. Il motivo, scrive la Dda nel capo di imputazione, è sempre lo stesso: pretesa egemonica del traffico di stupefacenti.

La santabarbara 

In un casolare abbandonato nelle campagne di Schiavonea, i carabinieri di Corigliano Rossano hanno trovato una vera e propria santabarbara. Secondo l’accusa, a ricevere e occultare le armi sarebbero stati Francesco Le Pera, Antonio Pio Carvelli, 18 anni, Antonio Martino, 19 anni, e Francesco Cufone, 32 anni. L’arsenale è composto da un fucile da caccia calibro 12 con matricola abrasa (utilizzato per commettere il tentato omicidio di Cosimo Marchese), fucile a due canne calibro 28 (mai censito), fucile a pompa calibro 12, mitraglietta con calciolo ripiegabile calibro 7,65 con caricatore da 16 colpi e matricola abrasa (arma da guerra clandestina), rivoltella a tamburo da cinque colpi (senza matricola), pistola automatica 7,65 con matricola abrasa (usata per l’omicidio Aquino), rivoltella a tamburo da cinque colpi, rivoltella a tamburo da sei colpi, un serbatoio di pistola automatica vuoto, con munizioni a parte. Anche le munizioni ritrovate erano abbondanti, per esempio 50 munizioni per pistola calibro 45, 65 munizioni per pistola calibro 38 special, 21 munizioni per pistola marca Geco 38 special, 16 munizioni per pistola calibro 7,65, 18 munizioni per pistola calibro 9×21, 107 munizioni da caccia a pallini. Il 21enne Manuele Intrieri è stato trovato a detenere illegalmente un revolver calibro 38. 

Incendi, danneggiamenti e spaccio

In una occasione Francesco Le Pera e Annamaria Iacino, 36 anni, avrebbero aiutato, Giorgio Arturi ad assicurarsi il profitto di un reato di estorsione occultando il denaro pagato dalla vittima, riuscendo così a impedire il sequestro del contante da parte dei carabinieri che stavano procedendo al fermo. 
Matteo Arcidiacono, 26 anni, Giovanni Arturi, 43 anni, e Francesco Le Pera sono anche accusati di avere incendiato l’auto di un uomo, di notte, approfittando della sua assenza.
Il gruppo – Francesco Le Pera, Giovanni Arturi, Bruno Arturi, 19 anni, e Antonio Martino – non si sarebbe fermato nemmeno nel mandare un messaggio minatorio a un imprenditore agricolo distruggendo con una motosega 80 alberi di agrumi. 
Senza contare che il gruppo dei ragazzini (compreso il minore) è accusato di avere detenuto, raffinato e spacciato cocaina, attività principe che inserirebbe i giovani in un contesto di matrice mafiosa e in contrapposizione con altri gruppi per avere il controllo del territorio. (a.truzzolillo@corrierecal.it)

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