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«Curare i bambini e formare nuovi pediatri. Perché ho scelto di tornare a fare il medico in Calabria»

Intervista a Romina Gallizzi, docente associata alla Magna Graecia. «Tutti insieme possiamo rivoluzionare la sanità in regione»

Pubblicato il: 07/12/2022 – 12:28
di Emiliano Morrone
«Curare i bambini e formare nuovi pediatri. Perché ho scelto di tornare a fare il medico in Calabria»

«Ai miei figli ripeto che si può vivere nella nostra terra, che ne vale la pena e che non è giusto arrenderci e andare o restare altrove». Inizia così l’intervista che ci ha concesso Romina Gallizzi, professoressa associata di Pediatria nell’Università di Catanzaro, immunologa e reumatologa dei bambini che ha lavorato per 20 anni a Messina e poi scelto, precisa, di «rientrare in Calabria per dare una mano al Servizio sanitario regionale e contribuire alla formazione di nuovi medici».

Trent’anni a Messina, poi il rientro in Calabria per curare i bambini e formare nuovi pediatri

Romina Gallizzi

«A Messina – continua Gallizzi – ero ben avviata nella carriera universitaria. Lì sono rimasta per una trentina d’anni: prima per conseguire la laurea e la specializzazione, poi per dedicarmi alla ricerca nell’ateneo messinese e alle attività cliniche nel suo centro pediatrico, che dà risposte efficaci ed è riferimento anche per tanti bimbi provenienti dalla Calabria. In base alle norme vigenti e data l’attività che avevo svolto, lì avrei potuto ottenere un posto di professore di seconda fascia, cioè quello che ho adesso a Catanzaro, attraverso una procedura interna e senza un concorso pubblico aperto. Invece nel 2021 ho scelto di mettermi di nuovo in gioco e di partecipare ad una selezione molto rigida per venire all’Università di Catanzaro. Sono riuscita a superare la prova e a centrare l’obiettivo di tornare in Calabria per curare qui i bambini e insegnare nella scuola di specializzazione in Pediatria, che aveva bisogno di un docente universitario».

«Il dovere di partecipare al rilancio della sanità calabrese»

Mentre si racconta, la professoressa è in viaggio verso Catanzaro, dove arriva la mattina presto per le visite e le lezioni universitarie. Ogni tanto la linea telefonica cede o cade, ma l’intervistata riprende il filo del discorso con entusiasmo. «Da casa mia – dettaglia – sono due ore e mezza di macchina tra andata e ritorno, ma non mi stanco e sono felice perché ho la possibilità di mettere al servizio della comunità le competenze e le esperienze che ho acquisito a Messina. L’intenzione di rientrare era stata una costante, però ero preoccupata. Ogni volta immaginavo le difficoltà che avrei potuto incontrare, legate alla lunga fase del Piano di rientro dal disavanzo sanitario calabrese. Alla fine, però, ha avuto la meglio il senso di appartenenza alla Calabria, l’idea di dover partecipare al rilancio della nostra sanità. Si tratta di una scommessa che tutti dovremmo accogliere e portare avanti per il bene comune. Non c’è più tempo per lamentarsi e non bisognerebbe fuggire dalle proprie responsabilità o voltare lo sguardo. Alla nostra regione serve una mentalità positiva, che già intravedo».
La testimonianza della docente dell’ateneo catanzarese si aggiunge all’appello al ritorno dei medici calabresi che lo scienziato italiano Giuseppe Remuzzi ha lanciato nei giorni scorsi tramite il Corriere della Calabria (leggi qui).

«La rivoluzione deve coinvolgere tutti, anche i giornalisti»

«Non voglio essere retorica – puntualizza Gallizzi – né dare l’impressione di non avere contezza della realtà. Bisogna, tuttavia, che passi un messaggio diretto. Tutti insieme dobbiamo costruire una sanità migliore: decisori, dirigenti, medici, pazienti, utenti e giornalisti. Occorre una rivoluzione nel modo di pensare e di agire. Dobbiamo crederci fino in fondo e collaborare, perché non siamo inferiori agli altri italiani e abbiamo risorse intellettuali e personali che spesso spendiamo fuori sede o addirittura all’estero, piuttosto che in Calabria».

«Informare per avvicinare i cittadini alla sanità della Calabria»

«Questo cambiamento – sottolinea la professoressa – va sostenuto da una convinzione quotidiana, dall’impegno e dalla fiducia di ciascuno. Nel contesto, l’università ha un ruolo importante, anche per l’assistenza pediatrica, di cui il Corriere della Calabria ha dato conto di recente (leggi qui). È utile che i cittadini, e nello specifico i genitori, siano informati dei servizi e dei progetti in corso. Spesso, infatti, le buone notizie non arrivano ai destinatari e quindi cresce la distanza dei cittadini nei confronti del Servizio sanitario regionale».

«Terapie innovative per le malattie rare dei bambini e un importante progetto di ricerca coordinato dall’ospedale Bambino Gesù»

«Nell’Università di Catanzaro, per esempio, ci occupiamo – prosegue Gallizzi – di immunodeficienze primitive e secondarie, che sono malattie rare alquanto invalidanti e richiedono terapie sostitutive e continuative per l’intera vita. Ci occupiamo pure di reumatologia, quindi di malattie infiammatorie croniche, a volte genetiche e piuttosto rare, comunque molto complesse nella gestione: sia perché richiedono l’ausilio di particolari metodiche diagnostiche, sia per gli approcci terapeutici, oggi anche innovativi. Utilizziamo soprattutto una vasta gamma di farmaci biotecnologici che rappresentano il futuro nella cura di queste patologie. Con il fine di studiare a fondo tali malattie rare, tra cui le sindromi auto-infiammatorie, abbiamo ottenuto un milione di euro nell’ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Si tratta di un importante lavoro di ricerca sui dati epidemiologici a livello territoriale. Capofila, nel merito, è l’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma. Oltre, poi, all’ateneo di Catanzaro, partecipano al progetto, che abbiamo presentato tutti insieme, il Gaslini di Genova e l’Università Federico II di Napoli. Lo ritengo un significativo passo in avanti, che conferma che in Calabria non siamo affatto marginali».

«Indispensabile il reparto di Neuropsichiatria»

«Nella nostra regione – conclude Gallizzi – è indispensabile attivare un reparto di Neuropsichiatria infantile. Abbiamo anche l’esigenza, di un reparto di Pediatria con posti di degenza ordinaria nel policlinico universitario. I tempi sono maturi per recuperare terreno, fornire risposte di qualità e ridurre la migrazione sanitaria». (redazione@corrierecal.it)

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