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Il mistero di “Faccia da Mostro”, la moglie racconta gli ultimi giorni in Calabria. «Mio marito nei Servizi? Troppo pigro»

A Palermo, nel corso dell’udienza del processo sulla morte di Nino Agostino, ha testimoniato la consorte di Giovanni Aiello. «Faceva il bullo». Il nuovo giallo: «Non è ancora stato cremato»

Pubblicato il: 07/12/2022 – 6:59
di Fabio Benincasa
Il mistero di “Faccia da Mostro”, la moglie racconta gli ultimi giorni in Calabria. «Mio marito nei Servizi? Troppo pigro»

PALERMO «Mio marito non poteva essere dei servizi segreti perché una moglie queste cose le sa!». Parola di Ivana Orlando, moglie dell’ex poliziotto, ritenuto vicino ai Servizi, morto il 21 agosto 2017 sulla spiaggia di Montauro, in Calabria. Giovanni Aiello, conosciuto come “Faccia da mostro” è entrato nelle indagini della Dda di Palermo più volte, ultima quella sull’omicidio mai risolto dell’agente Nino Agostino e della moglie Ida Castellucci. Quel soprannome è legato ad una grossa cicatrice presente sul volto dell’ex poliziotto, ricordo di un «conflitto in Sardegna con il bandito Graziano Mesina». Aiello verrà colpito e quella cicatrice segnerà per sempre il suo viso. Ma non solo. Ivana Orlando, nel corso di una udienza del processo in corso a Palermo per far luce sulla morte di Nino Agostino, è tornata a parlare del marito, della sua vita, di alcune sue angosce.

La cicatrice e l’addio alla Polizia

«Da marzo ad ottobre era impegnato con il rimessaggio delle barche, a dicembre andavamo dalla mia famiglia in Veneto, al Nord», racconta Orlando. «Dalla Polizia è andato via perché era stato ferito nel 1964, poi è rimasto in convalescenza ed è tornato in servizio ma spesso stava male e gli concedevano giorni di riposo». La ferita al volto provoca una doppia sofferenza ad Aiello, piegato «da forti mal di testa» e da «turbe psichiche». È la stessa moglie dell’ex poliziotto a confermarlo in una dichiarazione messa a verbale nel 2016. «Mio marito a Palermo ha prestato servizio nella sezione “antiscippo” e “catturandi” poi è andato in convalescenza per turbe psicologiche a causa della ferita, soffriva di forti mal di testa». La donna, in aula, sollecitata dalle domande del pm conferma quanto dichiarato in passato ma precisa di non aver «mai notato le turbe nevrotiche» del marito.

Il ritorno in Calabria

Giovanni Aiello quando lascia la polizia torna in Calabria, nella sua Montauro. «Sapevo che era stato a Venezia in servizio, me lo ha detto lui. Prima di andare a Palermo e prima di conoscerci era stato a Cosenza. Non mi interessavo del suo lavoro e mi fidavo di cosa faceva», precisa Orlando. Che aggiunge: «A Palermo il suo capo era Contrada, me lo ha detto quando abbiamo sentito in tv che Contrada era indagato o qualcosa del genere». Aiello tornato in Calabria, secondo quanto asserito dalla moglie, si ritira a vita riservata. «Possedeva una Range Rover scassata e l’abbiamo tenuta fino a quando è morto, nel cantiere aveva una Jeep tipo americana che serviva per portare le barche dall’officina al varo del mare. Aveva delle moto, percepiva la pensione per essere andato in quiescenza per causa di servizio». Nessuno sfarzo, nessun lusso. «Lui non aveva grandi mezzi, viveva di pensione. Io ho avuto delle eredità dalla mia famiglia ed ho comprato la casa in Calabria a Montauro». Il flashback di Ivana Orlando prosegue. «Fino al 1985 abitavo a Milano, lui dai genitori a Montauro ma eravamo sempre in contatto per via di nostra figlia. Nel 1986 ho comperato la casa a Montauro e stavamo in Calabria. Nel 2004 sono morti i suoi genitori, i fratelli di mio marito si sono messi d’accordo e Giovanni ha preso possesso dell’area prospicente una casetta che affacciava sul mare, ha comprato la barca e dopo aver lasciato il lavoro di rimessaggio si è messo a fare il pescatore professionista». Mare, sole e pesca: Giovanni Aiello trascorreva così le sue giornate, spesso lontano dagli affetti più cari. «La casa dei suoi genitori dava sulla spiaggia e li c’era una baracca per conservare le reti del mare. Mio marito viveva in quella abitazione per controllare la barca e io stavo un po’ nella nostra casa di Montauro e un po’ con lui». Sui beni posseduti da Aiello e sul valore degli stessi, la moglie precisa. «Nella sua casa aveva orologi dal valore di dieci euro, li comprava ai mercatini. Quelli costosi li avevo io, in casa a Montauro».

Il rapporto con i Servizi

Il pubblico ministero chiede più volte alla testimone se ricorda di frequenti viaggi di Aiello in Sicilia, a Palermo. La donna nega. «Ha sempre detto e sostenuto che dopo aver lasciato la Polizia a Palermo non è più andato. Stavamo in Calabria non ci interessava andare a mare lì». La coppia possedeva una abitazione a Sciacca, come ammesso dalla teste. «L’abbiamo abbandonata, siamo andati l’ultima volta nel 2011. Qualche anno prima, nel 2005 abbiamo svuotato la casa di Sciacca e portato alcuni mobili in Calabria. L’abitazione è stata messa in vendita». Quella che viene descritta in aula è la normale quotidianità vissuta da una coppia semplice e lontana dai riflettori, che viene però scossa dall’incredibile interesse mediatico nei confronti dell’ex poliziotto considerato vicino ai Servizi segreti. «Attorno al 2010 sono cominciati a comparire articoli sui giornali, ma eravamo tranquilli», sostiene Ivana Orlando. «Nel 2013, ha avuto notizia di un incontro tra suo marito e giornalisti di Repubblica a Montauro?» chiede il pm. La teste risponde: «Questi giornalisti sono andati alla baracca di mio marito con la telecamera nascosta ed hanno fatto una intervista. Dopo abbiamo visto che erano solo delle foto. Ricordo che ho chiesto ai giornalisti perché si fossero fiondati su Aiello e mi hanno risposto che era “giornalisticamente interessante”». La donna poi aggiunge particolari sui capelli e sui baffi del marito. «Da giovane aveva i capelli neri e caratteristici baffi neri che ha tenuto sempre fino ai 50 anni, fino al 2000. Nessun pentito l’ha riconosciuto, facevamo la descrizione basandosi solo sulle foto dei giornali che però ritraevano un uomo di 70 anni e non hanno mai parlato di baffi», continua la testimone.

Giovanni Aiello

Ad Orlando viene poi chiesto se ricorda un altro episodio con protagonista il giornalista Michele Santoro. «Venne a casa mia, ma mio marito era già morto». «Ha mai saputo se suo marito avesse avuto rapporti con i Servizi?», incalza il pm. «Lui ha sempre negato, non era tipo, era troppo pigro», risponde la testimone, accennando un sorriso. «Era un bullo e ricordo che quando è venuto Gheddafi in Italia, pare volesse dormire in una tenda nel cortile di una caserma e Giovanni per farsi vedere bello dai suoi amici diceva che i servizi segreti non l’avrebbero permesso». Il pm insiste nella sua richiesta e la donna chiude il discorso con una risposta lapidaria: «Non poteva essere dei Servizi segreti perché una moglie queste cose le sa!».

L’indagine a Palermo e un nuovo mistero. «Non è stato ancora cremato»

Il pubblico ministero ricorda alla moglie di Giovanni Aiello dell’impegno processuale del marito a Palermo «per essere sottoposto a riconoscimento». «Sì ne ero a conoscenza ma so che il procedimento è stato archiviato, mio marito era morto e l’avvocato mi ha comunicato che il caso era stato archiviato». «Discutevate del fatto?», chiede il pm. «Non ne parlavamo, ci guardavamo quando ci incontravamo nel corridoio di casa ma non ne parlavamo. Con gli occhi ci dicevamo che sarebbe finita», precisa la donna. La chiosa è dedicata alla morte di Giovanni Aiello avvenuta il 21 agosto del 2017 a Montauro. «E’ stata fatta l’autopsia», chiosa Orlando che poi aggiunge un particolare inedito. «Mio marito non è stato ancora cremato. La carta di identità l’ho data al suo avvocato, il passaporto è a casa e quello precedente immagino sia stato ritirato dalla Questura».

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