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l’agguato

Omicidio a Corigliano, la rabbia di “zio Cosimo”: «Non dovevano fare morti. Ora salta tutto»

Le lettere in carcere al figlio della vittima: «Statti a cuccia bello bello». L’agguato in bicicletta. Le intercettazioni: «In mezzo alle strade non va bene. Gli dici “inginocchiati e mettiti a ter…

Pubblicato il: 08/12/2022 – 21:23
di Alessia Truzzolillo
Omicidio a Corigliano, la rabbia di “zio Cosimo”: «Non dovevano fare morti. Ora salta tutto»

CATANZARO Pasquale Aquino, pregiudicato, è stato assassinato il 3 maggio 2022 a pochi passi da casa sua a Schiavonea, frazione di Corigliano Rossano. Era appena rientrato a bordo della sua Bmw, aveva fatto in tempo a spegnere il motore quando hanno cominciato a sparargli addosso. L’uomo ha tentato di allontanarsi ma i due sicari, in sella a due biciclette, lo hanno inseguito e freddato. Sette colpi di pistola di cui uno che gli ha reciso l’aorta. La moglie di Aquino è accorsa subito e ha chiamato il 118 ma per il compagno non c’era più niente da fare. La donna ha raccontato ai carabinieri che il marito era abitudinario e rincasava sempre alla sempre alla stessa ora. Un vicino ha detto di aver sentito dei botti e di essersi affacciato pensando fossero fuochi d’artificio e ha poi visto due persone allontanarsi in bicicletta. Le telecamere della zona confermano: due soggetti travisati con mascherina e cappuccio in testa gironzolavano dalle 19:29 intorno casa di Aquino. Poco prima dell’omicidio avevano indossato dei guanti di colore blu. Alle 19:47 i due avevano compiuto il delitto e fuggivano. Sulla via di fuga cadeva loro un bossolo di colpo esploso.

«Statti a cuccia bello bello»

Pasquale Aquino aveva due figli, Francesco e Vincenzo, detenuti rispettivamente a Palermo e Castrovillari. I colloqui in carcere captati dai carabinieri permettono di venire a conoscenza del fatto che i sospetti dei due figli convergessero su “quelli di Fabrizio”. Sentito dagli investigatori, Francesco Aquino ha riferito di avere ricevuto de lettere da un anonimo il quale indirizzava velate minacce verso il fratello Vincenzo chiedendo di intercedere col padre che avvertisse il fratello «di starsi a cuccia e di stare bello bello», alludendo a un coinvolgimento in un’attività di spaccio che poteva dare fastidio a qualcuno. I carabinieri insistono fino a quando Francesco Aquino rivela che le lettere, ricevute tra il 2018 e il 2019, provenivano da Giovanni Chiaradia, fratello di Piero Chiaradia, col quale Francesco Aquino aveva condiviso nel 2019 un periodo di detenzione e Rossano.

«Non dovevano fare morti»

“Fabrizio” altri non è che contrada Fabrizio. È in questa zona che viene ritrovata una delle due biciclette, davanti a un’abitazione nella quale, tra il 2008 e il 2009 aveva dimorato Francesco Le Pera, fidanzato con la figlia del pregiudicato Giorgio Arturi.
Ad agosto Arturi subisce un fermo e subito le intercettazioni degli investigatori della Dda di Catanzaro captano una certa agitazione nel gruppo di ragazzi capeggiato dal 21enne Le Pera: devono occultare qualcosa di compromettente.
Il materiale viene nascosto nel casolare vicino all’abitazione di un minore che trafficava droga col resto della banda. Nel casolare i carabinieri ritrovano delle armi tra le quali le due che avevano ucciso Aquino.
Il sequestro delle armi crea ulteriore agitazione.
Nel corso di una cena un tale zio Cosimo si lagna del trambusto creato dai ragazzi con l’omicidio di Aquino e il tentato omicidio, un mese dopo, di Cosimo Marchese. «Non lo dovevano fare… loro non dovevano fare morti», dice zio Cosimo. «Ora che hanno fatto questo mortariello (termine dispregiativo per indicare Pasquale Aquino) e tentato omicidio… è saltata tutta la situazione… tutto!».

«Mettiti in ginocchio»

Gli inquirenti monitorano Giorgio Arturi e i suoi rapporti con Francesco Le Pera. I due avevano un «intenso legame», tanto che la fidanzata di Le Pera «redarguiva il compagno per essersi immischiato negli affari illeciti del padre», ma, allo stesso tempo, i carabinieri monitorano i fratelli Piero e Giovanni Chiaradia «noti esponenti criminali pregiudicati». Secondo l’accusa, i Chiaradia sarebbero i pianificatori dell’agguato ad Aquino. Avevano inviato le lettere in carcere ai figli della vittima e vengono descritti come due soggetti con una «piena conoscenza degli equilibri criminali che si andavano a delineare sul territorio». Un esempio è il dialogo tra Piero Chiaradia e tale Tonino. Quest’ultimo voleva intraprendere attività legate al traffico di droga ma Chiaradia lo dissuade: «Non ti immischiare, non te ne prendere. Che dove la prendono loro non si scherza… a Sibari non si scherza con quello». Gli inquirenti individuano nei Chiaradia i registi del delitto. Alcune intercettazioni precedenti alla data dell’omicidio farebbero intendere la programmazione di una attività delittuosa. Una persona di origine marocchina aveva urgenza di parlare con Giovanni Chiaradia di Pasquale “lo sposato” perché «dice che parla assai». Per esempio, il 3 marzo 2022 i due discutono di una detenzione di armi arrugginite e della necessità di procurarsi dei telefonini piccoli «da utilizzare verosimilmente in un’attività delittuosa».
Nel corso di una conversazione Giovanni Chiaradia forniva dettagli in ordine alle modalità di un presunto agguato: «In mezzo alle strade non va bene… che questo se ne va in panico e ci fa venire… si trova a fare qualche marcia indietro e ci schiatta a qualcuno… ci schiatta con la macchina… metti che gli prende un infarto… invece in quella maniera lo chiudi dentro e gli dici senti qua… gli dici inginocchiati e mettiti a terra… buttati, mettiti in ginocchio».
Ma secondo il gip gli indizi sui due Chiaradia sono incerti e non consentono di ravvisare un quadro indiziario solido. I due sono indagati a piede libero mentre Giorgio Arturi, Francesco Le Pera, la “vedetta” Manuel Intrieri, sono stati tratti in arresto (anche) per l’omicidio di Pasquale Aquino. (a.truzzolillo@corrierecal.it)

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