NAPOLI Il narcotrafficante internazionale Raffaele Imperiale ha avviato un percorso di collaborazione con la Giustizia. Pochi giorni fa, nel corso di una udienza davanti al Tribunale del Riesame (decima sezione, collegio B), al quale hanno fatto ricorso 10 dei 28 destinatari delle misure cautelari emessi nei confronti di presunti appartenenti all’organizzazione facente capo proprio a Imperiale, la Procura di Napoli (sostituti procuratori De Marco, Caputo e Giugliano) ha depositato sei verbali, quattro contenenti rivelazioni di Imperiale, uno quelle del suo socio Bruno Carbone e l’ultimo di Raffaele Mauriello, boss del clan Amato-Pagano di Secondigliano. Secondo quanto riporta l’Ansa al momento solo Imperiale si è “pentito”.
Il boss Imperiale, arrestato a Dubai dopo una latitanza dorata e ora pentito, è stato uno dei principali narcotrafficanti mondiali. Ritenuto vicino al clan camorristico degli Scissionisti e col pallino dell’arte, è stato ribattezzato il “boss dei Van Gogh” per avere acquistato, custodito e poi fatto anche ritrovare due preziosissime tele del celebre pittore fiammingo che erano state trafugate dal museo di Amsterdam nel 2002. Un narcos che «era sempre al telefono a fare affari», si lamenta in una intercettazione la moglie: affari, però, che fruttavano moltissimo, considerato che il gruppo facente capo a Imperiale avrebbe inondato di cocaina proveniente dal Sud America non solo l’Italia, ma anche numerosi Paesi europei e non, come ad esempio l’Australia. Il boss, del resto, era abituato alla bella vita. Solo nei primi tre mesi del 2020 il narcotrafficante napoletano di 48 anni spese quasi sette milioni di euro per le sue esigenze personali. Lo hanno accertato gli investigatori di Polizia e Gdf esaminando il contenuto di alcune chat trasmesse dall’autorità giudiziaria francese. Si trattava di messaggi criptati tra Imperiale e il suo contabile contenenti le uscite del narcos: tra l’altro, 181mila euro alla moglie, 492mila al cognato, 30mila per la compagna di quest’ultimo, 497mila euro per la sua ex moglie. Oltre 214 mila sono andati in spostamenti aerei, suocera compresa, e 200mila in “regali”.
Imperiale è tra le persone indagate nella recente maxi operazione della Dda di Reggio Calabria che ha ricostruito la logistica dei narcos nel porto di Gioia Tauro. Nell’inchiesta reggina è accusato di aver contribuito all’importazione di oltre due tonnellate di cocaina, suddivisa in 1.920 panetti occultati in un carico di banane arrivato al porto di Gioia Tauro il 14 marzo 2021. Il carico, partito da Sant’Antonio da Turbo in Colombia, è giunto in Calabria dopo uno scalo a Panama e un cambio di nave. Il broker internazionale, assieme al narcotrafficante calabrese Bartolo Bruzzaniti e al socio Bruno Carbone, avrebbe mantenuto i contatti con i narcos colombiani, con gli importatori calabresi e con i soggetti deputati a portare la sostanza fuori dal porto di Gioia Tauro.
Questo filone dell’inchiesta vede coinvolte «numerose persone allo stato non identificate», fra le quali, scrivono gli inquirenti nell’ordinanza di custodia cautelare, «i soggetti sudamericani “Pentagon”», nominativo ricavato dall’utilizzo di un dispositivo per le comunicazioni criptate Sky ECC. Sarebbero stati proprio Imperiale e Carbone a rapportarsi con i narcotrafficanti esteri, «attraverso i quali acquistavano ingenti quantità di sostanza stupefacente destinate al mercato europeo, di cui curavano l’imbarco dai porti sudamericani e in particolare quello di Turbo (Colombia)». Bruzzaniti, invece, avrebbe mantenuto i contatti con «i gruppi criminali italiani – e particolarmente calabresi – interessati all’acquisto della sostanza, oltre che con i gruppi criminali che garantivano la possibilità di operare lo sbarco della sostanza nei vari scali portuali europei, oltre che l’uscita, eludendo i controlli delle forze dell’ordine». (ppp)
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