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’Ndrangheta, il ristoratore al centro del blitz in Austria: «Guadagno bene ma non sono un mafioso»

L’uomo parla alla stampa austriaca: «Ho prestiti con diverse banche e pago il leasing per la mia Ferrari: se riciclassi non ne avrei bisogno…»

Pubblicato il: 09/12/2022 – 7:01
’Ndrangheta, il ristoratore al centro del blitz in Austria: «Guadagno bene ma non sono un mafioso»

LAMEZIA TERME Ristoratore di successo, circa 40 anni, originario – secondo alcune fonti – del Vibonese. Soprattutto: furioso (traduzione letterale dal tedesco). L’identikit dell’imprenditore finito sulle pagine web di Austria e Italia dopo un blitz di 150 tra agenti di polizia e funzionari del fisco manca ancora di un dettaglio non trascurabile, il nome, ma il “Kronen Zeitung”, il più diffuso quotidiano austriaco lo ha raggiunto e ha dato voce alla sua rabbia per essere finito al centro di un’inchiesta che ha fatto molto rumore. 

«Si pensa che ogni imprenditore italiano sia un mafioso»

Il blitz, riportava l’Ansa, sarebbe partito sulla base di una rogatoria internazionale chiesta dalla Procura di Catanzaro. Sono stati perquisiti complessivamente 14 tra pizzerie, uffici e appartamenti. E al centro dell’inchiesta sarebbe proprio il titolare dei ristoranti, sospettato – così la stampa austriaca – di essere affiliato alla ‘ndrangheta. In Austria l’inchiesta è in mano alle procure di Linz e Steyr. Dalla Procura di Catanzaro non trapela nulla. L’uomo, però, ha raccontato la propria versione al “Kronen”. «Si pensa che ogni italiano che apre un’attività in Austria sia un mafioso – dice –. Guadagno bene, ma perché alla gente piacciono le mie pizze e ne sono grato». Il 41enne vive in Austria dal 1989 e respinge con forza ogni accostamento con la ‘ndrangheta: «Ho dieci milioni di euro di prestiti in Austria e ogni mese devo vedere come posso onorarli. Pensate che avrei bisogno di prestiti se fossi nella mafia e riciclassi denaro?». Logica ferrea. In un passato non troppo lontano l’uomo è stato processato per traffico di droga: un errore giudiziario, dice. “Colpa” della telefonata di un dipendente coinvolto in strani traffici; al Tribunale la spiegazione non è bastata. 

«Nei miei computer solo le foto dei miei figli, sono pulito»

Gli affari vanno bene: l’italiano possiede sei locali e vorrebbe espandersi con un nuovo investimento. «Avrei avuto bisogno di 200mila euro dalla banca per un breve periodo. Dopo i titoli dei giornali sulle retate, la situazione non è delle migliori», dice l’imprenditore. Che, racconta ancora “Kronen Zeitung”, ha anche una Ferrari in garage. «E per questo pago anche le rate del leasing – aggiunge il ristoratore –. Ho prestiti con diverse banche e non c’è nulla di nascosto. Anche i redditi dall’Italia sono resi noti, non nascondo nulla». Certo, dopo il blitz di qualche giorno fa le cose sono cambiate: «Sono venute 150 persone da Vienna e hanno confiscato il mio computer e il mio cellulare. Possono averli, ma lì ci sono solo le foto dei miei figli. E ho lo stesso numero di cellulare da 18 anni», dice il proprietario della pizzeria. «Ogni anno pago due milioni di euro al fisco e all’assicurazione sanitaria, eppure sono costantemente associato alla mafia. L’invidia va guadagnata, in Calabria come a Linz». (ppp)

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