MILANO Tre consiglieri regionali, vicini a Umberto Bossi, lasciano la Lega e creano un nuovo gruppo al Pirellone dal nome “Comitato Nord”, la corrente autonomista e nordista fondata dal Senatur. Poche ore dopo Matteo Salvini li espelle. Decisone che provoca l’intervento diretto dell’ex leader del Carroccio che chiede al segretario del partito di annullare il provvedimento. Antonello Formenti, Federico Lena e Roberto Mura, spiegano la loro decisione denunciando un «malessere interno», frutto della «non predisposizione all’ascolto delle innumerevoli criticità territoriali» e «l’abbandono totale delle tematiche autonomiste nordiste». Il tutto a poche settimane dal test amministrativo: in Lombardia, come nel Lazio, si voterà il 12 e il 13 febbraio come ha ratificato oggi il governo, per cui non si può escludere la presentazione di una loro lista.
Ovviamente, solo il tempo dirà se si tratta di un episodio isolato, una piccola rottura senza alcun effetto elettorale, come sostiene la Lega, o il segnale, come afferma l’opposizione, di “un allarme rosso” scattato contro la leadership di Matteo Salvini. Al momento però non pare che si possa parlare di un effetto contagio: in Piemonte, ad esempio, nei prossimi giorni si terranno congressi unitari e non esistono altri Comitati del Nord.
Quanto all’oggi, la reazione di Via Bellerio è netta: espulsione per tutti e tre, colpevoli di «aver tradito il mandato ricevuto da migliaia di elettori e militanti leghisti», come spiega in una nota, a nome della segreteria federale, il coordinatore regionale Fabrizio Cecchetti. Ma il partito va oltre, attaccando alla radice le ragioni che hanno spinto i tre dissidenti a rompere, ovvero la scarsa attenzione verso i bisogni del nord. «È inverosimile – attacca Cecchetti – se si pensa che il nostro movimento ha cinque ministri lombardi, se si pensa ai miliardi appena sbloccati dal ministro Salvini per opere infrastrutturali lombarde, all’accelerazione impressa dal ministro Calderoli all’iter dell’autonomia regionale o tanti dossier lombardi, primo fra tutti quello delle Olimpiadi, subito presi in mano dai nostri ministri».
Intanto l’opposizione festeggia, a Milano, come a Roma.
Secondo il candidato dem alla Regione, Piefrancesco Majorino, «il centrodestra esprime, nei fatti, due candidati: Letizia Moratti, in difficoltà nei sondaggi, e Attilio Fontana. L’alleanza che ha governato sin qui per 28 anni mostra più di una crepa».
Anche il capogruppo lombardo del Pd, Fabio Pizzul parla di «scissione» e dice che «potrebbe non essere finita qui». «Oggi – prosegue – il fronte a sostegno di Attilio Fontana è molto più debole».
Per il capogruppo del M5s in Regione, Nicola Di Marco, «la Lega perde sempre più i pezzi e la leadership di Salvini, oltre a scricchiolare, non convince più nemmeno i leghisti. In Lombardia c’è il fuggi fuggi pre-elettorale, dopo gli assessori è la volta dei consiglieri regionali: la disfatta della Lega prende forma e si concretizzerà nel voto del prossimo 12-13 febbraio». Secondo Osvaldo Napoli, di Azione, oggi s’è accesa «una spia rossa sulla leadership di Matteo Salvini». «È solo l’inizio di uno smottamento accelerato. È bastato che il vecchio leone, Umberto Bossi, lanciasse un richiamo sull’insoddisfazione crescente della base tradizionale perché – conclude Napoli – un’increspatura si trasformasse in maremoto».
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