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Comuni sciolti per mafia, in Calabria il numero più alto dal 1991 a oggi. Così le cosche occupano le istituzioni

I dati della relazione finale della Commissione bicamerale: il 34% si trova nella nostra regione. Ma le gestioni commissariali spesso sono un flop

Pubblicato il: 11/12/2022 – 7:10
Comuni sciolti per mafia, in Calabria il numero più alto dal 1991 a oggi. Così le cosche occupano le istituzioni

In Calabria il maggior numero di Comuni sciolti per infiltrazioni mafiose dal 1991 ad agosto 2022. È quanto emerge dalla relazione finale della Commissione parlamentare antimafia della passata legislatura, nella sezione dedicata al tema della “Trasparenza negli enti pubblici anche non territoriali”: la sezione, pubblicata in questi ultimi giorni, evidenza che il 34 per cento degli enti locali che in Italia sono stati “azzerati” perché in mano alle cosche si trova nella nostra regione.

Le “spie” dell’infiltrazione mafiosa

Nel report dell’Antimafia si fa anzitutto un quadro delle dinamiche che portano le mafie a infiltrasi nei Comuni. «Gli ingenti patrimoni, accumulati grazie ad attività illecite diversificate ed estese in ragione di una sempre più spiccata attitudine imprenditoriale e affaristica, necessitano di “ripulitura” e di reimpiego al fine di essere a loro volta fonte di nuovi profitti. A tal fine le organizzazioni mafiose, tramite imprese intranee o, comunque, contigue, hanno occupato ampi settori del comparto pubblico (come quelli del trattamento dei rifiuti o delle opere pubbliche), o comunque interessati dall’erogazione di contributi pubblici (come nel caso della produzione da fonti rinnovabili, dell’agri- coltura e dell’allevamento), alterando le normali dinamiche di mercato. Tali finalità – si legge –  sono perseguite tramite la sistematica infiltrazione degli apparati pubblici, resa possibile anche grazie all’inquinamento delle competizioni elettorali (con la conseguente collusione degli eletti) o alla corruzione di dirigenti, funzionari o anche semplici impiegati, senza che sia più necessario ricorrere ai tradizionali metodi della violenza e dell’intimidazione».

I Comuni sciolti per mafia: il record negativo della Calabria

Dal 1991 al 31 agosto 2022 – ricorda la Commissione parlamentare antimafia –  sono state sciolte per mafia ed affidate ad una gestione commissariale 345 amministrazioni comunali. Salvo rari casi, il fenomeno dello scioglimento degli enti locali è «particolarmente frequente nelle regioni meridionali, interessando in primo luogo la Calabria (34%) e a seguire la Campania (30%), la Sicilia (25%) e la Puglia (7%)». Nel complesso, la Calabria vanta il record negativo del maggior numero di Comuni sciolti nel range temporale considerato, 119 rispetto ai 103 della Campania e agli 86 della Sicilia. «Si segnalano – pòrecisa comunque la relazione – diversi casi di reiterazione di provvedimenti di scioglimento nei confronti dello stesso ente: alcuni Comuni sono stati sciolti sino a tre volte.Anche negli ultimi venti mesi, i provvedimenti di scioglimento sono stati più numerosi nei territori del Sud Italia: in Calabria sono stati sciolti sei Comuni, altrettanti in Puglia, cinque Comuni sono stati sciolti in Campania e quattro in Sicilia». La Commissione antimafia ha quindi analizzato la situazione della trasparenza (limitata ai profili della gestione finanziaria) dei Comuni italiani che nell’anno 2021 sono stati gestiti da una Commissione straordinaria nominata a norma dell’articolo 144 Tuel. Alla data del primo gennaio 2021 i Comuni commissariati erano trentasei (sei erano stati sciolti nel 2018, diciannove nel 2019 e undici nel 2020); ad essi, nel corso dell’anno, si sono aggiunti ulteriori quattordici Vomuni. L’analisi ha perciò riguardato un totale di cinquanta Comuni che coinvolgono una popolazione di circa 880mila residenti (poco meno dell’1,5% della popolazione italiana) Il 36% degli enti esaminati si trova in Calabria (diciotto comuni), sedici si trovano in Sicilia, otto in Puglia, sei in Campania ed uno, rispettivamente, in Basilicata e Valle d’Aosta.

I dati contenuti nella relazione della Commissione parlamentare antimafia

L’analisi degli indicatori di bilancio

Quanto allo “stato di salute” dei comuni sottoposti a una gestione commissariale nel 2021, sotto il profilo della gestione finanziaria è evidenziato che «gli enti sciolti, oltre a presentare situazioni di diffuso disordine amministrativo, che li rendono più facilmente “esposti” a ingerenze esterne e asserviti alle pressioni delle organizzazioni criminali, versano anche in precarie condizioni finanziarie che accrescono i rischi di vulnerabilità rispetto ai tentativi di infiltrazione mafiosa». I Comuni sciolti per mafia spesso versano in condizioni deficitarie, con squilibri strutturali di bilancio che possono condurre al pre-dissesto o al dissesto finanziario, e, tuttavia, dallo studio effettuato – prosegue l’Antimafia – «è emerso come anche nel corso delle gestioni commissariali spesso il ciclo di programmazione dei bilanci non sia rispettato e il piano dei conti integrato non sia prodotto o pubblicato». Dallo studio effettuato dalla Commissione è emerso che ben ventuno Comuni dei cinquanta esaminati versavano in gravi condizioni finanziarie nel 2021: la percentuale riscontrata, pari al 42%, risulta all’evidenza nettamente superiore rispetto alla percentuale media nazionale, che si attesta al di sotto dell’ 8%. Alcuni Comuni tra cui Nocera Terinese (Catanzaro), Amantea (Cosenza), Palizzi (Reggio Calabria), Pizzo (Vibo Valentia), Crucoli (Crotone) si trovavano in condizioni di dissesto finanziario, altri tra cui Guardavalle (Catanzaro) e Careri (Reggio) avevano presentato un piano di riequilibrio finanziario pluriennale. Focus dell’Antimafia su alcun indicatori, come la capacità di riscossione dei Comuni sciolti per mafia, che relativamente alle entrate finali è pari al 67%, risultando inferiore di 4 punti rispetto alla media nazionale (8 punti percentuali in meno per le entrate correnti e 10 in più per quelle in conto capitale). «Particolarmente critica – si legge nella relazione – è la capacità di riscossione della tassa (o tributo a seconda dei casi) sui rifiuti solidi urbani. A Sant’Eufemia di Aspromonte (Reggio) non è stato pagato nulla (l’importo dovuto era pari a 485mila euro), ad Africo (Reggio) lo 0,2% (854 euro su 421mila euro), a San Giorgio Morgeto (Reggio) lo 0,4% (1.378 euro su 349 mila euro), a Careri e Sinopoli (Reggio) appena l’1%. Insufficienti anche gli incassi derivanti da vendite o dalla gestione di beni e, soprattutto, di servizi. A Palizzi i pagamenti sono stati appena 6.626 euro su 424mila previsti (1,6%), ad Africo 15mila euro su 580mila (2,6%), a Careri 16mila su 402mila (4%) e in altri 5 Comuni l’importo degli incassi non raggiunge il 10% di quanto dovuto».

Le conclusioni dell’Antimafia

Le conclusioni della relazione dell’Antimafia all’epoca giudicata dal senatore Nicola Morra: «Forte correlazione esistente tra la diffusione della corruzione, la mancanza di una normativa idonea a prevenirla, anche attraverso un’efficace disciplina della trasparenza, e la realizzazione degli interessi criminali delle organizzazioni mafiose. L’assenza di adeguate forme di controllo sul perseguimento delle finalità istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche ha consentito il dilagare dei fenomeni corruttivi, spesso non collegati ad una immediata remunerazione economica del “soggetto pubblico”. I lavori svolti dalla Commissione hanno reso chiaramente percepibile, infatti, quanto sia diffusa la presenza di sistemi corruttivi che si fondano su dinamiche più ampie e complesse di quelle riferibili al mercimonio della funzione da parte del singolo, essendo piuttosto basate su vaste reti di relazione e articolati meccanismi di favore capaci, grazie ad un ripetitivo meccanismo circolare, particolarmente ampio ed esteso, di investire i livelli più alti degli enti pubblici e di determinarne scelte politiche e amministrative. Ne risulta così alterato il regolare funzionamento, che viene piegato alla realizzazione di interessi individuali o di gruppi di potere». (redazione@corrierecal.it)

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