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Corruzione in Tribunale, Salerno archivia le accuse nei confronti di giudici, avvocati e imprenditori – NOMI

Non ci sono conferma e riscontri alle dichiarazioni accusatorie sulle dazioni di denaro per corrompere i magistrati. Riassunto di un’indagine

Pubblicato il: 13/12/2022 – 22:36
di Alessia Truzzolillo
Corruzione in Tribunale, Salerno archivia le accuse nei confronti di giudici, avvocati e imprenditori – NOMI

SALERNO Il gip di Salerno Valeria Campanile ha accolto la richiesta della Procura guidata da Giuseppe Borrelli di archiviare un procedimento, stralcio della vasta inchiesta “Genesi” incentrata su una serie di ipotesi di corruzione negli uffici giudiziari di Catanzaro.
In particolare, il procedimento che è stato archiviato vedeva indagate 16 persone per varie ipotesi di corruzione in atti giudiziari e coinvolgeva l’ex presidente della Corte d’Assise d’Appello Marco Petrini, l’ex presidente del Tribunale del Riesame Giuseppe Valea, in concorso con avvocati, consulenti e beneficiari delle presunte corruzioni. Nella richiesta di archiviazione – vergata dal procuratore Borrelli e dal sostituto Francesca Fittipaldi – si precisa che nei confronti del giudice Valea è stata esercitata l’azione penale in relazione a una serie di falsi, accertati proprio durante la «poderosa» attività di indagine scaturita con l’inchiesta “Genesi”. Attualmente queste ipotesi di falso contestate al magistrato sono in fase dibattimentale nel processo che si sta discutendo davanti al Tribunale di Salerno.
Per quanto riguarda il giudice Petrini, è stato condannato in primo grado per altri casi di corruzione in atti giudiziari, a 4 anni e 4 mesi di reclusione, e attualmente il procedimento pende in appello.

Nulla di concreto dalla «lunga attività di indagine»

Il procedimento stralciato vedeva inizialmente indagati l’avvocato Gennaro Pierino Mellea, l’imprenditore Raoul Mellea, il commercialista William Brognieri, il giudice Giuseppe Valea, l’imprenditore Francesco Perri, l’avvocato Salvatore Staiano, il commercialista Claudio Antonio Schiavone, il giudice Marco Petrini, il consulente Vittoria Iaquinta, l’imprenditore Salvatore Mazzei, il medico Emilio Santoro, Mauro Cordasco, Salvatore Novelli, Mariaconcetta Novelli, Lucia Garofalo, Francesco Viscomi.
Questa parte di indagine nasce dalle dichiarazioni rese da Antonio Macrina (che ha reso dichiarazioni informali) ed Emilio Santoro (che collabora con la Procura di Salerno). Tali dichiarazioni non hanno trovato conferma e riscontri – scrive la Dda di Salerno – nella «lunga ed approfondita attività di indagine».
In sostanza si indagava sul fatto che l’avvocato Gennaro Pierino Mellea avrebbe riferito a Macrina di avere pattuito la somma di 200mila euro da consegnare a Valea che si sarebbe dovuto esprimere su un provvedimento che coinvolgeva il fratello Raoul Mellea. In un’altra circostanza il giudice Valea avrebbe ricevuto 500mila euro dall’avvocato Salvatore Staiano per emettere una sentenza favorevole nei confronti dell’imprenditore lametino Francesco Perri. La cessione di denaro sarebbe avvenuta, stando ai racconti, nei pressi di un hotel di Lamezia Terme. Macrina ha affermato di aver saputo che 2/3 giorni dopo l’incontro con il commercialista Brognieri, il giudice Valea aveva revocato la misura nei confronti di Raoul Mellea.
Emilio Santoro, dal canto suo, «riferiva in generale dei rapporti tra i giudici Valea e Petrini ed il commercialista Schiavone, richiamando in particolare le procedure Perri e Mazzei».

Lo «schema» narrato da Santoro

Santoro – anch’egli tratto in arresto, come Petrini, nell’operazione Genesi, condannato in primo grado, il primo a collaborare con Salerno – ha affermato che vi era uno schema secondo il quale il commercialista Schiavone veniva nominato consulente tecnico da parte di un determinato indagato o proposto per una misura di prevenzione, il soggetto in questione veniva difeso da Staiano «e veniva giudicato favorevolmente da Valea in considerazione dei rapporti che il magistrato aveva con il difensore». A beneficiare di questo schema sarebbe stato l’imprenditore Perri, in merito ad alcuni sequestri che aveva subìto.
Santoro ha raccontato anche dei rapporti tra Claudio Schiavone e il giudice Petrini. Schiavone avrebbe prospettato a Santoro la possibilità di guadagnare dei soldi con la procedura che riguardava il sequestro dei beni dell’imprenditore Salvatore Mazzei. Santoro specifica di essersi rifiutato di aiutare Schiavone e di avere appreso 4/5 mesi dopo che Petrini aveva nominato come perito contabile Vittoria Iaquinta, moglie di Schiavone.

Le dichiarazioni di Mellea

La Dda di Salerno afferma che le sole dichiarazioni di Macrina non hanno trovato riscontri e, sotto il profilo della ricezione del denaro da parte di Valea, questa è stata smentita dagli accertamenti patrimoniali, operati anche con la consulenza tecnica della Banca d’Italia. Inoltre è emerso, come da documentazione presentata da Pierino Mellea, che gli esiti dei procedimenti non sono stati a lui favorevoli. Inoltre Mella ha affermato di avere presentato diverse denunce nei confronti di Macrina che ha lavorato per conto della Navylos di suo fratello Raoul per la costruzione dei pontili a Catanzaro Lido.
Mellea afferma, inoltre, di non avere mai conosciuto il giudice Valea.
Per quanto riguarda la vicenda dell’imprenditore Francesco Perri, la Dda scrive che Macrina e Santoro «rappresentano la vicenda in termini del tutto differenti». Così come sulla storia di Mazzei «le dichiarazioni di Santoro appaiono sfornite di riscontri».
Le dichiarazioni non avrebbero trovato riscontro nemmeno nella «poderosa piattaforma intercettiva» e nella «corposa attività di indagine svolta».

La causa dei Novelli

Il 16 giugno 2020 Santoro afferma di avere perorato davanti al giudice Petrini la causa di Salvatore Novelli al quale era stato sequestrato un immobile e un terreno. In cambio di questa imbasciata avrebbe ricevuto la promessa 5000 euro. La Dda di Salerno scrive che ante tali dichiarazioni sono rimaste prive di riscontro e lo stesso giudice Petrini ha dichiarato che per il procedimento Novelli c’è stato il rigetto dell’appello del prevenuto e che per tale procedimento «non ho ricevuto alcun compenso corruttivo».

Petrini e Staiano

Riguardo a episodi corruttivi che lo vedevano coinvolto con l’avvocato Staiano, Petrini ha raccontato ai magistrati della Dda di Salerno di avere ricevuto la somma di 5000 euro in contanti nei locali della Corte d’Appello di Catanzaro. Si trattava della revoca di una misura di prevenzione. Staiano, dice Petrini, «mi promise una ricompensa in caso di revoca della misura di prevenzione». «Se la cosa va bene poi ci vediamo per un caffè», sarebbe stata la frase sibillina. «Ho poi ricevuto – aggiunge Petrini – in un’altra o due occasioni risalenti nel tempo somme di denaro a titolo corruttivo dall’avvocato Staiano, sempre in relazione a procedure di prevenzione».
Secondo il racconti di Petrini, il giudice avrebbe accettato da Staiano promesse e dazioni corruttive in tre occasioni.
Tuttavia – è la conclusione della Dda di Salerno – «l’assenza di qualunque riscontro esterno ed individualizzante in merito alla condotta attribuita allo Staiano… non consente di validamente sostenere l’accusa in giudizio a carico del predetto legale».Tra l’altro lo stesso esito delle procedure trattate e oggetto della presunta corruzione si sono risolte, in alcuni casi, solo in modo parzialmente favorevole agli interessati. (a.truzzolillo@corrierecal.it)

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