VIBO VALENTIA In accoglimento delle richieste dei difensori, avvocati Giuseppe Alvaro e Giovanni Montalto, entrambi del Foro di Palmi, il tribunale collegiale di Vibo Valentia ha assolto, perché il fatto non sussiste, Salvatore Zungri, 28 anni, residente a Laureana di Borrello, dall’accusa di duplice tentato omicidio ai danni dei fratelli Giuseppe Antonio e Davide Piccolo, residenti in Nicotera Marina, aggravato dalla premeditazione, dal metodo mafioso e dall’agevolazione della cosca mafiosa denominata clan Mancuso. La pubblica accusa aveva richiesto la condanna alla pena complessiva di 18 anni di reclusione per l’imputato, al quale venivano contestati anche i reati di detenzione e porto di armi da sparo, e ricettazione di un’autovettura.
La vicenda processuale ha tratto origine da un fatto di sangue verificatosi il 24 novembre 2013 a Nicotera Marina, quando, a seguito di segnalazione telefonica, i carabinieri, giunti in contrada Bragò, avevano notato un giovane riverso a terra, con copiose perdite ematiche derivanti da colpi di arma da fuoco. A breve distanza dal corpo del ragazzo, successivamente identificato nella persona di Salvatore Zungri, i militari avevamo accertato la presenza di un’autovettura Fiat Uno con le portiere aperte, risultata provento di un furto perpetrato qualche giorno prima, e riscontravano la presenza di due bossoli calibro 7.65 nonché di diverse tracce biologiche di tipo ematico.
Il giovane, immediatamente ricoverato presso il nosocomio di Catanzaro, ha subito, a causa delle lesioni riportate, l’amputazione di uno degli arti inferiori, riuscendo tuttavia a salvarsi la vita. Dalle successive attività di indagine, coordinate dalla Procura distrettuale di Catanzaro, era emerso, ad avviso degli inquirenti, che Salvatore Zungri, anziché essere vittima di un tentato omicidio, era stato l’autore, in concorso con altri soggetti non identificati, di un duplice tentato omicidio ai danni dei fratelli Piccolo, per ragioni legate al traffico di stupefacenti e a un regolamento di conti interno alla criminalità organizzata di stampo ‘ndranghetistico.
L’agguato ai Piccolo non sarebbe andato a buon fine dal momento che, secondo le ricostruzioni investigative, almeno uno di loro, non compiutamente identificato, aveva risposto efficacemente e tempestivamente all’azione di fuoco, esplodendo a sua volta all’indirizzo degli aggressori più colpi d’arma da fuoco, che attingevano l’autovettura e il corpo dello Zungri, mettendo in fuga gli ignoti complici del giovane di Laureana di Borrello. Al termine della complessa istruttoria dibattimentale, consistita nella escussione di tre collaboratori di giustizia (Mancuso, Furuli e Albanese) e di numerosi testimoni e periti, gli avvocati Giovanni Montalto e Giuseppe Alvaro hanno sostenuto nei loro articolati interventi conclusivi che le dichiarazioni dei tre collaboratori, utilizzate dal Pubblico Ministero in senso accusatorio, erano intrinsecamente inattendibili in quanto tra di loro contrastanti sia in relazione al movente sia quanto alla dinamica dei fatti. I difensori hanno, inoltre, evidenziato l’insussistenza dei requisiti per la punibilità del tentativo di delitto, non essendovi prove certe in merito alla esatta ricostruzione degli eventi, alla direzione dei colpi di arma da fuoco esplosi e alla presenza fisica degli stessi fratelli Piccolo. Il Tribunale vibonese, condividendo le tesi difensive, ha assolto l’imputato dal delitto di tentato omicidio aggravato, perché il fatto non sussiste, e, previa esclusione dell’aggravante mafiosa, ha dichiarato l’estinzione per intervenuta prescrizione dei reati di detenzione e porto di armi comuni da sparo, condannando il giovane di Laureana di Borrello alla pena di due anni di reclusione per il solo reato di ricettazione dell’autovettura risultata provento di furto.
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