REGGIO CALABRIA Appalti e commesse sotto il controllo dalla ‘Ndrangheta. Tre imprenditori e un pubblico ufficiale sono finiti ai domiciliari nell’ambito dell’operazione “Revolvo” condotta dalla Guardia di finanza in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip su richiesta del procuratore di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri. Nell’inchiesta, coordinata dal procuratore Bombardieri, dall’aggiunto Giuseppe Lombardo e dal sostituto della Dda Sara Amerio, sono indagate altre 10 persone tra cui funzionari del Comune di Reggio Calabria. Contestualmente, è in corso l’esecuzione del sequestro preventivo di 11 imprese attive nel settore edile, per un valore stimato in oltre 10 milioni di euro.
Le indagini riguardano il gruppo imprenditoriale Gironda e hanno portato agli arresti domiciliari i tre fratelli Francesco, Giovanni e Filippo Gironda, rispettivamente di 74, 72 e 63 anni. L’accusa è associazione mafiosa ma l’ordinanza di custodia cautelare, firmata dal gip Angela Mennella, è stata emessa per il reato di concorso esterno con la ‘ndrangheta. In particolare i tre sarebbero stati a capo di una struttura che, stando ai magistrati «si porrebbe in diretto rapporto con diverse famiglie mafiose del territorio reggino, assicurandosi l’esecuzione di moltissime attività di edilizia pubblica, poi ridistribuite all’interno del gruppo e a ditte “di fiducia” attraverso lo strumento del subappalto». In particolare, i Gironda avrebbero avuto rapporti con la cosca Serraino-Rosmini. L’inchiesta, infatti, è il seguito di “Araba Fenice” e poggia le sue basi sulle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Giuseppe Stefano Tito Liuzzo. Le aziende degli imprenditori arrestati, secondo gli inquirenti, rappresentavano a «tutti gli effetti il mezzo attraverso li quale porre in essere le condotte delittuose che hanno riguardato plurimi appalti pubblici indetti dal Comune di Reggio Calabria».
Nel blitz delle fiamme gialle di Reggio Calabria è finito ai domiciliari anche l’appuntato scelto dei carabinieri Antonio Mazzone, di 43 anni originario di Napoli, accusato di concorso esterno con la ‘Ndrangheta. Secondo la Dda, Mazzone era al servizio della cosca. In particolare, si sarebbe messo a disposizione di Serena Assumma, l’ex moglie del pentito Liuzzo (anche lei indagata), fornendole veicoli e apparecchiature tecniche nella sua disponibilità al fine di garantirle «libertà di movimento e la bonifica del territorio da possibili microspie». Il militare, inoltre, avrebbe informato la donna, ritenuta esponente di spicco della ‘Ndrangheta, su attività di indagine nei suoi confronti. Infine, l’appuntato Mazzone avrebbe consentito a Serena Assumma, di disattendere i domiciliari a cui era sottoposta, omettendo di denunciare la sistematica violazione delle prescrizioni.
Ci sono anche sette funzionari pubblici dipendenti del Comune di Reggio Calabria tra i 14 indagati nell’inchiesta. Di questi, sei sono accusati di concorso esterno con la ‘ndrangheta: Si tratta di Arturo Arcano di 59 anni (funzionario dell’ufficio Programmazione), Vincenzo Cuzzola di 69 anni (responsabile dell’ufficio Reti e Sottoservizi), Giuseppe Mafrici di 68 anni (dipendente dell’ufficio Arredo urbano e Verde pubblico), Giuseppe Marino di 68 anni (responsabile unico del procedimento di appalto relativo alla struttura sportiva del quartiere San Giovannello), il direttore dei lavori Alfredo Maria Mesiano di 49 anni, e Domenico Alessandro Macrì di 57 anni (responsabile unico del procedimento relativo al progetto integrato del Centro Agroalimentare di Mortara). Indagato per corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio il responsabile del Settore Progettazione de esecuzione Lavori pubblici del Comune Giancarlo Cutrupi, di 57 anni. Oltre ai fratelli Francesco, Giovanni e Filippo Gironda e all’appuntato scelto Antonio Mazzone, finiti ai domiciliari, nell’indagine sono indagati anche l’ex moglie del collaboratore di giustizia Giuseppe Stefano Tito Liuzzo, Serena Assumma, di 38 anni ritenuta esponente di spicco della cosca Serraino-Rosmini, l’indiano Surinder Sing, detto “Giovanni” di 42 anni e Francesco Viglianisi di 55 anni.
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