Pavia città di provincia per antonomasia. Una prestigiosa università antica della Lombardia. Nel nostro viaggio alla ricerca delle ‘ndrine nei piccoli centri l’ateneo pavese ha una sua rilevanza. Catalizzatore di emigrazione intellettuale di calabresi in cerca di istruzione specializzata ha visto buoni e cattivi della storia passare da questa università.
Viene qui a studiare Medicina negli anni Sessanta Elio Veltri, originario di Fiumefreddo Bruzio. Si tempra nella politica di sinistra del Psi lombardiano, laureato medico, professore universitario, sarà uno dei migliori sindaci della città negli anni Settanta. E’ il primo cittadino d’Italia che chiude il centro storico alle automobili. Craxi lo emargina. Giacomo Mancini lo sostiene. Lui combatte in ogni trincea possibile avvicinandosi a Di Pietro e Occhetto, fonda organizzazioni legalitarie, scrive ancora libri. Un punto di riferimento dell’antimafia autentica mai tenero con la malapianta della sua regione d’origine. E ancora non demorde.
Va a studiare Medicina a Pavia un altro calabrese, di Reggio Calabria, questa volta invece tristemente noto alle cronache. Si chiama Carlo Antonio Chiriaco. Direttore sanitario dell’Asl, uomo chiave dell’indagine “Infinito”. Negli anni Ottanta era stato segretario cittadino della Dc. Figura di snodo degli affari sporchi con politici di zona e che mette la sanità pubblica a disposizione dei clan. Si legge in uno studio retrospettivo della Fondazione Feltrinelli «l’esempio storico più eclatante di infiltrazione della’ndrangheta nel settore sanitario verificatosi in Lombardia, in generale, in tutto il Nord Italia».
Era emigrato a Pavia per studiare anche il suo migliore amico.
Giuseppe “Pino” Neri, originario di Giffone, alla fine degli anni Settanta si iscrive a Giurisprudenza. Si laurea con una tesi sulla ‘ndrangheta che oggi nessuno riesce più a trovare. Studente lavoratore presta la sua attività all’Intendenza di Finanza. Dopo la laurea apre uno studio di consulenza fiscale a Vigevano. Guarda alla politica e si fa eleggere consigliere comunale nella sua Giffone nel Pci di Valarioti e Pio La Torre. A metà degli anni Novanta, l’indagine “Notte dei Fiori” di San Vito in Lombardia lo scopre sodale della famiglia Papalia. L’associazione mafiosa cadrà ma gli resta sul groppone una condanna per traffico di droga a nove anni in parte scontata ai domiciliari per gravi condizioni di salute. Tornerà ad essere protagonista nell’inchiesta Infinito. Chiriaco è a sua disposizione. Il democristiano e il comunista, il medico e l’avvocato consulente (nella foto sopra, tratta da La Provincia pavese). Una passione comune per la ‘ndrangheta mai sopita per tutti e due.
Pino Neri è entrato anche lui nella storia della malavita. È colui che introduce con eloquio politico misurato il celebre summit di Paderno Dugnano, organizzato al circolo Arci “Falcone e Borsellino”. In quell’occasione, a pochi mesi dall’uccisione di Carmelo Novella, boss secessionista morto a San Vittore Olona, Pino Neri sotto il quadro dei giudici eroi prende le redini del controllo sulla Lombardia riconfermando la stretta osservanza della ‘ndrangheta padana alla “mamma” calabra. Tutto ripreso dalle telecamere degli investigatori. Un momento chiave della sindacation criminale calabra che riprende pieno possesso dei suoi feudi lombardi. Ed è sempre Pino Neri che, data la linea, propone come mastro generale Pasquale Zappia di Platì. Si vota per alzata di mano, anche chi è poco convinto capisce che la via scissionista non ha molta agibilità sugli affari della ricca Lombardia.
A Pavia, invece, insegna Storie delle mafie italiane dal 2013 all’università, presso il prestigioso collegio di merito Santa Caterina, il professor Enzo Ciconte, originario di Soriano, autorevole ricercatore di lungo corso, serio e documentato, cui si deve nella sua lunga bibliografia il magnifico “’Ndrangheta padana” del 2010 dove ci sono i fatti, i contesti, gli uomini del Nord e del Sud che hanno trasformato il fenomeno criminale in mafia dai colletti bianchi che corrompe e sempre si riadatta al nuovo come una sorta di Araba fenice. E i fatti di Pavia, storia esemplare del Nord di ’ndrangheta, in quel libro sono magnificamente classificati e raccontati. Quasi che tutto torni tra tesi e antitesi di una storia che troppo spesso dimentichiamo.
Era l’ottobre del 2014 quando L’Espresso titolava a tutta pagina “Il caso Pavia: “ndrangheta, malaffari e minacce ai giornalisti. Nell’indifferenza della città”. Un blogger locale all’inviato virgolettava: «Pavia è una città omertosa. Con quello che è saltato fuori dovrebbe succedere il finimondo, invece c’è un silenzio tombale, sia dalla parte delle istituzioni che della società civile».
Dopo 4 anni si cercava di dimenticare che Chiriaco nelle intercettazioni affermava di essere il capo della ‘ndrangheta non sapendo di essere intercettato. Elio Veltri non demordeva mai invece e negli incontri pubblici continuava a tuonare: «Leggendo le intercettazioni il quadro è drammatico, inquietante. Il direttore sanitario dell’Asl Carlo Chiriaco parla al telefono e spiega di poter disporre di assessori comunali e dirigenti dell’azienda municipalizzata. È verificabile una commistione tra mafia e politica che è raro riscontrare in altre parti d’Italia. Tutta mafia pulita, certo. Che non spara, ma che si occupa delle nostre vite, di Asl, ospedali, urbanistica, liste d’attesa».
Si smistavano soldi per far eleggere persone in Regione, per puntare ad Expo. Cambi di casacca, appalti, grandi affari.
La linea di difesa di Pino Neri, oggi condannato in maniera definitiva come il suo amico Chiriaco, era quella della massoneria dei poveri. Da belli e giovani le loro foto in rete sono quelle di due sconfitti, ma non abbassarono la testa. Pino Neri anzi aveva provato a mandare messaggi scrivendo in una lettera al giornale locale dopo i primi 160 giorni di carcere ad Opera: «Forse un giorno, con maggiore serenità, affronterò nel dettaglio ogni questione di cui il giornale da lei diretto si è occupato per fare, finalmente, chiarezza su tutto. Se un giorno troverò la necessaria serenità potrò sicuramente offrire un contributo valido per capire dove effettivamente si annida il centro del malaffare pavese».
C’era la moglie dell’ex assessore provinciale di Pavia arrestata e che Chiriaco cercava di far uscire con un certificato che attestava la depressione incompatibile con la detenzione, c’era l’informativa dei carabinieri sulla presenza dei Barbaro a Pavia, c’era la società Nuova Costarica dei Papalia.
Chiriaco che aveva iniziato come ispettore sanitario al Policlinico e controllava eccellenze con la Fondazione Mondino e la clinica Maugeri. La clinica dove i carabinieri arrestano Francesco Pelle al secolo “Ciccio Pakistan”, il mandante della strage di Duisburg. Latitante su una sedia a rotelle, era ricoverato nella clinica con l’identità rubata ad un paraplegico di Vibo Valentia e trascorreva le giornate attaccato al suo computer personale. Quando vede i carabinieri in camice bianco con le pistole teme un agguato dei rivali. Saranno solo manette. Ricoveri eccellenti in quella clinica. Pazienti come Pasquale Barbaro o il casalese Giuseppe Setola.
Eppure nessuno si era preoccupato della brillante carriera del direttore sanitario Chiriaco, un budget di 780 milioni di euro per oltre 500mila cittadini e nessuno si era mai accorto che il grande manager era una persona condannata il 26 aprile 2007 per esercizio abusivo di professione sanitaria in relazione alla gestione del suo studio professionale odontoiatrico. O che nel 1995, in concorso con l’esponente di ’ndrangheta Fortunato Valle, si era visto infliggere 2 anni e 2 mesi per una estorsione del 1991 quand’era già direttore di presidio presso il Policlinico S. Matteo di Pavia: condanna poi due volte rimbalzata tra conferme e annullamenti in Cassazione, fino a essere cancellata dalla prescrizione nel terzo processo d’Appello il 4 maggio 2007. A Locri forse, chissà, sarebbe andata diversamente. Tutta l’Italia è uno strano paese. Pino Neri nel corso dei processi in aula per difendersi ha anche detto di essere cugino di magistrati e parente acquisito di Natale De Grazia, l’ufficiale di Marina che indagava sui rifiuti tossici e morti in circostanze mai del tutto chiarite. Elio Veltri continua a scrivere libri di mafia sostenendo che la pandemia arricchisce la ‘ndrangheta. A settembre hanno scoperto società cartiere intestate a prestanome degli Arena. A Pavia provincia d’Italia. (redazione@corrierecal.it)
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