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De Micheli e il futuro del Pd: «Voglio un partito nel quale decidono i militanti»

A “L’altra politica” la candidata alla segreteria del Nazareno spiega i motivi della sua discesa in campo. E da ex ministro rivendica gli investimenti infrastrutturali per la Calabria

Pubblicato il: 15/12/2022 – 7:46
De Micheli e il futuro del Pd: «Voglio un partito nel quale decidono i militanti»

LAMEZIA TERME «Io sono innamorata del sostantivo partito, ma sono molto innamorata anche dell’aggettivo democratico, perché si rivolge al dono più prezioso che ci ha lasciato la Resistenza e che dovrebbe qualificare ogni nostra scelta». Ospite de “L’altra politica”, il settimanale di approfondimento andato in onda ieri sera sul canale 75 de “L’altro Corriere tv”, l’ex ministro delle Infrastrutture Paola De Micheli, oggi parlamentare, parla della sua candidatura alla segreteria del Pd spiegando la sua visione di partito, una visione che illustrerà ai calabresi il 9 gennaio, quando scenderà nella nostra regione per un confronto che parte dal suo ultimo libro “Concretamente-Prima le persone”. Sollecitata dalle domande di Ugo Floro, la De Micheli si sofferma anche sul tema delle infrastrutture, rivendicando la paternità degli investimenti sulla Statale 106, sull’Alta velocità ferroviaria e sul porto di Gioia Tauro.

La visione del futuro Pd

Il primo passaggio riguarda la fase congressuale del Pd. «Sono Bonaccini e la Schlein – esordisce la De Micheli – che mi hanno sfidato, perché sono stata io la prima a candidarmi. In tempi non sospetti, non solo per il libro, sono in giro per l’Italia, un giro che tra l’altro mi vedrà in Calabria  il 9 gennaio: in questo giro ho ascoltato con grande attenzione quello che i militanti e gli iscritti volevano dire in questa fase molto faticosa per la sinistra italiana dopo la sconfitta del 25 settembre, ed è uscito questo libro che affronta concretamente la visione del futuro del Pd e del Paese. È un libro in cui c’è tanto Sud, nonostante questa concentrazione di emiliano romagnoli parlo tanto di sud perché di tanto Sud mi sono tanto occupata nei miei ruolo istituzionali».  Quanto al futuro dei democrat e al tema delle alleanze, per la De Micheli «dobbiamo continuare a essere un partito, non  dobbiamo diventare un comitato elettorale che vive solo nel sei mesi precedenti le elezioni, dobbiamo essere un partito aperto alle persone e un partito attraverso cui i nostri iscritti possono avere strumenti per essere vicini ai bisogni delle persone. Per questo prima di tutto va radicalmente modificata l’organizzazione: io propongo una organizzazione che vede la militanza che decide, perché in questi anni i militanti non hanno mai deciso niente, non hanno deciso le riforme, le candidature, la linea politica. Per questo propongo strumenti come le primarie ponderate nel quali gli elettori hanno un voto doppio e che avvicinino i militanti ai vertici. Il mio partito – spiega la candidata alla segreteria del Nazareno –  è un partito che investe sul lavoro, un partito laborioso ma che sia così concretamente e non con le parole d’ordine. Io dico: cambiamo subito me riscriviamo subito lo Statuto  perché non è più adeguato ai cambiamenti nel mondo del lavoro. Penso che se arriviamo a un partito che si caratterizza per la forza della prossimità, che torna a esser concretamente popolare e vicino al mondo del lavoro il tema delle alleanze sarà una conseguenza naturale e penso che fermeremo anche l’emorragia di elettori verso il M55 o verso il disimpegno».

Il tema delle primarie

La De Micheli sostiene poi che «le primarie sono un punto cardine per me ma in modo diverso rispetto al passato. Dobbiamo ripristinare le primarie dando un ruolo più significativi di decisione agli iscritti, continuando a chiedere agli elettori di venire a votare. Non avere utilizzato lo strumento della decisione allargata a coloro che poi si presentano a votarci ha dato l’impressione – in realtà non era proprio l’impressione, era proprio così – che il Pd fosse immodificabile, che i luoghi della decisione del Pd non fossero quelli dove ci sono le persone che gratuitamente militano nel partito per tutto l’anno e non solo nelle campagne elettorali, si è data l’idea di un partito che non voleva più perseguire la partecipazione che è invece lo spirito originario vero del Pd. Io – rileva l’ex ministro e oggi candidata alla segretaria nazionale del Pd –  sono innamorata del sostantivo partito, ma sono molto innamorata anche dell’aggettivo democratico, perché si rivolge al dono più prezioso che ci ha lasciato la Resistenza e che dovrebbe qualificare ogni nostra scelta. Se fuori da noi chi ci guarda vede che non c’è più la possibilità di contendere i ruoli politici né di decidere se è meglio una riforma o un’altra ma che l’unica cosa che si può fare è una piccola discussione, questo allontana dalla partecipazione attiva e allontana ‘idea che noi siamo davvero un partito aperto».

L’ex ministro Paola De Micheli, candidata alla segreteria del Pd

Il “nodo” delle correnti

È chiara poi la De Micheli quando il discorso tocca il tasto “sensibile” (e dolente) del correntismo (esasperato) nel Pd: «In Calabria presenterò il libro con incontri che saranno organizzati da segretari di federazione, dalla mia amica Enza Bruno Bossio, da un’altra mia amica, Teresa Esposito. Sarà un passaggio nel quale spiegherò che l’ipocrisia e il gattopardesco attorno al tema delle correnti non mi appartengono. Se – come spero e voglio fare – riporterò il Pd al 25-30% di fare avrò la consapevolezza che un partito così grande avrà aree di pensiero diverse: se siamo realisti sappiamo che un grande partito ha aree di pensiero importanti. Queste aree speso sono state spesso esclusivamente finalizzate alla gestione degli incarichi e non hanno restituito al partito con generosità un’attività di attivismo politico e culturale sui territori come invece facevano le aree dei grandi partiti del ‘900. Io allora proporrò una regolamentazione delle attività di chi vuole organizzarsi in correnti. Io che non sono sostenuta da nessuna corrente ma da persone libere e autonome nel Sud colme nel Nord senza ipocrisie riconoscerò realisticamente il futuro di un grande partito popolare di sinistra ma chiederò a chi vuole valorizzare una diversità dentro la comune identità di dare qualcosa al partito e non solo di chiedere».

Il capitolo infrastrutture

Un tuffo nel suo ultimo ruolo istituzionale con riferimento alla Calabria. «Il precedente governo – sostiene la De Micheli – aveva già previsto di stanziare tre miliardi in tempi più brevi, 10 anni, rispetto ai 15 anni previsti dall’attuale governo. La Statale 106 ha bisogno di un perfezionamento progettuale per essere realmente completata. Io da ministra  ho inaugurato il terzo megalotto, e l’altra cosa di cui vado orgogliosa è di avere scardinato l’idea che l’Alta velocità andasse fatta solo nelle arre a mercato del paese ho imposto la logica delle infrastrutture come strumento di lotta alle diseguaglianze. E per questo ho dato il il via al finanziamento del primo lotto dell’Alta Velocità, che sarà al centro del dibattito pubblico e quindi si posano rispettare i tempi previsti dal Pnrr. Una grande lezione che ho imparato soprattutto dal Sud nell’esperienza ministeriale nella quale ci siamo molto occupati del Sud è che le infrastrutture come le riforme devono avere un processo partecipativo per essere realizzato in modo efficace e veloce perché si cambia la vita delle persone, come può essere l’Alta velocità che significa cambiare il destino di chi vive in Calabria e il dibattito pubblico sarà un momento importantissimo. Poi – aggiunge l’ex ministro – c’è il grande investimento che abbiamo fatto sul porto di Gioia Tauro, che è un luogo di ricchezza meraviglioso: io spero che questo governo r gli altri successivi siano consapevoli del luogo strategico che ha il porto di Gioia Tauro nel Mediterraneo. Il porto, con l’infrastrutturazione alle spalle  – che noi abbiamo sbloccato – è una grande occasione grazie a scelte che ho condiviso con il mio partito e con il partito calabrese e grazie alla spinta del territorio. Mi auguro che si vada dritti avanti e veloci come abbiamo fatto noi».

Il capitolo reddito di cittadinanza

Infine, la De Micheli si sofferma su un tema di grande attualità, quello del reddito di cittadinanza. «Siamo stati i primi con il premier Gentiloni a introdurre una misura contro povertà, il reddito di inclusione, purtroppo non era finanziato con le risorse che poi abbiamo visto sono state utilizzate dal governo gialloverde per il reddito di cittadinanza. Il reddito di inclusione si differenziava dal reddito di cittadinanza perché era uno strumento la cui certificazione avveniva da parte dei Comuni. Se il governo di destra azzera il reddito di cittadina zanne alcuna idea di avere uno strumento di lotta alla povertà – come sembra – vuole dire che vive su Marte perché in Italia la povertà e le diseguaglianza stanno diventando ereditarie. Io vengo da una esperienza di omertà, ma insieme ai miei fratelli e mia madre ce l’abbiamo fatta perché vivevamo in una parte del paese dove, grazie a una serie di opportunità di studio o lavoro, c’era la possibilità di uscire dalla condizione di partenza della povertà. Oggi questo non è più possibile. Questo – osserva la candidata alla segreteria nazionale del Pd – si annida soprattutto nel Sud ma anche nelle periferie delle metropoli del Nord e nelle periferie interne. Credo che la riforma del reddito di cittadinanza sia utile e necessaria per rendere lo strumento efficace come integrazione del reddito ma è evidente che non possiamo tenere insieme le politiche attive del lavoro con un sussidio non duraturo. Ho un’idea molto chiara di come riformarlo. l’aspetto fondamentale è mettere insieme domanda e offerta a prescindere dallo strumento di lotta alla povertà e riavvicinare l’erogazione del reddito alle persone che ne hanno bisogno dando ai Comuni gli strumenti finanziari in modo che i Comuni, che sono quelli che conoscono le situazioni, posano costruire percorsi per uscire dalle difficoltà». (redazione@corrierecal.it)

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