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l’inchiesta blu notte

‘Ndrangheta a Rosarno, lo scontro interno ai Palaia e gli spari al cancello dell’assessore. «Tuo fratello è nu cosu fetusu»

Vendetta incrociata in famiglia dopo la confisca della fabbrica di canditi. L’intervento di Benito Francesco e il livore con i “Calimeri”. «Pensava che con la laurea poteva fare il capofamiglia»

Pubblicato il: 15/12/2022 – 19:19
di Giorgio Curcio
‘Ndrangheta a Rosarno, lo scontro interno ai Palaia e gli spari al cancello dell’assessore. «Tuo fratello è nu cosu fetusu»

REGGIO CALABRIA C’è una vicenda ricostruita dagli inquirenti e finita nelle carte dell’inchiesta “Blu notte”, coordinata dalla Dda di Reggio Calabria, molto utile agli inquirenti per ricostruire i rapporti spesso molto complicati e le dinamiche all’interno della famiglia Palaia, divisa in frange e gradi di parentela. Tutto si lega ad un episodio subìto da Giuseppe Palaia, assessore all’epoca del Comune di Rosarno, e cioè alcuni spari contro il cancello di ingresso di un fondo agricolo di sua proprietà, in contrada Badia a Rosarno. Punto di partenza per i Carabinieri del Gruppo di Gioia Tauro per ricostruire i difficili rapporti dei vari rami della famiglia Palaia.  

Gli scontri e le divisioni nella famiglia Palaia

In una informativa, infatti, i militari raccontano come in diverse fasi dell’inchiesta “Blu notte” fossero emersi i rapporti che Benito Francesco Palaia, nell’ambito di relazioni caratterizzate spesso da invidie, maldicenze e screzi, manteneva con i parenti del ceppo familiare originario, in larga parte legati all’attività lavorativa nel fiorente settore della trasformazione degli agrumi. Francesco Benito continua a mantenere anche rapporti con i cugini meglio noti come quelli del ramo de “I Calimeri” (per via della loro carnagione olivastra ndr) e cioè l’assessore del Comune di Rosarno, Giuseppe Palaia, Gaetano Palaia (cl. ’80) noto come “Tano di zia Nunziatina” e Rocco Palaia (cl. ’67) che, seguendo la tradizionale attività di famiglia, si occupavano dell’azienda agrumicola “Palfruit” con sede sulla strada provinciale SP52, in contrada Carmine di Rosarno.

Gli spari contro il cancello dell’assessore

Ed è in questo ginepraio dei difficili rapporti tra i numerosi cugini Palaia che si inserisce l’episodio subìto dall’assessore. Il 6 ottobre 2019 l’assessore Palaia si presenta dai Carabinieri di Rosarno per presentare una denuncia. Ai militari che lo ascoltano Palaia racconta di aver constato che il 4 ottobre il cancello di ingresso di un fondo agricolo di sua proprietà, situato in contrada Badia di Rosarno, era stato attinto da cinque colpi d’arma da fuoco esplosi con un fucile da caccia. Su questo episodio i carabinieri di Rosarno riferiscono, poi, di aver appreso che la responsabilità penale andava ricondotta ai suoi cugini Gaetano Palaia (cl.’74) alias “Tano i Nunziatina” e Benito Palaia, fratello di Francesco Benito, senza però raccogliere elementi sufficienti per confermarlo.

La confisca della fabbrica di canditi

Sempre secondo i militari di Rosarno l’episodio andava ricollegato alla confisca dello stabilimento dell’ex fabbrica di canditi “Filda Sas” di contrada Serricella di Rosarno, ed intestata a Giovanni Palaia (cl. ’82) e Gaetano Palaia (cl. ’46), rispettivamente fratello e padre di Benito e Francesco Benito ovvero la fabbrica di canditi della famiglia d’origine di Francesco Benito Palaia. Dopo la confisca, infatti, il Comune di Rosarno stava quantificando l’ammontare delle spese di bonifica sulla base del pregresso sequestro da parte dei carabinieri del NOE di Reggio Calabria ed aveva reimpiegato l’area destinandola allo stoccaggio di materiali di risulta provenienti dal rifacimento del manto stradale delle vie comunali. Per questi motivi i cugini dell’assessore, secondo gli inquirenti, «nutrivano un forte risentimento nei suoi confronti» per non aver curato i loro interessi o meglio, quelli della famiglia Palaia nel suo complesso. E, in quel contesto, il dissenso si manifesta sono in un modo: impugnando le armi. E, secondo gli inquirenti, non è un caso che l’assessore Palaia, lo stesso 4 ottobre, e quindi prima di andare dai Carabinieri, va a trovare il cugino Benito Francesco per riferirgli quanto accaduto anche se il colloquio, per ragioni di opportunità, avveniva esclusivamente attraverso il citofono di casa Palaia-Bellocco.

«Tuo fratello è nu cosu fetusu»

L’episodio, ovviamente, diventa oggetto di discussione all’interno dell’intera famiglia. L’8 ottobre 2019 Francesco Benito Palaia telefona alla sorella Angela (cl. ’87) ed entrambi, nel corso della conversazione, ritenevano che gli autori dell’atto intimidatorio ai danni del cugino assessore, indicato con il titolo di “avvocato” fossero proprio il fratello Benito Palaia detto “il bifolco” e il cugino Gaetano Palaia. In particolare, come riportato nell’ordinanza firmata dal gip, Angela Palaia racconta che il padre Gaetano (cl. ’46) si era particolarmente adirato per quanto accaduto con il figlio Benito. «(…) io veramente nemmeno lo sapevo, questa mattina l’ho saputo, poi gli ho chiesto a papà veramente perché l’ho sentito gridare, è da due giorni che lo sentivo gridare e poi questa mattina io già lo sapevo però poi stamattina sono andata per domandare e mi ha detto qualche cosa» racconta Angela al fratello. «(…) è “nu cosu fetusu” tuo fratello, non c’è niente da fare». E il fratello pare concordare e risponde: «Quello non è “nu cosu fetusu”, quello è una carne venduta che si vende al miglior offerente».

Il confronto

Qualche giorno dopo, il 12 ottobre, Benito Francesco Palaia affronta l’argomento con due lunghe telefonate con quello che è ritenuto il responsabile, “Tano di Nunziatina” ma, quest’ultimo, respinge ogni accusa. Benito Francesco Palaia, cerca così di assumere il ruolo “super partes”, sostenendo di essersi confrontato anche con i cugini, “i Calimeri”, i quali gli avevano detto di essere sicuri che “Tano di Nunziatina” e Benito fossero da ritenere i responsabili degli spari contro il cancello del cugino assessore. «Ciccio forse non hai capito che io non so» dice subito Gaetano Palaia al cugino Francesco Benito che replica: «Sì ma quello… il cetriolo sempre nel tuo c**o è entrato». «I fatti – spiega Gaetano – si sono saputi belli chiari chiari come sono stati e come non sono stati. No, non sono contenti, gli piace mettere Tano, capisci? Gli piace mettere Tano, io che ci posso fare? Basta».

Il livore della famiglia nei confronti dell’assessore

Nel corso della conversazione, gli inquirenti intercettano altri elementi significativi, riportati nell’ordinanza del gip. Francesco Benito Palaia, ad esempio, dimostrava di nutrire anche un certo livore, così come lo stesso cugino Gaetano, nei confronti dell’assessore Giuseppe Palaia, descritto come un soggetto «pronto a seminare zizzania all’interno della famiglia» anche perché, in ragione del proprio titolo di studio e del ruolo politico ricoperto, voleva imporre la sua linea nel vasto parentato dei Palaia «lui pensava che con la laurea poteva fare il capofamiglia». Francesco Benito Palaia, inoltre, tira in ballo il padre che, secondo lui, non aveva informato il figlio Benito sulla vicenda relativa alla fabbrica confiscata «(…) perché se tu a tuo figlio Nino non gliela dici una cosa, giusto?» «e poi quello la scopre è normale che a quello nci nchiananu i cazzi verso uno zio suo o un cugino suo, o no?». (g.curcio@corrierecal.it)

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