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Il circuito delle imprese mafiose a Reggio. «Il 5% andava alla ‘ndrangheta, il 10% alla politica»

I pentiti Nino Fiume e Roberto Moio ricostruiscono la rete delle ditte vicine ai clan. «Prendevano quasi tutti gli appalti comunali»

Pubblicato il: 16/12/2022 – 15:55
Il circuito delle imprese mafiose a Reggio. «Il 5% andava alla ‘ndrangheta, il 10% alla politica»

REGGIO CALABRIA È nel febbraio 2015 che Nino Fiume, ex killer pentito della cosca De Stefano, pesca nei proprio ricordi della “Reggio bene”, quella degli imprenditori legati ai clan della città. Negli uffici della Direzione nazionale antimafia Fiume parla della ditta Gironda, finita ieri nell’inchiesta “Revolvo” della Dda di Reggio Calabria. «Si occupava – racconta ai magistrati – di trivellazione di pozzi» il suo titolare «era collegato ai Barreca, ai Franco, ai Tegano e a Matteo Alampi». Le parole di Fiume, però, vanno oltre il singolo gruppo imprenditoriale, si spingono a delineare accanto ai Gironda un «contesto di cui facevano parte altre ditte a cui venivano aggiudicate quasi tutte le gare di appalto di competenza comunale». Un sistema, insomma, già inquadrato in altre inchieste dell’antimafia guidata da Giovanni Bombardieri. «Di tale circuito – continua il pentito – mi ha parlato Carmine De Stefano quando mi ha spiegato quali erano le somme di denaro che, in relazione agli appalti di lavori, dovevano dividersi tra la ‘ndrangheta, che prendeva il 5%, e la politica, che prendeva il 10%».
«Fiume – appunta il gip – riconosce nella famiglia Gironda parte di un gruppo di imprese “a cui vengono aggiudicate quasi tutte le gare di appalto di competenza comunale”» la cui operatività era garantita dalla vicinanza ai clan «già emersa nell’ambito dell’operazione “Araba fenice” e poi confermata dall’operazione “Tnt2”m che vedeva coinvolto Filippo Gironda (classe ’75) quale esponente della cosca Franco, federata a quella Tegano».

Moio: «C’è un circuito di ‘ndrangheta che si aggiudica le principali gare d’appalto»

Di quelle relazioni pericolose parla anche Roberto Moio, sempre nel febbraio 2015. Un tempo uomo di fiducia del padrino Giovanni Tegano, Moio elenca le ditte «sostanzialmente vicine a tutte le principali famiglie mafiose» e tra queste ci sono i Gironda. «Le ditte – spiega – fanno parte di un circuito di ‘ndrangheta che consente, previo accordo con soggetti politici a disposizione, di vedersi aggiudicate le principali gare d’appalto». Il pentito ricorda «di aver visto i fratelli Gironda, forse due o tre, in casa Tegano. (…) Una volta he le gare di interesse venivano a loro aggiudicate, avevano contatti diretti con i Tegano per decidere le somme che andavano versate alla cosca: non si trattava di una mazzetta ma della quota da destinare alla famiglia che un quel momento storico (erano gli anni Novanta) era il riferimento del gruppo destefaniano». Di più: «Le ditte che ho indicato prima sono stabilmente parte della componente imprenditoriale della ‘ndrangheta reggina: sono imprese mafiose nel senso pieno del termine». Per gli investigatori è un nuovo riscontro: «Anche Moio ha inquadrato il gruppo imprenditoriale Gironda come “sostanzialmente vicino a tutte le principali famiglie mafiose”, il cui core business veniva individuato nel “vedersi aggiudicate le principali gare di appalto” e “previo accordo con soggetti politici a disposizione”». (ppp)

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