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Il “ritorno” dei giovani a San Giovanni in Fiore. «Qui un cambio di mentalità. La Sila può essere un brand»

Le opportunità offerte dall’Alberghiero, i prodotti da tutelare e il Distretto turistico. Le sollecitazioni del presidente del Gal Sila

Pubblicato il: 16/12/2022 – 7:01
di Emiliano Morrone
Il “ritorno” dei giovani a San Giovanni in Fiore. «Qui un cambio di mentalità. La Sila può essere un brand»

SAN GIOVANNI IN FIORE Nel 2004 Gian Antonio Stella andò a San Giovanni in Fiore per un’inchiesta, cui collaborammo, pubblicata sul Corriere della Sera del 10 maggio di quell’anno, intitolata «La rivolta dei precari inesistenti».
Il giornalista rimase colpito da alcuni dati ufficiali del Comune: 18.577 residenti, 984 partite Iva, 65 botteghe d’abbigliamento e 38 di scarpe, 42 bigiotterie, una sessantina di professionisti, 54 contadini, un migliaio di dipendenti privati e appena il 2,6% della popolazione tra quanti facevano «impresa da soli o con rari dipendenti». «Tutti gli altri – scrisse Stella – lavorano per la macchina pubblica: 496 insegnanti dalle elementari al liceo, 138 bidelli e personale vario scolastico, 328 impiegati all’Asl, 6 all’Inps, 14 all’Ispettorato agrario, 20 all’Enel, 152 al Comune, compresi il sindaco e gli assessori». Infine, erano più di 3mila i pensionati e quasi 6mila i disoccupati.
Allora il municipio di San Giovanni in Fiore era presidiato da quattro centinaia di senza lavoro, poi reclutati dalla Regione e messi al servizio del Comune, seppure in condizioni di precariato. Dalla seconda metà degli anni ’80, San Giovanni in Fiore ha vissuto per oltre un trentennio stagioni di lotta per l’occupazione o – è l’accusa di un politico della Prima Repubblica – «per l’assistenzialismo spinto, che ha impigrito anche tanti giovani e abbastanza ridotto il senso del lavoro e del dovere». 
Al di là delle differenti posizioni politiche sulle misure di contrasto della disoccupazione e di sostegno al reddito, «per troppo tempo a San Giovanni in Fiore – osserva un emigrato di successo che vive in Svizzera – non si è creduto nelle risorse e nelle tipicità del territorio, intanto nell’agricoltura e nel turismo». «Ciò – lamenta lo scrittore locale Francesco Saverio Alessio, trasferitosi nelle Marche – ha creato danni seri: dallo spopolamento alla fuga dei cervelli, alla diffusione della cultura della subalternità e dell’attendismo».

L’inversione di tendenza

Tuttavia, da qualche anno nella cittadina silana si registra un’inversione di tendenza. Decine di imprese innovative sono nate per volontà di giovani laureati o specializzati, specie nell’ambito della ristorazione, dell’artigianato, della produzione alimentare e del turismo in generale. «C’è un cambio di mentalità, che si esprime – spiega il presidente del Gal Sila, Tonino Candalise, il quale ci ha rilasciato un’intervista – in una maggiore collaborazione tra pubblico e privato, nella crescente consapevolezza dell’importanza della formazione, delle reti di impresa e del marketing territoriale», come spesso ripete la sindaca di San Giovanni in Fiore, Rosaria Succurro.

Candalise: «Otto prodotti tipici da promuovere e valorizzare»

Nei giorni scorsi, il Gal Sila e l’Istituto alberghiero di San Giovanni in Fiore hanno organizzato una giornata dedicata alla promozione di prodotti tipici e imprese del territorio, svoltasi nel locale Centro Florens, nuova sede della scuola. «Attraverso il progetto, a regia regionale, denominato “Terre di Calabria”, abbiamo avviato – racconta Candalise – un’azione di recupero di prodotti legati al nostro territorio e fortemente identitari, che però ancora non costituiscono una risorsa economica. Si tratta di prodotti di nicchia. In particolare, come Gal Sila ne abbiamo individuato otto: la pitta ’mpigliata di San Giovanni in Fiore; la cuccìa della Presila cosentina; il sacchetto, che è un insaccato di Longobucco; l’anice nero silano; la manna, cioè un dolcificante naturale prodotto dalla linfa che fuoriesce dal fusto del frassino; il fagiolo zoraja; la fragola di bosco silana e il formaggio juncata. Vi aggiungo i grani antichi della Sila».

«L’Alberghiero dà l’opportunità di coniugare teoria e pratica»

L’evento di promozione del Gal Sila e dell’Alberghiero di San Giovanni in Fiore

«Abbiamo voluto promuovere queste tipicità, portandole – chiarisce il presidente del Gal Sila – a conoscenza degli operatori commerciali, in primo luogo del settore della ristorazione, in modo che possano utilizzarle e amplificarne il valore anche dal punto di vista della lavorazione. È logico che poi le propongano nei ristoranti, nei bar e nelle pasticcerie. Ci siamo pertanto ritrovati nella nuova sede dell’Istituto alberghiero di San Giovanni in Fiore, ubicata nel Centro Florens, che dà l’opportunità di coniugare teoria e pratica, di ampliare le attività didattiche anche con iniziative come quella di cui sto parlando. Adesso i suoi studenti hanno a disposizione una struttura nata per formare le nuove generazioni di professionisti al servizio del turismo. Infatti, uno degli anelli deboli del settore turistico è proprio la formazione degli operatori. Il recente rilancio dell’attività dell’Istituto alberghiero di San Giovanni in Fiore – continua Candalise – dà la possibilità di intervenire con efficacia nell’aspetto più concreto della formazione. Tra i giovani diplomati nel campo della ristorazione, ci sono diversi imprenditori del territorio. Ora, nella nuova sede dell’Alberghiero locale, al mattino gli studenti seguono le lezioni teoriche e poi hanno modo di applicarle utilizzando una sala di cucina di vera eccellenza. Inoltre, gli allievi possono dormire nell’area del convitto, che ha stanze degne di un albergo a quattro stelle».

«Un percorso di studi per lavorare e restare nel territorio»

«All’appuntamento in parola – dettaglia Candalise – abbiamo invitato la rete di imprese di Destinazione Sila, che ha la stragrande maggioranza delle aziende di eccellenza del territorio silano. Abbiamo coinvolto anche diversi operatori sangiovannesi e alcuni giovani imprenditori del comprensorio, per esempio del settore avicolo e vitivinicolo, i quali hanno raccontato le loro esperienze e già costruito proposte di impresa innovative. Tra le altre, ha partecipato un’azienda locale che produce una di birra artigianale già destinataria di riconoscimenti prestigiosi. Ancora, ha dato il proprio contributo una rete d’impresa che opera in città, formata da produttori di carne e insaccati, di olio, di liquori, di caffè, di dolci e frutti tipici del territorio. Anche questi imprenditori hanno raccontato la loro storia ed esperienza importanti. È venuto pure il giovane chef stellato Antonio Biafora. Per inciso, ci sono diverse professionalità della ristorazione, in ambito territoriale, altrettanto valide nella cucina che valorizza i prodotti locali. Abbiamo favorito una proficua collaborazione tra Biafora e i maestri di cucina dell’Alberghiero, proprio per creare una sinergia tra l’esterno e la scuola, anche per dimostrare che studiando qui si possono raggiungere grandi livelli. Non è vero, dunque, che chi si iscrive alle scuole professionali, specie se alberghiere od agrarie, lo fa perché non ha voglia di studiare. Infine, abbiamo voluto ribadire come intraprendere questo tipo di percorso formativo può dare, più che in altri settori, la possibilità di restare nel territorio, sia come professionista che come imprenditore».

«In Calabria il turismo richiede capacità di comunicazione e un’agenzia centralizzata»

«Da tempo – rimarca il presidente del Gal Sila – stiamo cercando di dare un’identità al territorio, perché il turismo è da considerare un prodotto che va saputo commercializzare. Per questo serve una buona comunicazione, che la Regione Calabria sta facendo, per esempio, alla stazione ferroviaria centrale di Milano. Però, poi, chi arriva deve trovare servizi e comodità. In Calabria c’è un sistema turistico da organizzare per bene e su base regionale. Ritengo che in proposito serva un’agenzia centralizzata, in quanto non si possono lasciare da soli i sindaci, che pure stanno lavorando bene, con volontà e determinazione».

Il Distretto turistico della Sila

«Mi faccia dire – prosegue Candalise – che nel 2017 istituimmo il Distretto turistico della Sila, l’unico, in Calabria, riconosciuto a livello ministeriale. All’epoca coinvolgemmo diversi Comuni montani dell’altopiano silano, in tutto 28: della Sila cosentina, della Presila catanzarese e crotonese e della Sila greca. Poi includemmo le reti di impresa presenti nel territorio, come Sila Autentica e Destinazione Sila, nonché la maggior parte delle imprese locali. Aderì anche il Parco nazionale della Sila.  Iniziammo, insomma, un’attività di animazione, molto sentita, con tutti i soggetti convinti dell’idea di unire il territorio e metterne a sistema le risorse e le esperienze».

«Siamo in attesa che il ministero definisca il ruolo dei Distretti turistici»

«Da allora – osserva Candalise – sono trascorsi cinque anni e siamo in attesa dei decreti attuativi, con cui il ministero dovrà definire il ruolo dei Distretti turistici. Sul piano teorico, l’idea è bellissima e noi ci stiamo lavorando ogni giorno con una serie di iniziative. Sul piano concreto, per esempio, è uscito un bando sulla montagna da parte del ministero del Turismo. Come Distretto turistico noi abbiamo partecipato, nella fattispecie con una progettazione seria di oltre due milioni di euro. Da qui a breve dovranno uscire le graduatorie e noi vogliamo sapere se ci rientreremo. Dobbiamo peraltro capire se i Distretti turistici verranno riconosciuti anche come soggetti capaci di attrarre risorse economiche. Alla fine la strategia di sviluppo la elabori, ma ha un senso se poi viene finanziata. In ogni caso – puntualizza il presidente del Gal Sila – continuiamo ad impegnarci per creare una rete solida e forte che riunisca le potenzialità del territorio, come per alimentare la sinergia pubblico-privato. Vogliamo coinvolgere altri attori locali per puntare al massimo sul turismo, che insieme all’agricoltura di qualità è tra gli elementi più importanti per la crescita della nostra area».

«Ecco che cosa ha fatto il Gal Sila»

«Come Gal Sila – dice il suo presidente – svolgiamo l’attività leader che viene riconosciuta dal Programma di sviluppo rurale. A causa della pandemia, l’Unione europea ha inteso allungare la programmazione, spostando la scadenza in avanti. I Gal hanno ricevuto risorse in rapporto alle attività già svolte. Come Gal Sila, che comprende sette soggetti privati e sei pubblici, ci sono state assegnate risorse per un milione e 600mila euro, con cui abbiamo rielaborato il nostro piano e investito nelle misure più partecipate della scorsa programmazione. Per esempio, abbiamo finanziato 21 nuove start up innovative nate sul territorio. Ancora, abbiamo destinato altre risorse alla cooperazione tra imprese ed altre per la diversificazione dell’attività principale, nello specifico di sei ex aziende agricole. Ulteriori risorse le abbiamo destinate agli enti pubblici, ai Comuni, con cui abbiamo buonissimi rapporti».

«La Sila deve diventare un brand»

«Grazie all’impegno dei soggetti pubblici e privati, sonopalpabili e innegabili – afferma Candalise – i progressi compiuti nell’organizzazione dell’offerta turistica. Dieci anni fa, essa era molto claudicante, ma poi la qualità delle produzioni e delle attività agricole è cresciuta in maniera esponenziale. Ci sono stati grandi passi dal punto di vista organizzativo, comunicativo, imprenditoriale e propositivo. Come Gal ci siamo spesi tanto perché c’era proprio la richiesta, proveniente dal basso, di rafforzare l’idea di un sistema di rete. Bisogna continuare su questa strada, perché da soli non si va lontano. Noi vogliamo che la Sila doventi un brand, che in diversi settori possa essere il marchio del territorio dal punto di vista qualitativo. Nello specifico, si deve creare una coscienza collettiva, perché, se è vero che dobbiamo spingere per creare economia attraverso il turismo e l’agricoltura, dobbiamo crederci tutti: istituzioni pubbliche, imprese e singoli cittadini. Mi consenta di evidenziare che c’è un cambiamento netto, proprio dal punto di vista culturale. Tuttavia, ancora abbiamo delle questioni irrisolte. Perché si possa parlare di turismo, occorre concentrarsi sulla gestione dei rifiuti, che sull’altopiano della Sila, ma anche altrove, andrebbe portata avanti con sinergie operative tra gli enti pubblici. Lo stesso discorso vale per la gestione degli impianti sciistici della Sila. Il modello da seguire potrebbe essere quello del Consorzio della patata silana, che sta creando lavoro e ricchezza e ha già levato il prodotto dalle grinfie degli speculatori».
Proprio negli ultimi giorni, dal suo ufficio romano in piazza Mastai, Giuseppe Marra, direttore e proprietario dell’agenzia giornalistica Adnkronos, originario della Sila, ha invitato «a tener viva la questione del riscatto meridionale» e a «tifare per il Sud come in tanti hanno fatto, calcisticamente, per il Marocco». (redazione@corrierecal.it)

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