CATANZARO Un dirigente che “salta” il giorno prima di diventare segretario locale, un capogruppo che “salta” con un blitz da coltelli nell’ombra da parte dei suoi colleghi di partito dopo aver assunto posizioni scomode su alcuni temi molto ma molto sensibili. Riti tribali in casa Lega Calabria, che si conferma sempre più balcanizzata e divisa, attraversata da faide nelle quali i big si cannibalizzano a vicenda come nemmeno nei tempi ruggenti del Pd… Un mucchio di problemi si affastellano sul tavolo del leader nazionale del Carroccio Matteo Salvini, che in Calabria segna il punto forse più basso della gestione del partito, sceso a percentuali a una cifra e che anche nell’ambito del centrodestra a livello regionale è nettamente dietro Forza Italia e Fratelli d’Italia. La narrazione entusiastica e propagandistica che il coordinamento regionale della Lega cerca – inutilmente – di veicolare si scontra con una realtà dei fatti impietosa, una realtà che parla di un Carroccio calabro sempre più dilaniato, anche e soprattutto nella fase pre e post elettorale delle Politiche.
Sul piano numerico la Lega il 25 settembre ha sì aumentato il numero dei parlamentari espressione della Calabria – da uno a tre, con il riconfermato Domenico Furgiuele, la neo senatrice Minasi e la neo deputata Simona Loizzo – ma in realtà due bandierine sono state piazzate solo perché correvano nei collegi con il vento in poppa della coalizione, mentre invece la lista leghista è andata parecchio maluccio (non è stato eletto nemmeno Matteo Salvini, ricandidato a queste latitudini ma costretto a ripiegare su un’altra regione). La sostituzione in Giunta regionale della Minasi ha poi ancora di più lacerato il partito, che i bene informati dicono ormai (dis)organizzato in correnti, una contro l’altra armata: da una parte l’asse Furgiuele – il commissario calabrese Giacomo Saccomanno – il consigliere regionale Pietro Raso, da un’altra parte la Minasi, e poi da una terza parte il presidente del Consiglio regionale Filippo Mancuso, che sembra dialogare con più trasporto con i forzisti e i meloniani piuttosto che con i salviniani.
Gli ultimi due casi sono però eclatanti. La sfiducia alla Loizzo da capogruppo alla Regione quando ormai le due dimissioni per scegliere la Camera erano questione di ore – si fa intendere da fonti del Carroccio – nasconde un bel po’ di zone d’ombra. Non manca chi mette in relazione questo blitz – che assegnerà il ruolo di capogruppo regionale a Giuseppe Gelardi – con quanto è successo alle Politiche e con la “resistenza” della Loizzo a lasciare il ruolo da deputata per entrare in Giunta, così come in tanti ricordano le prese di posizione della stessa Loizzo su due temi – il consigliere “supplente” e la sanatoria sulla ludopatia – che l’hanno vista contraria e per questo probabilmente l’hanno resa invisa anche all’interno del suo partito. Ed eclatante anche la vicenda di Emilio Greco, l’avvocato cosentino in predicato di diventare segretario cittadino della Lega ma cacciato dalla Lega poche ore prima dell’investitura. Ed è proprio Greco, oggi, con una dichiarazione, a dare una lettura eloquente del clima che si respira nel Carroccio calabrese. «Dopo la mia espulsione dal partito un giorno prima di essere eletto segretario cittadino di Cosenza – sostiene Greco – è arrivato il blitz contro Simona Loizzo, cacciata da capogruppo dieci giorni prima che scadesse perché contraria all’assurda legge regionale che domani consentirà alle sale gioco calabresi di passare da 8 a 15 ore di apertura ogni giorno. Vorrei chiedere a Matteo Salvini che ogni giorno parla di lotta alla ‘ndrangheta e alla ludopatia cosa ne pensa di questa cosa e se ritiene che il suo partito in Calabria rappresenti davvero quelle istanze di cambiamento dì cui parla. La Lega calabrese è veramente incredibile e si fa portatrice di una legge che è uno stillicidio cacciando, per questo, il suo capogruppo in carica». Dal “caso Cosenza” al “caso Loizzo” passando per tanti altri casi: ecco il Vietnam Lega in Calabria. (c. a.)
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