LOCRI Sedici anni per Pietro Favasuli e 14 anni per Santoro Favasuli. Sono le condanne dei giudici della Corte d’Assise di Locri presieduta da Amelia Monteleone (a latere Mariagrazia Galati) per gli imputati nell’ambito del processo per l’omicidio di Salvatore Pangallo, il 25enne ucciso ad Africo dopo una feroce lite con il cugino e lo zio. I due sono stati rinviati a giudizio per concorso in omicidio aggravato dalla premeditazione e futili motivi. I giudici di Locri hanno condannato padre e figlio per concorso in omicidio, ma non hanno riconosciuto l’aggravante della premeditazione e i futili motivi e concesso le attenuanti generiche.
Ad accendere la discussione, secondo quanto emerso dalle indagini, sarebbe stato un defogliatore, macchinario per la pulitura delle olive. Alla base i difficili rapporti che intercorrevano tra le due famiglie e che erano sfociati in una violentissima lite. Era lunedì 9 novembre 2020 quando nelle campagne di Africo, in provincia di Reggio Calabria, si consumava l’omicidio di Salvatore Pangallo e il ferimento del padre, Costantino Pangallo. Il ragazzo venne raggiunto da un colpo di pistola che gli fu fatale. A sparare il giovanissimo cugino, oggi 25enne, Pietro Favasuli, arrestato qualche giorno dopo insieme al padre, Santoro Favasuli. I due, si costituirono al termine di serrate ricerche condotte dai carabinieri sotto il coordinamento della Procura di Locri.
Nel corso delle scorse udienze al termine della requisitoria, il pubblico ministero Luisa D’Elia aveva chiesto 26 anni di carcere per Pietro Favasuli e 24 anni per il padre Santoro. «Aspettiamo le motivazioni prima di pronunciarci, per comprendere la decisione della corte», affermano i legali della famiglia di Salvatore Pangallo, gli avvocati Mari Vazzana, Marilena Barbera e Antonino Tuscano, che aggiungono: «Abbiamo intenzione di interloquire con il pm per stimolare la presentazione di un appello. La condanna – concludono i legali – ha visto colpevoli entrambi gli imputati, non si può parlare mai di soddisfazione di fronte a questi drammi che lasciano dolori indelebili, non ci sono né vincitori né vinti di fronte alla morte prematura di un giovane ragazzo».
La ricostruzione dei fatti è stata possibile anche grazie alla consulenza tecnica del dottor Antonio Andrea Miriello che aveva eseguito la copia forense e l’analisi degli smartphone in uso agli indagati. (redazione@corrierecal.it)
x
x