LAMEZIA TERME Fra le luci abbaglianti del salone del seminario vescovile di Lamezia Terme è il messaggio di monsignor Serafino Parisi ad ispirare i fedeli e i cittadini lametini in occasione delle festività del Natale. Quello del vescovo della Diocesi di Lamezia Terme, ammaliato dalla città e dalle ricchezze naturali del territorio, è un caloroso saluto destinato non solo alla città ma a tutto il comprensorio lametino, proprio in occasione del suo primo appuntamento natalizio. Dall’insediamento del luglio di quest’anno, molta strada è stata fatta, grazie all’impegno costante sul territorio e soprattutto all’abbraccio caloroso di una comunità, quella lametina, che ha accolto Serafino Parisi con rinnovato entusiasmo sin da subito.
Nel corso del suo intervento, davanti ai fedeli ma anche autorità politiche e forze dell’ordine, il vescovo lametino ha richiamato tutti alla «concretezza» e ad una rinnovata speranza perché «il Natale, al di là di come viene presentato un po’ dagli spot pubblicitari, attraverso un modo anche abbastanza soft o edulcorato, è concretezza, è il figlio di Dio che entra nella carne degli uomini, il “logos” cioè il Verbo per eccellenza, colui che preesisteva, entra nella carne, l’eterno che entra nel tempo, dice che questa carne ha ancora futuro e speranza perché è orientata verso l’eternità».
Alle fine dello scorso anno la speranza era quella di essersi gettati alle spalle due anni durissimo di pandemia da Covid-19, tra restrizioni e sofferenze. Dopo un anno, però, l’emergenza non è del tutto finita ma, soprattutto, a preoccupare maggiormente è lo scenario globale e la crisi internazionale causato dall’invasione russa in Ucraina. Una guerra – certo non l’unica – scoppiata nel cuore dell’Europa, migliaia di vittime e milioni di rifugiati che dal 24 febbraio cercano riparo e salvezza anche nelle nostre case. Ed è quindi su questa «crisi antropologica» che monsignor Parisi si concentra maggiormente. «Dentro questa crisi antropologica c’è una vera e propria crisi di pensiero, di logos e di ragionamento, ma anche di orientamento pensato e pensante».
E in questo senso «la pandemia – sottolinea Parisi – ha dato anche un contributo di disfacimento e di lacerazione. E se questa pandemia ci dice che ne stiamo pian piano uscendo fuori, allora dovremmo tutti recuperare un po’ questo insegnamento, quello cioè di puntare a ciò che è essenziale, ciò che è prioritario. Se sapremo trarre dalla pandemia questa lezione, almeno la ferita sarà meno dura da considerare».
Quella a Lamezia Terme, finora, per monsignor Parisi, è stata a tutti gli effetti una esperienza positiva ed entusiasmante: «Vedo qui accoglienza sincera e questo mi pone anche un po’ in un obbligo di riconoscenza, ma anche di restituzione dello stesso affetto a tutti i fedeli che mi hanno accolto e mi stanno ancora accogliendo con grande affetto». (g.curcio@corrierecal.it)
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