Calabria “maglia nera” per economia “non osservata”, la somma della componente sommersa e di quella illegale. Lo evidenzia il report sui conti economici territoriali dell’Istat, pubblicato oggi. «Nel 2020, ultimo anno per cui sono disponibili le informazioni – spiega l’Istat – l’economia non osservata ha rappresentato in Italia l’11,6% del valore aggiunto totale (l’incidenza sul Pil è pari al 10,5%, in diminuzione di circa 1 punto percentuale rispetto al 2019): le componenti più rilevanti si confermano la rivalutazione della sotto-dichiarazione dei risultati economici delle imprese (5,3%) e l’impiego di lavoro irregolare (4,2%). L’economia illegale e le altre componenti minori (mance, fitti in nero e integrazione domanda-offerta) hanno inciso per il restante 2,2%. L’economia non osservata ha un peso molto alto nel Mezzogiorno, dove rappresenta il 16,8% del complesso del valore aggiunto, seguito dal Centro (12%). Sensibilmente più limitata, e inferiore alla media nazionale, è l’incidenza nel Nord-est (9,8%) e nel Nord-ovest (9,2%). L’incidenza delle tre diverse componenti dell’economia non osservata si conferma anche – spiega l’istituto di statistica – a livello ripartizionale; a pesare di più è ovunque la rivalutazione da sotto-dichiarazione, che raggiunge un picco nel Mezzogiorno (pari al 7,1% del valore aggiunto), mentre è più contenuta nel Nord-ovest (4,3%). Anche la quota di valore aggiunto generato da impiego di lavoro irregolare è particolarmente elevata nel Mezzogiorno (6,5%). L’incidenza risulta in linea con la media nazionale al Centro (4,2%), mentre è inferiore di circa 1 punto percentuale nelle altre due ripartizioni (3,3% per il Nord-est e 3,2% per il Nordovest)». Secondo l’Istat «a livello regionale il peso dell’economia non osservata è massimo in Calabria, con il 18,8% del valore aggiunto complessivo, e minimo nella Provincia autonoma di Bolzano-Bozen (8,2%). Puglia (7,7%) e Campania (7,5%) presentano la quota più alta di rivalutazione del valore aggiunto sottodichiarato; le quote più basse si registrano invece nella Provincia autonoma di Bolzano-Bozen (2,9%) e nella Provincia autonoma di Trento (3,5%). Il peso del sommerso dovuto all’impiego di input di lavoro irregolare è particolarmente elevato in Calabria (8,3% del valore aggiunto), Campania (6,9%) e Sicilia (6,6%); le quote più contenute sono quelle osservate in Lombardia (3%), Veneto (3,1%), Friuli-Venezia Giulia (3,2%) e Provincia autonoma di Bolzano-Bozen (3,3%). L’economia illegale e le altre componenti dell’economia non osservata presentano infine un’incidenza che varia tra il 3,6% del valore aggiunto complessivo in Calabria e l’1,5% della Lombardia».
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