SALERNO Marcello Manna, sindaco (sospeso) di Rende può tornare a svolgere la professione di avvocato. Lo ha deciso il gup del tribunale di Salerno che, pur ritenendo il quadro di gravità indiziaria «immutato», ha revocato, «salva ogni diversa e più compiuta valutazione da compiersi nelle successive fasi del procedimento», la misura cautelare della sospensione dall’esercizio della professione forense nei suoi confronti. Marcello Manna, penalista, è indagato dalla Procura di Salerno, guidata da Giuseppe Borrelli, con l’accusa di corruzione in atti giudiziari.
Per il Gup di Salerno «alla luce delle trascrizioni delle conversazioni prodotte deve necessariamente essere oggetto di rivalutazione la sussistenza delle esigenze cautelari». Il giudice dell’udienza preliminare sottolinea infatti nel provvedimento come dalle conversazioni non sia desumibile l’abitualità delle condotte, rilevando nello specifico una difformità nelle trascrizioni.
Secondo gli avvocati Riccardo Olivo e Nicola Carratelli «il provvedimento odierno costituisce la prima verifica dell’infondatezza della intera costruzione accusatoria, che sarà definitivamente accertata allorquando, finalmente, anche all’esito del già disposto interrogatorio di Marcello Manna, verrà affrontato e discusso il merito della vicenda, rispetto alla quale l’avvocato ed i suoi difensori hanno da subito evidenziato l’assoluta inattendibilità delle accuse del Petrini e l’esistenza di una serie di anomalie procedurali nella fase investigativa». «Siamo lieti – dichiarano gli avvocati Riccardo Olivo e Nicola Carratelli – che Marcello Manna possa tornare ad indossare la sua Toga, quella Toga che mai, mai, ha disonorato, anzi sempre egli svolgendo, davanti ai Giudici di tutt’Italia, la sua professione con scrupolo, correttezza, dignità e grande valore».
La vicenda è legata alla tesi dell’accusa secondo la quale il 30 maggio 2019 Manna avrebbe consegnato a Petrini la somma di 5mila euro in contanti all’interno una busta da lettere contenuta in una cartellina da studio, data al giudice nel suo ufficio. In cambio Petrini avrebbe alterato «la dialettica processuale inquinando, metodologicamente, l’iter decisionale della Corte d’Assise d’Appello da lui presieduta» emettendo una sentenza di assoluzione nei confronti dell’imputato Francesco Patitucci, difeso da Manna, già condannato in primo grado, con rito abbreviato, a 30 anni di reclusione per concorso nell’omicidio di Luca Bruni avvenuto a Castrolibero il 3 gennaio 2012. La sentenza d’appello che assolve Patitucci, emessa il 4 dicembre 2019 sarebbe, secondo l’accusa, «contaminata in radice dagli eventi corruttivi». (f. b.)
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