LAMEZIA TERME «L’attenzione c’è, va però tradotta nelle scelte, nei fatti perché il territorio del Sud e la Calabria devono far parte dell’Italia, non solo a parole». È un richiamo all’attenzione sui temi sociali, quelli più attuali, e soprattutto ad una maggiore sensibilità rispetto a chi, in tempi di emergenze e crisi, è rimasto indietro. Quello di don Giacomo Panizza è dunque un appello che non conosce confini. Tocca il mondo della politica, più volte sollecitata a fare di più e meglio, ma anche le istituzioni locali e i cittadini. E accende i riflettori sulla “vita sociale” che lo stesso don Giacomo Panizza definisce «fondamentale».
Quello di don Giacomo Panizza è un esempio che da tempo ha già superato i confini locali e regionali, da Lamezia Terme e dagli edifici sottratti alle feroci cosche della ‘ndrangheta lametina in cui sono sorte le realtà legate alla Comunità Progetto Sud arrivano gli esempi migliori di welfare, integrazione e rinascita sociale. Perché, spiega don Panizza, l’obiettivo è che «si possa vivere la solidarietà davvero qui, e non soltanto quella a tu per tu, ci aiutiamo a vicenda, ma che ci sia un welfare all’altezza del compito in tutta Italia, ed è questo il vero argomento della regionalizzazione differenziata, che venga fatta con pilastri uguali in tutte le regioni».
Gli ultimi mesi sono stati scossi tremendamente dal conflitto esploso in Ucraina e, in questa resistenza drammatica del popolo ucraino, la Comunità Progetto Sud ha fatto sentire la propria presenza in modo concreto, soprattutto a ridosso delle festività di Natale. «Per i cittadini ucraini – ci racconta don Giacomo Panizza – sarà un Natale brutto, freddo e di paura. Sarà di organizzazione delle fughe perché loro pensano che la Russia non debba prendersi i territori e le persone, tutto al più i territori ma le persone vogliono essere libere da chi vuole vincerle. E noi li stiamo aiutando in questa resistenza: chi rimane là o chi viene via sa di essere di un popolo che ha in mente la libertà e non tornare più sotto la Russia».
Sulla scorta di quanto vissuto e dopo i recenti viaggi in Ucraina è stato intensificato l’impegno della Progetto Sud. Per don Panizza «questa raccolta di coperte, di giubboni ecc. ecc. è legata al fatto che noi stiamo andando e tornando perché stanno organizzando il “dopo la pace” perché per loro la vittoria non è sconfiggere la Russia e conquistarla, ma è resistere alla Russia e che la Russia se ne vada». «Perciò stiamo facendo in modo che facciano gemellaggi e collaborazioni anche con l’Italia perché la ricostruzione, dopo i bombardamenti, è una ricostruzione anche morale, ma non soltanto per dire che vogliono essere liberi, ma morale perché vogliono dire ricostruire senza corruzione delle fabbriche e delle ditte che si metteranno a costruire e non coi metodi antichi. Anche in Italia è stato così dopo i terremoti, con la corruzione tra imprese e politica. Vogliamo o che le dite e la politica siano democratiche finalmente». (g.curcio@corrierecal.it)
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