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L’intervista

“Ringhio” Gattuso: «Non ho più una vita privata»

Il campione del mondo coriglianese si racconta alla giornale “As”: «Rifarei tutto a pensarci»

Pubblicato il: 26/12/2022 – 14:52
“Ringhio” Gattuso: «Non ho più una vita privata»

VALENTIA Gennaro, Rino, “Ringhio”. Gattuso. Fra poco festeggia i dieci anni da tecnico ma sembra l’altro ieri vederlo imperversare in mediana, digrignando i denti sulle caviglie degli avversari. Dopotutto è tra i più giovani allenatori in circolazione, a soli 44 anni, e può vantare già una carriera di tutto rispetto, con tanto di gavetta e club di prestigio: Sion, Palermo, Creta, Pisa, Milan, Napoli, Valencia. È il racconto che Fanpage dedica al campione del mondo di Corigliano Calabro.
La Spagna – ricorda Fanpage – è la sua ultima e attuale tappa di formazione professionale, ennesima dimostrazione di quanto non riesca a staccare la spina dal calcio: prima giocato, oggi vissuto a 360 gradi per insegnarlo ai suoi calciatori.
Una passione “insana”, nata nel lontano 1990 quando tutto inizia a Perugia, primo club a soli 12 anni lasciando la Calabria, i suoi amici, la sua famiglia: «Rifarei tutto a pensarci» racconta in una intervista esclusiva ad “As” a Valencia, la sua nuova e attale “casa”. «Ho dormito da solo, da bambino non è facile prendere certe decisioni ma non penso mai cosa sarebbe successo senza il calcio. Mi sento fortunato, ma so di aver dato tutto quel che ho sempre avuto e se dovessi rifarlo, ripeterei tutto». Un incipit – riporta Fanpage – che lo ha consacrato da calciatore, vincendo tutto con il Milan, diventando campione del Mondo con la Nazionale. E riprendendo il filo del discorso dalla panchina, dove si è dovuto reinventare, crescere, trasformarsi.
«Oggi un Gattuso non lo acquisterei, avevo carattere, correvo tantissimo ed ero forte ma il calcio è cambiato, si è evoluto. Eppure c’è stato un giocatore in cui mi sono rivisto in questi mondiali: Amrabat, mi ha commosso». Un cambiamento totale, un outing professionale che ne dimostra la crescita da tecnico: «Mi piace guardare ogni partita a disposizione, il calcio si è evoluto e cambiato. Ho imparato a capire e ho capito molto». Soprattutto grazie alle lezioni di alcuni grandi ‘maestri’ ai quali Gattuso ha avuto l’umiltà e la determinazione di rivolgersi. Il primo in assoluto, che gli ha aperto la mente sul ‘nuovo’ calcio, Pep Guardiola: «Quando l’abbiamo incontrato col Milan loro giocavano un calcio verticale noi abbiamo solo corso per 90 minuti. Mi sono chiesto com’era possibile… poi ho parlato con Guardiola e non ho capito nulla per mesi finchè ho visto il calcio in modo diverso rispetto a quando giocavo: mi piacciono i giocatori di qualità, un calcio pensato, funzionale che sa quando si deve pressare e quando andare in verticale».
Un “chakra” calcistico che lo ha spinto alla sua seconda vita professionale: «Per fare l’allenatore non basta, bisogna andare in campo e imparare. Ecco perché ho voluto iniziare da zero: io conoscevo il calcio, ma non ero preparato».
E così, un nuovo ‘tuffo’ totale nel pallone, cui Gattuso si sta dedicando anima e corpo forse ancor più di quando giocava. «Tra allenare e giocare è più facile la seconda perché adesso io mi ritrovo a vivere il calcio pienamente e quando io penso al calcio tu non hai più una vita… devo ringraziare mia moglie, non so davvero come faccia ad essere ancora con me», conclude a Fanpage Ringhio alludendo alla moglie Monica, madre dei suoi due figli, Gabriela e Francesco, e compagna di una vita, conosciuta a Glasgow quando vestiva la maglia dei Rangers.
Una vera e propria “malattia” calcistica per la quale ha rivolto l’appello anche all’amico di sempre, Carlo Ancelotti, l’altro ‘maestro’ del Gattuso allenatore: «Quando ho iniziato ad allenare ho chiamato subito Ancelotti e gli ho domandato come si fa… Per me è difficile: comincio alle 8:30 e torno a casa alle sette di sera. Poi a casa vado in bagno e mi viene in mente qualcosa, così lo scrivo su un pezzo di carta. Io vivo il mio lavoro, così. Dovrei cambiare, perché non puoi passare 18 o 19 ore a pensare al calcio… ma è il mio stile: lavorare e lavorare. Penso al calcio 24 ore, ho dedicato la mia vita al pallone».

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