Accade che il 24 dicembre a Cosenza, città che per secoli sì è vantata dì essere la culla pensante della Calabria, un’invasione di adultescenti tra i 40 e i sessant’anni e di ragazzi giovani si riversi sul corso principale, Corso Mazzini, su altre vie e strade centrali. Queste aggregazioni di nuovi “Unni balla e beve” per cinque, sei sette ore, con musica house, e poi grida, con sussurri e scene di una cafonaggine veramente inquietanti.
E ovviamente, in diretta, signore (soprattutto) e signori con figli abbondantemente grandi, mostravano le immagini delle loro avventure etiliche senza pensare minimamente al fatto che a volte, anzi sempre, il cattivo esempio faberiano si trasmette con una facilità disarmante rispetto ai pur ipocriti buoni consigli.
Succede solo a Cosenza? Boh, probabilmente no, ma le caratteristiche di questa ondata dì tamarrismo sembrano assai uniche.
E non si pensi che sia stata una sorta di catarsi dopo le restrizioni del Covid. No, non è così. Accadeva lo stesso prima della pandemia e non c’è giorno che passi senza l’esibizione sui social di continue e triste festi di vitelloni sfioriti e di donne in continua revisione di chirurgia estetica.
Gente che poi, secondo quella tradizione cosentina che fece scappare anche San Francesco, sparla l’uno dell’altro
Le domande che oggi ci si pone sono tante. La prima, ad esempio, è la più classica: chi consente a tanti gestori del divertimento di recintare abusivamente piazze e luoghi pubblici, senza pagare un euro al comune e senza permettere agli altri cittadini dì poter usufruire di uno spazio che è anche loro ? Il nuovo questore, Spina, che è molto bravo, magari farà fare qualche giro in più alle volanti e ci dara una risposta. Magari consentendo a chi è disabile, alle mamme con carrozzella e alla più vasta platea di cittadini di avere gli stessi diritti di pedonalizzazione.
La seconda domanda sembra retorica ma è altrettanto indispensabile: quale esempio viene dato ai giovani se chi dovrebbe avere pudore e contegno si mette a bere senza sosta per diverse ore trasformando quartieri di provincia in un’ improbabile Woodstock ?
Ovviamente, tra ubriachi di ogni pasta, le strade medesime il 24 erano così insozzate da far venire voglia di usare i metodi poco democratici che consigliava Sergio Quinzio per i mariuoli di Tangentopoli e cioè costringere gli astanti a pulire per bene ogni singolo angolo usando,se il caso, anche la lingua.
Cosenza non è la città che era negli anni settanta. Allora aveva uno dei caffè più importanti d’Italia, il Manna, il bar Gatto (solo per fare alcuni esempi) e un commercio che faceva invidia a tante città del Mezzogiorno.
L’involuzione è figlia dei tempi e non bisogna fare gli Amish per negare che il mondo, oggi, è completamente diverso.
Il divertimento, la movida sono fattori che possono essere importanti se non disturbano gli altri cittadini e se, ancora, l’economia non sì basa esclusivamente sulla ristorazione e sui locali per gli eterni “Peter Pan”.
Siamo giudicanti e togliamo libertà alle persone di fare ciò che vogliono? Non è così, perché le strade appartengono a tutti e il consumo di alcol tra i giovani ( per non parlare delle droghe) è una situazione che merita grande attenzione.
Proprio su queste pagine il procuratore della Repubblica Mario Spagnuolo ha dipinto un quadro fosco ma veritiero su una comunità in cui una bassa percentuale vive nell’opulenza e una grande fetta nella povertà. Qualcuno faccia qualcosa altrimenti la città, come forse purtroppo capiterà alla squadra che ne porta i colori, scivolerà in serie C. E non sarà l’ultima retrocessione.
*giornalista
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