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«Così i kiwi di Calabria arrivano in Nuova Zelanda e Asia». Per l’Op Monte «l’unione fa la forza»

La nascita e il senso delle “organizzazioni di produttori”. Con gli investimenti in innovazione. «I droni per “capire” meglio le piantine di cipolla»

Pubblicato il: 28/12/2022 – 8:47
«Così i kiwi di Calabria arrivano in Nuova Zelanda e Asia». Per l’Op Monte «l’unione fa la forza»

LAMEZIA TERME «In due parole si può dire che l’unione fa la forza». La chiosa di Vincenzo Sorace, 30 anni, coordinatore delle vendite dell’Op Monte, restituisce il senso del viaggio settimanale di “Coltiviamo capolavori” nelle produzioni agricole innovative. La tappa odierna del programma condotto da Saveria Sesto ci fa conoscere l’Op Monte, leader nel settore nazionale dell’ortofrutticoltura, con sede a Polistena, che oggi mette insieme 80 produttori e 250 ettari di superficie coltivata a kiwi, agrumi e cipolle. 
Op sta per “organizzazione di produttori”, uno strumento strategico della politica comunitaria che vuole aggregare produttori e aziende per aumentare la competitività e raggiungere mercati altrimenti irraggiungibili per il singolo produttore e, soprattutto, la grande distribuzione. Sorace racconta quale sia la struttura operativa di un’Op: «Nasce nel 2001 dalla volontà di mio padre, Francesco Sorace, che ha avuto con i suoi fratelli la visione di provare ad aggregare le produzioni collocate nel territorio calabrese. Siamo partiti da arance e clementine con mio nonno negli anni 80 con i centri di raccolta». Oggi, spiega Sorace, l’Op «è formata da diversi “uffici”, primo fra tutti l’ufficio agronomico, che è fatto da due risorse umane che si occupano di dare quelle forme di assistenza agronomica per portare avanti le produzioni sia in termini qualitativi che quantitativi. L’obiettivo è dare – attraverso gli strumenti messi a disposizione dalla Comunità europea – ai diversi produttori la possibilità di ottenere una remunerazione che garantisca loro la stabilità». Assistenza «capace di guidare gli operatori verso le richieste del mercato» e di dare la possibilità ai produttori di raggiungere «sarebbero impossibili se fossimo disgregati».

Il kiwi come “frutto identitario” della Calabria. «Così arriviamo in Nuova Zelanda»

Il kiwi come "frutto identitario" della Calabria. «Così arriviamo in Nuova Zelanda»

Un esempio plastico arriva dalla produzione – e dalle proiezioni sul mercato – dei kiwi. Una produzione che rappresenta l’inizio della storia dell’Op. «A Polistena, luogo in cui nasce la mia famiglia, è nato un magazzino di confezionamento e nel tempo sono arrivati investimenti in strutture e macchinari. Dal ’98-2000 si è investito sul kiwi e sulle sue diverse ramificazioni, come il kiwi giallo», spiega Sorace. Ed è stato proprio il kiwi a permettere «l’evoluzione dell’Op e la crescita della sua base sociale. Oggi si è arrivati a una cinquantina di ettari in termini di commercializzazione, con una produzione che varia di anno in anno, anche per le variazioni climatiche e alcune difficoltà che la pianta sta affrontando in tutto il Paese». L’Italia è il secondo produttore al mondo di kiwi e la Calabria ha il 20% della produzione nazionale di quello che sta diventando un frutto identitario per la regione. Per le sue qualità apprezzate dai consumatori e per le innovazioni tecnologiche che hanno reso possibile il raggiungimento di mercati lontanissimi. «Attraverso il miglioramento tecnologico – dice Sorace – siamo in grado di leggere sia esternamente che internamente la qualità del frutto attraverso le telecamere. E l’Op permette di raggiungere mercati che sarebbero inavvicinabili per il singolo produttore. Questo prodotto arriva nell’emisfero Sud – in Australia, Nuova Zelanda, Cile, Brasile – e in mercati molto esigenti e selettivi come l’Asia. Il kiwi viene confezionato in pedane e poi in container refrigerati. Così in tempi non enormi arriva in mercati lontani. In 33-36 giorni si arriva in Nuova Zelanda, Nord America, Sud America, Indonesia, Taiwan». I container, ovviamente, partono dal porto di Gioia Tauro, «il cui sviluppo ci ha permesso di aumentare la commercializzazione». Certo, «i cambi societari hanno determinato la migliore o minore competitività per i nostri prodotti. Oggi, ad esempio, a New York si arriva in qualche giorno in più: spero che questa chiacchierata possa essere uno stimolo a dare slancio alle spedizioni», aggiunge Sorace. 

Nuovi sistemi di irrigazione e droni per la Cipolla Rossa di Tropea

Nuovi sistemi di irrigazione e droni per la Cipolla Rossa di Tropea

Altra eccellenza calabrese: la Cipolla Rossa di Tropea Calabria Igp. Un progetto «iniziato concretamente nel 2018, quando la Veltri srl ha deciso di affidare la gestione agronomica in toto all’Op Monte». «È un prodotto nel quale crediamo tanto – spiega Sorace – perché è apprezzato dal consumatore per croccantezza e dolcezza. L’areale Igp compreso tra Pizzo e Amantea assicura all’indotto una stagione che si allunga per diversi mesi all’anno e che spazia dal cipollotto fresco alla cipolla secca. L’Op Monte ha creduto nella capacità e nelle caratteristiche di questo prodotto e ha garantito investimenti attraverso un’integrazione a monte, aumentando la base produttiva. Oggi l’area di coltivazione è di 80-90 ettari gestiti attraverso due agronomi» ma ci sono anche quantità provenienti da soci conferitori terzi per cui il totale della gestione è di circa 130-160 ettari. La gestione di questo ciclo prevede l’utilizzo di una grande quantità di manodopera. E questo permette di introdurre il discorso della ricerca di una produzione più efficiente attraverso l’agricoltura 4.0. «Venire incontro alle esigenze della concorrenza a livello nazionale che ci porta a migliorarci – continua Sorace –. In quest’ottica abbiamo investito molto, ma con tecniche che lasceranno comunque una quota di manodopere, perché ogni azienda è formata da persona. Negli ultimi anni abbiamo portato avanti cambiamenti nella produzione che riguardano i sistemi di irrigazione e ausiliari all’irrigazione, come sonde che ci hanno fatto capire quando i terreni hanno bisogno di più o meno acqua. Un tema moto attuale, visto che in alcuni punti del globo l’acqua stenta ad arrivare. Abbiamo cambiato i sistemi di irrigazione dai classici rotoloni a sistemi di nebulizzazione, aumentando la precisione e dicendo addio allo sperpero di acqua».
«Negli ultimi due anni – dice ancora Sorace – abbiamo inserito nell’areale qualcosa che non era comune dalle nostre parti: sistemi di guida autonoma per i mezzi agricoli che permettono risparmio di carburanti e attrezzature e una minore stanchezza per gli operatori e un’efficacia di lavoro sicuramente superiore rispetto all’utilizzo dei mezzi in forma classica. Queste innovazioni ci hanno permesso di avere vantaggi nelle fasi di trapianto e anche di concimazione. E il controllo oggi viene effettuato anche con i droni. Camminare nell’appezzamento rimane comunque necessario, ma dall’alto stiamo riuscendo a vedere situazioni che prima non riuscivamo ad apprezzare. A questo abbiamo unito un software di consulenza che ci permette di vedere dall’alto l’evoluzione degli stati vegetativi e ci “dice” come e dove è auspicabile intervenire in maniera più o meno pesante. Insomma, proviamo a interagire un po’ meglio con le piantine di cipolla rossa di Tropea». Che arrivano su tutto il mercato nazionale e anche in una piccola quota di mercati europei: Francia, Inghilterra, Svizzera. 

Pnrr, agricoltura di precisione e 4.0: il futuro dell’Op

Infine gli agrumi, che hanno dato il via all’azienda «e ci hanno permesso di iniziare la nostra attività». Ogni prodotto, però, «ha un’attività ciclica nel tempo – spiega Sorace –. L’Op Monte ha allargato i propri orizzonti per garantire produzione e commercializzazione per 12 mesi all’anno. Con gli agrumi ci posizioniamo in una fase un po’ più tardiva per allontanarci dal periodo di massima concentrazione di prodotto. Cerchiamo di gestirlo in diverse fasi dell’anno, con varietà tardive per non ingolfare il mercato ma coprirlo soprattutto nella fase finale». 
Tutto, nell’Op, ha un senso finalizzato a migliorare le condizioni dei coltivatori e garantire loro la stabilità di cui hanno bisogno. A partire dagli investimenti fino alle certificazioni di prodotto e di processo, tra cui quelle che testimoniano l’eticità nei confronti della manodopera. Il futuro andrà nella stessa direzione e sfrutterà le innovazioni messe a disposizione dalla ricerca universitaria, «già utilizzate per alcune varietà di kiwi giallo». E poi gli investimenti del Pnrr per il miglioramento dei magazzini di confezionamento e «per permettere capacità produttive adeguate alle esigenze un ulteriore sviluppo dell’integrazione a monte a livello produttivo». Agricoltura di precisione, agricoltura 4.0, etica e integrazione con la logistica. Tutto per aumentare il potere negoziale e di contrattazione dei prodotti, ridurre le spese e accedere a nuove risorse economiche. In due parole? «L’unione fa la forza». (redazione@corrierecal.it)

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