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I governanti saggi e stimati e i giudici coraggiosi

Quando Mosè si trovò non più pronto a portare da solo in carico della guida del popolo verso la terra promessa, costituì dei capi tribù e li scelse fra gli uomini “saggi e stimati”. In questi nost…

Pubblicato il: 28/12/2022 – 13:13
di Nunzio Raimondi*
I governanti saggi e stimati e i giudici coraggiosi

Quando Mosè si trovò non più pronto a portare da solo in carico della guida del popolo verso la terra promessa, costituì dei capi tribù e li scelse fra gli uomini “saggi e stimati”. In questi nostri tempi d’oblio, di completo abbandono del giudizio circa le qualità salienti nella selezione di uomini saggi e stimati, ci troviamo di fronte, salvo rare eccezioni, a personaggi improbabili assurti, perlopiù con l’inganno ed il sotterfugio, a posizioni apicali. Com’è possibile liberarsi da questa sufficienza, da questa insostenibile modestia umana e culturale, per tornare ad apprezzare il valore della sapienza e perciò riconoscere fra gli uomini coloro che sono davvero degni di stima? Io penso che, aldilà delle vuote parole di cui s’ammantano gli scalatori d’ogni tempo, occorre tornare al disvelamento della verità. Perché chi agisce solo per il proprio interesse lo riconosci subito dal fatto che al termine delle proprie “imprese”, sale solo lui e, nemmeno si è seduto, che subito cerca di salire ancora, perché tiene solo al successo ed al potere per sé. Ecco che l’inganno, che peraltro ognuno ampiamente sospetta, si fa palese ed il raggiro si compie secondo programma. Una volta scalato il potere costoro diventano stimabili solo perciò ed anche se prima nessuno aveva avuto modo di apprezzarne le qualità, essi contribuiscono in maniera determinante a generare un progressivo ed inesorabile degrado generale delle qualità. E già, perché chiunque pretende di eguagliare questi “idioti” scalatori del potere, secondo l’andante: “se ha potuto lui perché non posso io…”, in una rincorsa a sprofondare nel ridicolo. Come aveva preannunziato un grande avvocato e scrittore catanzarese, siamo giunti alla “rivolta delle cose”: la stima è riservata ai furbi, i saggi sono messi all’indice. E ciò fino al punto d’indicarli ad esempio codesti modesti in tutto (nelle forme e nel merito), travisando la scorciatoia con la via maestra. Io appartengo ad un mondo ormai passato, quello nel quale, nel primo giorno di scuola al liceo classico, veniva il preside in classe per ammonirci: “studiate tanto e bene, perché voi siete la classe dirigente del futuro del nostro grande Paese”. E questa frase, forse sbagliando, l’abbiamo ripetuta ai nostri figli, quasi tutti superati a destra da gente qualunque che, al tempo, arrancava perfino fra l’Artistico e l’Alberghiero. Povera Italia! Anche per il mondo della giustizia, nel quale mi trovo ad operare da trentacinque anni, si è rivoltato il mondo. Agli inizi della mia Professione mi sembrò un sogno d’entrare a far parte di un mondo di persone coraggiose: avevo sempre sognato una realtà nella quale, sotto l’usbergo della legge, si può non avere timore per nessuno e dire tutta la verità. Anche questo l’avevo letto nella Sacra Scrittura: Quanto al peso “delle liti” Mosè, infatti, aveva dato un ordine ai giudici: “Ascoltate le cause de’ vostri fratelli, e giudicate con giustizia le questioni che uno può avere col fratello o con lo straniero che sta da lui. Nei vostri giudizi non avrete riguardi personali; darete ascolto al piccolo come al grande; non temerete alcun uomo, poiché il giudizio appartiene a Dio; e le cause troppo difficili per voi le recherete a me, e io le udirò” (Deuteronomio,cap.1, 16-17). Che disastro, tutto è avvenuto all’incontrario. E soprattutto ciò che più dovrebbe essere demanio dei giudici, d’agire con coscienza e coraggio, s’è trasformato, nella gran parte dei casi (grazie a Dio non in tutti…), in trascuratezza e codardia. Di questo degrado dei valori di base del nostro vivere comune siamo a mio avviso responsabili, per azione od omissione, un po’ tutti, ma non in pari misura. Di questo travisamento dei valori cardine, forse di più sono responsabili le agenzie educative e formative del nostro Paese, dove il merito è stato negletto a favore della scaltrezza, da capo a piedi. Sicché – aldilà degli slogan, ora perfino affibbiati ai nomi dei ministeri – ciò che non è più rinviabile è un ritorno all’etica del sacrificio ed a quella della responsabilità, senza le quali mai si potrà distinguere, ad intra e ad extra, la serietà ed il rigore dall’approssimazione e dalla superficialità: l’attacco più subdolo e viscido portato al bene comune. L’etica del sacrificio che non può non ispirare il servizio al bene comune: se non ti sei preparato per bene al compito e non hai le qualità per governare, non puoi metterti a mercanteggiare pur di stare a galla, perché, insieme all’effimero che ti riguarda, distruggi l’istituto che indegnamente rappresenti. L’etica della responsabilità deve per certo ispirare chi assume un compito d’affidamento e di garanzia di beni fondamentali: con la trasandatezza generatrice di grave ingiustizia non sprofonda nel baratro soltanto il malcapitato ma crolla inevitabilmente anche l’affidabilità della giurisdizione. Chi “maneggia” beni essenziali, come ad esempio la libertà e la salute, così come coloro i quali si propongono di servire il bene comune senza averne i mezzi, non può permettersi negligenze, cadute o rese, a detrimento dei più deboli: chi lo fa pensa, insensatamente, che non verrà il giorno nel quale dovrà rispondere di questo. E sbaglia.

*avvocato

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