Una fonte mai verificata sostiene che Stalin abbia detto alla radio nel 1945: «Ci vorrebbe un Pasquale Cavallaro in ogni contrada».
Pasquale Cavallaro, chi era costui? Figlio di un massaro, doveva essere sacerdote. Diventò maestro elementare e comunista rivoluzionario. Era anche amico della ‘ndrangheta che a quel tempo a Caulonia difendeva i poveri dai soprusi dei latifondisti. Nel 1945 aveva fondato la Repubblica di Caulonia armi in pugno e sperava di accendere la scintilla della rivoluzione in Italia. Durò solo 5 giorni quella repubblica, un prete fu ucciso e Cavallaro fu abbandonato dal Pci scontando dieci anni di carcere, molti anni dopo fu riconosciuta l’insufficienza di prove. I suoi figli emigrarono, come molti, da Caulonia.
Tra coloro che nel corso del tempo sono migrati ci sono anche le famiglie della nuova ‘ndrangheta di Caulonia, recentemente tornate alla ribalta per l’ultimo blitz che ha sgominato per l’ennesima volta il locale di Pioltello in Lombardia.
Pioltello a 15 chilometri del centro di Milano, cintura est, nella Martesana. Tre quartieri principali più cinque frazioni di differenti dimensioni. Al tempo del boom i 6000 residenti diventano 14000, negli anni Ottanta 30.000.
Qui, negli anni Sessanta, l’Immobiliare Milano lancia una specie di antesignano di Milano 2, “Città satellite” destinato al ceto medio. Senza piano regolatore i palazzoni di 9 piani, assenti i trasporti verso il centro, vengono destinati ad emigrati calabresi e veneti. Nasce un ghetto. I vecchi residenti vanno via appena possono, poi arrivano gli stranieri. In 40 palazzi a nove piani vivono 10mila persone, l’80 per cento delle quali straniere (l’intero Comune di Pioltello conta 37mila abitanti di cui 10mila stranieri) e non propriamente benestanti. In meno di un chilometro quadrato sono rappresentate 68 nazionalità.
Sono vittime e manovalanza della nuova ’ndrangheta. Facchini dei corrieri dei loghi globalizzati, pusher al dettaglio delle piazze di spaccio, vittime di usure ed elettori da assoldare ai propri progetti.
L’ultimo boss, Cosimo Maiolo, aveva schierato le sue pedine sul candidato del centrodestra per prendersi l’appalto del cimitero e avere peso in molte scelte. Nelle intercettazioni dell’ultima operazione scattata a dicembre c’è l’analisi della sua sconfitta.
«Vedi là, abbiamo perso noi, però abbiamo preso quasi 5mila voti». Eppure il centrosinistra ha «vinto con il 18% in più». Secondo il boss il motivo è il voto dei tanti extracomunitari residenti al multietnico quartiere Satellite di Pioltello grazie alle ristrutturazioni dei palazzi popolari volute dalla giunta: «Eh, hanno acchiappato gli extracomunitari… se sono 6mila aventi diritto. Ha fatto al Satellite i cappotti alle palazzine, quelli se li sono acchiappati tutti… e lì ci hanno fottuto». Ragionamento di lana grossa a fronte di un progetto di alto respiro di recupero della periferia attuato da una sindaca di centrosinistra riconfermata, una donna che al Satellite ci è nata e cresciuta e ne vuole il riscatto.
La ’ndrangheta a Pioltello la trovi in molte ordinanze storiche della Lombardia. Per esempio se leggi dell’Operazione “Dionisio” trovi Alessandro Manno, un nome che compare già nelle indagini sull’omicidio di Natale Rappocciolo, un calabrese che il 27 giugno 2009 venne ritrovato bruciato in via Piemonte a Seggiano (una frazione di Pioltello). A una quindicina di giorni dalla sua scomparsa l’autopsia raccontò che Rappocciolo fu assassinato con un colpo d’arma da fuoco alla nuca e solo successivamente dato alle fiamme.
Alessandro Manno e Cosimo Maiolo sono i reggenti del locale di Pioltello. Da queste parti l’epica della mala ancora racconta che trovò rifugio da latitante Renato Vallanzasca. Ma è fatto giudiziario che Manno organizza importazioni di carichi di cocaina nei porti di Amburgo e Anversa. Il referente è Feliberto Fabian Cuenca Rojas, rappresentante di un’organizzazione fornitrice colombiana in Lombardia. È della partita anche Guglielmo Fidanzati, figlio di Gaetano, capo del mandamento di Resuttana a Palermo, e spesso visto al bar The Prince di Pioltello. Le informative dei Ros spiegano bene l’incrocio tra calabresi e siciliani. I palermitani della famiglia Fidanzati, i catanesi della famiglia Fiorito e gli esponenti delle cosche gelesi Rinzivillo ed Emmanuello fecero accordi con Alessandro Manno, pur essendo quest’ultimo a dettar legge. Ai clan siciliani spettavano incarichi soprattutto di natura logistica, i più scomodi e rischiosi, relativi specialmente all’ingresso e al trasporto dei carichi di droga nel nord Italia. In più c’è un legame di sangue. Francesco Manno è sposato con Caterina Bonaffini, originaria di Petraperzia, in provincia di Enna. La famiglia Bonaffini secondo quanto dichiarato nel 2007 durante alcuni interrogatori dal collaboratore di giustizia Domenico Nista, avrebbe collaborato in certe occasioni con i Manno, riciclando denaro per conto di questi ultimi nel settore immobiliare.
Le roccaforti dei calabresi a Pioltello sono le frazioni di Seggiano e Limito, dove spesso si tengono riunioni e summit. Proprio a Limito una bomba in un condominio esplosa di notte tornò ad attirare l’attenzione degli investigatori nel 2018. Famiglie evacuate e tanta paura. Cosa era accaduto? Il figlio di un ecuadoregno si era ingegnato come promoter di gruppi musicali sudamericani mandando in perdita circa 70mila euro. Jimmy Algredo Mera Ganchozo ne parla con un vecchio compagno di scuola. Si chiama Roberto Manno, figlio di Francesco. Arrivano 20mila euro contanti. Il debito non viene onorato con interessi e il giovane ecuadoregno viene utilizzato per delle truffe.
Ma il ragazzo non regge la pressione e fugge in Sudamerica. Gli uomini del clan non possono permettere sgarri e il recupero crediti piazza la bomba nel condominio. I Manno e i Maiolo sono cugini.
I figli prendono il posto dei padri. Ma a Pioltello esiste anche una mobilitazione antimafia. Esattamente a dieci anni dell’ultimo blitz i locali delle famiglie confiscate diventarono sedi di un Centro di cultura popolare cui di notte qualcuno si premurò di infrangere le vetrate. Un giovane di Bellinzago, Mattia Ruffoni, allievo di Nando Dalla Chiesa, ha scritto la sua tesi di laurea “Insediamento e sviluppo delle organizzazioni mafiose nella Martesana. Il caso di Pioltello” che spiega bene molti contesti.
Come in Calabria a Pioltello la disoccupazione è alle stelle, è uno dei paesi della Lombardia con il reddito più basso in rapporto alla popolazione, il più povero della Martesana.
A Pioltello il locale di ‘ndrangheta riaprì il primo marzo del 2008 al ristorante “La cadrega” che ovviamente era situato a Limito. Le inchieste hanno riscontrato un efficiente servizio d’ordine di giovani che controllava le strade meglio che in Aspromonte. Erano saliti in molti da Caulonia e molti mandarono congratulazioni all’orientamento che si era assunto.
Ma a leggere le intercettazioni non tutti consideravano di rango Manno e Maiolo. I compari Panetta e Mandalari nel commentare il Locale di Pioltello affermano: «Come si fa ad aprire un cantiere senza avere geometri, ingegneri ed architetti qua sopra?». Ma sempre ’ndrangheta è. Chiedere a chi rifiutò le macchinette di famiglia o a quel signore che in un bar finì in ospedale dopo esser stato picchiato con una mazza da baseball da Cosimo Maiolo. «Aveva la testa spaccata – disse il Pm in udienza – ha avuto otto punti di sutura. Al pronto soccorso ha detto che era caduto dalla bicicletta e non ha nemmeno preso la malattia, ma le ferie per dodici giorni».
L’ultima inchiesta ci racconta che lo stesso clan si infilava nelle elezioni organizzando apericena nella pescheria di famiglia, voleva gestire i morti del Covid e lavoravano con i grandi loghi internazionali della logistica. Quaranta camion per i grandi evasori che non vogliono pagare tasse e contributi ai nuovi sfruttati che tanto somigliano agli umili di Caulonia che dovevano fare la rivoluzione nel dopoguerra.
Quelli della Rete Antimafia della Martesana in accordo con il consiglio comunale volevano consegnare la cittadinanza onoraria a Nicola Gratteri. Il 12 ottobre tutto era pronto ma una mail ha annunciato: «Le modalità di pubblicizzazione e gestione dell’evento, da parte dell’Associazione proponente non consentono margini ampi di sicurezza dei partecipanti ed in particolare del Procuratore Capo di Catanzaro Dott. Nicola Gratteri e la sua scorta». La manifestazione si è spostata nella vicina Casina de Pecchi, altro comune che invece ha potuto consegnare l’onorificenza. Proteste vibrate del centrodestra di Pioltello. Evidentemente Gratteri ha preferito evitare strette di mani imbarazzanti a due mesi dall’operazione di polizia.
A Caulonia, invece, Ilario Ammendolia voleva intitolare una piazza alla Repubblica di Caulonia. Proposta congelata. Certe manifestazioni a Pioltello e in Calabria vanno governate con prudenza. (redazione@corrierecal.it)
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