COSENZA L’emergenza sanitaria dettata dalla pandemia da Coronavirus ha rallentato ed in taluni casi pregiudicato la stabilità economica di imprese e imprenditori. La diffusione del covid ha avuto pesantissime ripercussioni anche per l’economia illecita dei clan, frenata dagli effetti del virus. A subire un sensibile rallentamento è ad esempio il settore estorsivo «dobbiamo andare a fare i ricchioni…. a diecimila euro…», lamenta (intercettato) il boss Francesco Patitucci. I guai per la mala cosentina non sono tutti riconducibili alla chiusura forzata delle attività economiche e produttive, il vero problema è rappresentato dai luogotenenti che si muovono con troppa autonomia, trattenendo somme a scapito della “bacinella” comune. Mentre i gruppi criminali bruzi si interrogano sul loro futuro, le ambulanze in fila stazionano dinanzi lo spazio antistante l’ingresso del pronto soccorso dell’ospedale Annunziata di Cosenza in attesa di consegnare alla cure mediche i pazienti risultati positivi.
Il bersaglio di Patitucci ha un nome ed cognome: Mario “Renato” Piromallo, considerato elemento di vertice del clan “Lanzino-Patitucci”. Quest’ultimo non ha mai avuto un gran feeling con il «delfino» di Patitucci, Roberto Porcaro, ma, a quanto pare, anche il capoclan mostra perplessità sul suo operato. «… Roberto è storto… però su cento cose… può essere stato esagerato su settanta… Ma secondo me le altre trenta… tanto sbagliate non sono…». Il problema per l’organizzazione criminale è concreto e Patitucci lo cristallizza: fino al 2004, solo le estorsioni del periodo pasquale assicuravano al gruppo tra «settanta e ottantamila euro», cifra oggi notevolmente ridotta. Il virus però pare solo una delle cause del calo dei profitti. E’ Antonio Illuminato a sottolineare – in una conversazione con Patitucci finita nelle carte dell’inchiesta “Reset” – come i profitti del racket siano esigui «una ventina di carte, venticinque…» e al riguardo prova a puntare il dito contro Roberto Porcaro e Michele di Puppo. Patitucci tenta la strada diplomatica: «Io palle di vetro non ne ho», ma davanti al richiamo del suo interlocutore aggiunge: «…lo sai qual è il fatto?… che purtroppo ad oggi… non c’è… come avevo detto a te… che dovevi prendere la cosa in mano……dimmi una cosa… se io alzo la voce… e qualcuno non sta… dopo che devo fare?… no… dimmelo tu?… Antò… vengo e ti tiro uno schiaffo e te lo dico?… ti do un appuntamento e non ti faccio trovare da nessuna parte…». Per chi indaga, il capoclan detta una regola ben precisa «non esiste altro metodo per punire chi “sgarra” se non la sua eliminazione fisica».
La storia della mala cosentina è piena di episodi e fatti di sangue legati al regolamento di conti ed alla definizione, con il sangue e con i proiettili, degli “sgarri”. Patitucci «è cosciente del fatto che il dialogo, le minacce o gli ammonimenti servono a poco» e che eventuali mancanze all’interno dell’organizzazione debbano essere risolte di petto. «Io le cose come me le curo non me le cura nessuno… se sono fuori…», dice il boss che aggiunge: «me la sucano tutti ad estorsioni… senza offesa… un mestiere che so fare… questo lo so fare… mi puliscono le scarpe…». Illuminato pare rinfrancato dalla reazione del leader e ricorda uno degli affari sui quali puntare: «… appena apre… cento euro a morto… cento euro a morto… ogni morto cento euro…». Il riferimento decisamente esplicito è al business delle onoranze funebri che Patitucci coglie senza troppe difficoltà, mostrandosi interessato ad una impresa con sede a Cosenza che «dovrà presto rendere conto in termini di conferimenti di denaro».
(f.benincasa@corrierecal.it)
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