COSENZA «Quanti e quante di noi invece di partire, vorrebbero restare? Quanti e quante, dopo un periodo fuori, vorrebbero tornare? Negli ultimi quindici anni, sono 2 milioni e mezzo gli italiani del Meridione che hanno fatto le valigie per cercare delle opportunità nel Nord Italia, persone esauste dalla precarietà in cui erano costrette a vivere qui al Sud o persone che sono addirittura cresciute con la certezza che prima o poi sarebbero partite. Chi parte sa bene cosa si prova a vedere i propri cari una o due volte all’anno, sa quanto è difficile lasciare i genitori anziani e amici di una vita. Ma soprattutto chi parte deve fare i conti con biglietti quadruplicati di prezzo durante le feste e con problemi familiari da affrontare da lontano». L’emigrazione “forzata” negli interessi de “La Base” di Cosenza, un movimento che non è soltanto un luogo, ma uno spazio politico dove apprendere, incontrare persone, conoscere e creare esperienze che possano accompagnare nei percorsi di lotta e di riscatto.
Sulla pagina Facebook il movimento ha pubblicato una riflessione sull’emigrazione forzata, accompagnata da un breve video di un autobus di linea a lunga percorrenza, in partenza dall’autostazione di Cosenza.
«Ma quali sono stati gli sforzi dei Governi che si sono succeduti in questi anni per impedire tutto questo? – si chiede La base nel post social –. Non sono mai stati fatti reali piani per creare posti di lavoro al Sud, posti di lavoro dignitosi e con tutte le tutele che dovrebbero esistere, solo tanta campagna elettorale e tanti investimenti che hanno arricchito imprenditori del Nord e devastato i nostri territori, inquinandoli e lasciando dietro di sé disoccupazione e malattie. Oggi vengono attaccati i percettori di Reddito di Cittadinanza, che a lavoretti in nero e sfruttamento hanno preferito un’entrata minima sicura con cui è appena possibile sopravvivere. Lo sanno bene coloro che hanno sempre trovato le porte dei Centri per l’impiego chiuse, come lo sono quelle di Cosenza oggi. Dopo un secolo di emigrazione – prosegue il post de La Base – quello che resta della nostra terra sono i paesi e le città vuote, gli anziani nelle centinaia di RSA, pochi giovani che cercano di resistere, perché è così che devono essere le colonie: luoghi dove estrarre ricchezza, estrarre risorse umane e naturali, dove costruire brutti villaggi turistici dove si lavora per qualche mese all’anno. Tutte e tutti – terminano – dovrebbero avere la libertà di scegliere se partire o se restare e non vogliamo più restare in silenzio».
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