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le indagini

«A Cutro sono un eroe». I rapporti (per soldi) tra gli “ex nemici” Dragone e Grande Aracri

Dall’omicidio del capobastone nel 2004 ai nuovi contatti tra clan contrapposti. «Fanno affari insieme, i lauti profitti prima di tutto»

Pubblicato il: 10/01/2023 – 13:09
di Pablo Petrasso
«A Cutro sono un eroe». I rapporti (per soldi) tra gli “ex nemici” Dragone e Grande Aracri

CROTONE «A Cutro mi vedono come un eroe. Tutto per la storia di mio nonno. Mi vedono come un eroe». Giuseppe Todaro ha 37 anni, è un architetto libero professionista e, dall’agosto 2014 al dicembre 2021, ha lavorato come tecnico aggiuntivo esterno negli uffici tecnici dei comuni mantovani ricadenti nel cratere sismico. Si è occupato dell’istruttoria delle istanze di contributo regionale per la ricostruzione dopo il sisma del 2012. Affari in provincia di Mantova, testa e radici piantate nel Crotonese. Non deve essere una brutta sensazione quella di sentirsi un eroe. La frase di Todaro, però, riporta a un passato buio ed evidenzia «i rapporti di parentela tra l’indagato e soggetti certamente appartenenti (con ruoli di spicco) alla cosca Dragone di Cutro, storicamente contrapposta a quella dei Grande Aracri». L’ordinanza della Dda di Brescia che ha disposto l’arresto per dieci persone ricorda legami più o meno prossimi. Innanzitutto quello con Antonio Dragone, «nonno materno dell’indagato e indiscusso capo bastone della cosca, ucciso nel contesto di un agguato ‘ndranghetistico a Cutro il 10 maggio 2004». Quel delitto, rievocato di recente dal pentito Giuseppe Liperoti nel processo “Grimilde”, davanti al Tribunale di Reggio Emilia, marca l’ascesa del capocosca Nicolino Grande Aracri a Cutro. E ridisegna gli equilibri criminali nel Crotonese. Un agguato in grande stile: quattro autoblindate comprate per l’omicidio del 61enne e il supporto – logistico ed economico – fornito da alcuni fiancheggiatori. Quell’omicidio è una delle sliding doors della storia della ‘ndrangheta, un cambiamento nello scenario che si riflette anche sulle propaggini dei clan al Nord. Da Crotone a Reggio Emilia fino a Mantova. E di nuovo giù a Cutro dove, quasi 20 anni dopo, Todaro – parole sue – viene visto come un eroe grazie alla storia di suo nonno. 

I rapporti tra ex nemici giurati in nome dei «lauti profitti»

Il tempo e gli affari in corso cambiano le relazioni e anche gli effetti di quella sliding door si attenuano. Nel presentare la figura di Raffaele Todaro, padre del tecnico che costituisce il «baricentro» delle attività criminali, il gip distrettuale sottolinea che persistono rapporti tra i Todaro e la famiglia di provenienza e, più in generale, con soggetti (insediati nel Reggiano o nelle aree limitrofe) affiliati o comunque collegati alla cosca Dragone e alla stessa cosca Grande Aracri. Una circostanza, si legge nell’ordinanza, che «non deve sorprendere, considerando che – specialmente nei territori di più recente insediamento mafioso e a maggiore vocazione imprenditoriale – il profilo affaristico del sodalizio è destinato a prevalere (salvo casi eccezionali) su quello, per così dire, “azionista”». Faide bloccate in favore degli affari in comune. Odio seppellito sotto montagne di denaro: «la prospettiva di poter ottenere congiuntamente, avvalendosi della forza di intimidazione del contesto malavitoso di provenienza, lauti profitti da spartire tende a coalizzare tra loro soggetti formalmente appartenenti a cosche contrapposte». Sono «segnali di commistione» che erano «già emersi» anche in processi come “Pesci” ed “Amelia”.  Gli investigatori parlano di «relazioni d’affari tra i Todaro e membri del sodalizio avverso» che sarebbero «attestate anche nelle sentenze del giudice amministrativo pronunciate sui ricorsi degli indagati contro i provvedimenti prefettizi antimafia applicati nei loro confronti». E poi ci sono «i numerosi contatti telefonici intrattenuti dai Todaro» con soggetti «legati alla cosca Grande Aracri», assieme alle «molteplici segnalazioni per operazioni sospette riferite a movimentazioni bancarie effettuate da Raffaele Todaro» da cui emergono affari con persone ritenute vicine al clan “nemico”. Un dato – quello della contrapposizione – che pareva fissato nella geopolitica mafiosa. Il business, però, mette in sordina anche le inimicizie più antiche. (p.petrasso@corrierecal.it)

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