CROTONE «Gli ho dato meno contributo… i contributi a metà… gli ho tagliato le cose giuste». Era il «perno del sistema concussivo-corruttivo accertato»: viene così definito, nell’ordinanza della Dda di Brescia, Giuseppe Todaro, classe 1987, pubblico ufficiale con la carica di tecnico istruttore dall’agosto 2014 fino al 31 dicembre 2021 nei comuni compresi nel cosiddetto “cratere sismico” della provincia di Mantova e legato alla cosca Dragone di Cutro – storicamente contrapposta a quella dei Grande Aracri – in quanto nipote del boss del capo bastone Antonio Dragone, suo nonno materno, ucciso in un agguato ‘ndranghetistico nel 2004. Responsabile «dell’istruttoria delle istanze di contributo regionale per la ricostruzione e la ristrutturazione di immobili danneggiati dal terremoto del 2012», il 36enne – secondo gli inquirenti dell’inchiesta “Sisma” che questa mattina ha portato all’arresto per dieci persone – avrebbe messo in atto uno schema collaudato che prevedeva l’elargizione del contributo pubblico ai richiedenti solo a condizione che affidassero i lavori di ricostruzione a delle società facenti capo al tecnico istruttore e al padre di questi. Le società, che di fatto sarebbero state gestite dal padre del pubblico ufficiale, erano intestate a prestanome per evitare il diniego di iscrizione nella white list.
Le indagini hanno preso il via dalle vicende che ruotano attorno alla ristrutturazione di un immobile di Magnacavallo e lesionato nel terremoto del 2012. Un episodio che secondo quanto emerso dimostrerebbe la tentata concussione ai danni del proprietario dell’immobile e di un geometra. «Ti posso venire incontro, consegna la pratica perché io ho urgenza di presentarla alla Regione», le parole di Todaro al professionista «intenzionato a non sottostare a diktat del pubblico ufficiale», che poco dopo lo avrebbe invitato a seguirlo all’esterno del municipio, dove – scrivono gli inquirenti – «senza molti giri di parole gli aveva rappresentato che sarebbe potuto “venirgli incontro”, incrementando il contributo parametrato sulla superficie di 120 mq (pari, si è detto, a circa 156.000 euro) di un importo pari al 10% per difficoltà di cantiere (così da arrivare ad una somma complessiva di circa 176.000 euro), a condizione che il professionista avesse conferito l’incarico per l’esecuzione dei lavori all’impresa edile denominata “Bondeno”», società riconducibile alla famiglia dell’architetto legato ai Dragone. In un secondo incontro poi Todaro aveva anche promesso, se il “tentativo” fosse andato in porto, «controlli più blandi sulla contabilità dei lavori».
«Sprezzante» l’atteggiamento di Todaro nei confronti del geometra, «unico professionista – sottolineano gli inquirenti – che risulta essersi opposto frontalmente ed efficacemente ai suoi contegni prevaricatori o comunque abusivi». «Gli ho detto: guardi, qui a Villa Poma lavorano tre imprese bene, se vi volete consigliare…, c’è questa impresa che lavora molto bene, ha fatto la villa più importante di Villa Poma e se volete vi metto in contatto…», afferma Todaro in una conversazione intercettata. Il geometra avrebbe, tuttavia, inaspettatamente optato per una diversa soluzione, suscitando lo sconcerto del pubblico ufficiale: «Se io ti dico una ditta è brava a fare i lavori eccetera […] che tu glielo hai fatto fare a quella ditta, senza parlare». A ciò era, quindi, seguita una rideterminazione da parte di Todaro, del contributo pubblico, notevolmente decurtato rispetto ai calcoli iniziali: «Gli ho dato meno contributo… i contributi a metà… gli ho tagliato le cose giuste […] Gli ho dato meno contributi e sta rompendo il cazzo… per parlare in questa maniera tu sei un pazzo… tu l’hai preso come ripicca». Un racconto «distorto», si legge nell’ordinanza, in quanto costituito da passaggi «riletti in modo distorto e favorevole alla posizione del pubblico ufficiale», ma che secondo gli inquirenti rivelano la “cifra” dell’azione amministrativa di Todaro, che si preoccupa di «nascondere all’interlocutore le minacce rivolte al geometra, ma non mostra scrupoli nell’ammettere la propria indebita ingerenza nelle procedure di scelta delle imprese esecutrici dei lavori da parte dei privati, anche mediante la proposta di accordi collusivi».
Sarebbe invece andato a segno un altro tentativo di concussione ai danni di un geometra che aveva raccontato al collega vittima del tentativo prima descritto di aver ceduto alle pressioni del pubblico ufficiale per paura. L’uomo, scrivono gli inquirenti, raccontò di avere «accettato di far lavorare l’impresa impostagli dal Todaro per non avere problemi» e perché aveva «avuto paura in considerazione del fatto di avere un bambino piccolo». La pratica aveva portato all’erogazione un contributo pubblico di oltre 200mila euro, di cui oltre 190mila effettivamente incamerati dalla Bondeno s.r.l.s., come risulta dall’analisi del rapporto di conto. Il geometra, che ha raccontato di essersi sentito «pressato» dal pubblico ufficiale «al punto di vedersi privato della libertà di scegliere secondo la sua volontà e quella della committente», aveva scoperto dei legami di Todaro con la ‘ndrangheta e con il boss cutrese assassinato. «Circostanza che – scrivono gli inquirenti – lo aveva profondamente turbato e preoccupato, al punto da renderlo disposto ad accondiscendere ad ogni richiesta». (redazione@corrierecal.it)
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