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L’ascesa militare dei “Banana”. «Eravamo sempre armati a Cosenza se c’era qualche cosa da fare»

Il pentito Celestino Abbruzzese. riferisce della disponibilità di armi di fratelli e parenti. «L’organizzazione aveva due divise dei carabinieri»

Pubblicato il: 10/01/2023 – 7:00
di Fabio Benincasa
L’ascesa militare dei “Banana”. «Eravamo sempre armati a Cosenza se c’era qualche cosa da fare»

COSENZA «Noi fratelli “Banana” abbiamo sempre camminato armati dentro Cosenza se c’era qualche cosa da fare». Ipse dixit. La confessione del pentito Celestino Abbruzzese alias “Micetto” non lascia spazio a complesse o fantasiose ricostruzioni, ma cristallizza un fatto: la disponibilità di armi della famiglia “Banana”, in particolare di suo fratello Marco Abbruzzese detto “Lo Struzzo”.
A rafforzare le dichiarazioni del collaboratore di giustizia è anche il pentito Vincenzo De Rose che ha toccato con mano la pericolosità dei fratelli. «L’organizzazione è armata fino ai denti e ha la disponibilità anche di due divise dei Carabinieri perché me lo ha detto Marco Abbruzzese che è un patito di armi, lui mi ha detto che qualsiasi arma mi capitava glielo dovevo dire perché lui se la sarebbe comprata. Prima del suo arresto del 2013 aveva comprato 10.000 euro di armi e ha la disponibilità di numerosissime armi, tra cui kalashnikov, pistole cal. 38, 9×21, 357 magnum, 7.65, oltre a giubbotti antiproiettile, recentemente mi aveva proposto di trovare due persone per sottrarre la pistola ad un vigilantes che lavora al ponte di Calatrava; per rapinarlo lui stesso avrebbe messo a disposizione una pistola; io anche in questo caso mi sono rifiutato, anche perché ero agli arresti domiciliari».

L’ascesa militare dei “Banana”

Nei primi anni 2000, il clan degli “Zingari” consolida il potere anche in virtù del supporto fornito dai loro parenti di Cassano allo Ionio. «C’è sempre stato un rapporto di mutua assistenza tra le due famiglie Abbruzzese di Cassano allo Ionio e Cosenza», ha avuto modo di sostenere il collaboratore Luciano Impieri. Che poi approfondisce l’argomento: «Collaborano nel senso che si aiutano tra loro in caso di contrasto con gli “Italiani”. In particolare commettono attività illecite che consistono in omicidi, traffico di sostanze stupefacenti e traffici di armi. Attualmente gli Zingari uniti sono diventati un gruppo molto forte e come elemento deputato a sparare c’è Marco Abbruzzese». La narrazione del collaboratore prosegue e il discorso si sposta sulla disponibilità di armi da parte del clan dei “Banana”. «Tra il 2013 ed il 2014, Luigi Abbruzzese ha fatto recapitare a Maurizio Rango, un fucile kalashnikov con silenziatore, il quale lo avrebbe dovuto utilizzare per l’omicidio già programmato di Tonino Abbruzzese detto “Strusciatappine”. Questo fucile kalashnikov, Rango me lo ha consegnato e io l’ho custodito in casa mia per due giorni, dopo l’ho ridato a Rango e non so che fine abbia fatto…».

Le divise da carabiniere

Il 29 marzo del 2018, le forze dell’ordine scoprono un arsenale di armi e munizioni la cui proprietà sarà poi attribuita da Celestino Abbruzzese al fratello Marco. La santabarbara era stata rinvenuta in una delle auto in uso ad Alberto Novello «custode per conto del nuovo proprietario delle armi, un soggetto pregiudicato, che a sua volta le aveva acquistate proprio da Abbruzzese». Il 21 novembre del 2014, racconta il pentito: «Quando è stato arrestato mio zio Nicola Bevilacqua con le due pistole, un giubbotto antiproiettile e la droga del tipo eroina e cocaina, in realtà le armi e la droga erano dei miei fratelli Luigi, Nicola e Marco nonché di mio cognato Antonio Abbruzzese; il giubbotto antiproiettile glielo avevo dato io a mio fratello Marco per conservarlo».
Il racconto sarà confermato anche dal collaboratore Giuseppe Zaffonte: «Sono in grado anche di riferire circa il ritrovamento di un giubbotto anti-proiettile armi e droga rinvenuti dai Carabinieri di Cosenza Nord ad un parente dei “Banana” e, che so per certo che quelle cose erano di Marco Abbruzzese, per come mi fu detto da lui stesso». Il collaboratore avrà modo di fornire ulteriori dettagli: «Nel raccontarmi il fatto, Marco mi sembrò molto ansioso, per timore che le investigazioni successive o l’eventuale confessione dell’arrestato, potessero coinvolgerlo. Posso riferire inoltre che le armi la droga ed i serbatoi dei kalashnikov rinvenuti all’interno di un sottotetto del palazzo dove abitano i “Banana” a Cosenza, sono riconducibili a loro stessi, perché mi fu confidato da qualcuno di loro».
(f.benincasa@corrierecal.it)

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