LAMEZIA TERME «Esistono delle conversazioni nell’ambito delle quali Antonio Cerra offre in vendita o fa riferimento, interloquendo con Pasquale Rondinelli, ad una “Bernardelli Gardone”? Esistono delle captazioni ambientali, telefoniche o di qualunque tipo, nell’ambito delle quali si fa riferimento alla disponibilità di Antonio Cerra a vendere a Pasquale Rondinelli una pistola Bernardelli Gardone o Pasquale Rondinelli chiede a Cerra una Bernardelli Gardone?». «Mi pare di no». Inizia da questo punto il controesame, in aula bunker, da parte dell’avvocato difensore Aldo Ferraro nei confronti del maresciallo del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della GdF di Catanzaro Antonio Micale, nel corso del processo “Imponimento” contro la cosca Anello-Fruci.
«Le chiedo – ha proseguito Ferraro – tra le armi che sono state sequestrate ai Rondinelli il 9 novembre del 2017, quindi dopo questo episodio del 23 settembre, a distanza di due mesi, c’è stata una perquisizione dai Rondinelli, giusto? Ed è stata rinvenuta tra le armi che avete posto in sequestro una Smith & Wesson?» «No». La vicenda sottolineato dal legale riguarda, in questo caso, la conversazione tra Antonio Dastoli e Pasquale Rondinelli da cui si evincerebbe la consegna di armi per un intervento di manutenzione risalente al 15 settembre 2017. Il 23 settembre viene captata poi un’altra conversazione tra Rondinelli che, rivolgendosi al padre e al fratello dice “No, quella l’ha portata per vedere se si può sistemare il percussore”. «Ne parla – spiega Micale – dopo l’incontro con Cerra ma al momento della conversazione Antonio Cerra non era presente». Ma l’avvocato Aldo Ferraro, sempre in riferimento alla detenzione di armi, incalza il maresciallo: «Tra le armi che sono state sequestrate ai Rondinelli il 9 novembre del 2017, quindi dopo questo episodio del 23 settembre, a distanza di due mesi, c’è stata una perquisizione dai Rondinelli, giusto? Ed è stata rinvenuta tra le armi che avete posto in sequestro una Smith & Wesson?». Anche in questo caso il finanziere risponde negativamente.
L’avvocato Ferraro, poi, analizza un altro punto e cioè il possesso, da parte di Antonio Cerra, del porto d’armi. «Sì – risponde Micale – c’è una denuncia di armi e munizioni e materie esplodenti indirizzata al Commissariato di Pubblica Sicurezza di Lamezia Terme in data 27 luglio del 2016 da parte di Antonio Cerra». «E tra questa armi – chiede Ferraro – c’è anche una Smith & Wesson?» «Qui risulta una Smith & Wesson Lady Smith» risponde Micale. C’è poi un’altra denuncia di armi, munizioni e materie esplodenti al Commissariato di Pubblica Sicurezza di Lamezia Terme, datata 23 novembre 2012, a nome Francesco Cerra che è poi il padre di Antonio. «Può dire cortesemente al Tribunale – incalza l’avvocato Ferraro – tra queste due denunce, quelle del padre e quella del figlio, quante pistole detenessero legalmente? Se somma, per favore, quelle del primo foglio e quelle del terzo?» «L’ultima a denuncia è del 27 luglio del 2016 e a questa data denunciava cinque fucili e tre pistole. E alla data del 23 novembre 2012, il padre aveva tre pistole e un fucile». «Era al corrente – chiede l’avvocato Ferraro a Micale – o era investigativamente emerso che Antonio Cerra fosse titolare addirittura di porto d’armi?» «No».
«Andando oltre, il 23 settembre, passando alle intercettazioni, quando si verifica l’incontro tra Antonio Cerra e Pasquale Rondinelli, le chiedo: Rondinelli si trovava già presso la sua abitazione o proveniva anche lui da fuori?» chiede Ferraro e Micale replica: «Quando si sentono telefonicamente per prendere appuntamento, Rondinelli gli dice che non si trova a casa e che sarebbe rientrato intorno alle diciannove e trenta (…) la telefonata tra i due non preludeva uno scambio di armi». «E poiché è pacifico – afferma l’avvocato Ferraro – che Rondinelli venisse da fuori, c’è qualche dato che consente di affermare univocamente che quelle armi siano state consegnate a Rondinelli da Antonio Cerra?» «Vi era stata una precedente conversazione in cui Antonio Cerra aveva detto che avrebbe consegnato un’arma a Rondinelli per la manutenzione» nota il finanziere ma l’avvocato Ferraro ricorda che si parlava di armi, di più armi «ma – chiede – questa discussione tra i Rondinelli, che è avvenuta abbiamo capito in assenza di Cerra, è avvenuta innanzitutto immediatamente dopo l’andata via di Cerra, o è avvenuta a distanza di minuti?» «Trenta secondi dopo» spiega Micale. «Senta – chiede ancora Ferraro a Micale – all’interno di quell’abitazione in quel momento risulta anche da questa stessa captazione che cosa si stesse facendo e chi erano i presenti?». «Durante questa captazione – spiega il maresciallo Micale – emerge che il padre e il fratello di Rondinelli stessero sistemando qualche cosa all’interno dell’abitazione con negli attrezzi (…) quando Pasquale Rondinelli rientra e Cerra era appena andato via, dentro l’abitazione si sentiva qualcuno colpire con un martello un oggetto non meglio specificato». L’avvocato Aldo Ferraro, nel corso del controesame, chiede ancora a Micale: «C’è prova che Antonio Cerra sia mai entrato in quell’abitazione, quella sera o altre sere? Quella sera, anzi, il 23 settembre?» «Per quello che ci è merso, dentro la casa no» risponde il finanziere. E incalza ancora: «Investigativamente voi registrate l’incontro tra Antonio Cerra e Pasquale Rondinelli a un determinato orario, diciannove e quarantatrè è l’orario preciso, e poi registrate che all’interno di casa dei Rondinelli si parlasse di armi. È questa consecutio che vi consente di dire, di ipotizzare che le armi di cui parlavano i Rondinelli dentro casa fossero state loro consegnate dal Cerra?» «In quella data sì» risponde il finanziere.
«Ci sono altre risultanze o c’è solo questa, l’incontro?» chiede Ferraro. «Ci sono poi delle conversazioni tra Rondinelli e Vincenzo Denisi in cui si fa riferimento a un’arma di cui Rondinelli è in possesso e che dice di avere avuto da Tonino» spiega Micale «conversazioni registrate il 7 ottobre del 2017». «E l’avete rinvenuta questa arma?» chiede l’avvocato Ferraro «né presso la guardiola e né presso l’abitazione di Rondinelli?». «Non è stata rinvenuta presso l’abitazione di Rondinelli – spiega Micale – ma è un’arma che era occultata all’interno della guardiola del Garden Resort, che però non è stata rinvenuta». «Maresciallo – chiede ancora Ferraro – la guardiola è stata perquisita? L’avete rinvenuta?» «No, non è stata rinvenuta, ma c’era».
Altro castello accusatorio che l’avvocato Aldo Ferrara ha cercato di far crollare è quello relativo alla trasferta a Gioia Tauro dove – secondo l’accusa – Antonio Cerra avrebbe acquistato due armi e Rondinelli una. «Ci sono delle conversazioni – spiega Micale – successive alla data del 16 ottobre 2017 in cui praticamente di ciò che avevano acquistato in quella data sia lui che Pasquale Cerra, Rondinelli ne parla con Francesco Iannazzo». «A questa conversazione ha partecipato Antonio Cerra o è una conversazione che interviene tra altri?» chiede Ferraro. «No – risponde Micale – avviene tra Rondinelli e Iannazzo, ma Iannazzo spiega di avere parlato con Cerra e di essere già al corrente di ciò che avevano acquistato a Gioia Tauro». Il controesame condotto da Ferraro mette a fuoco proprio il presunto acquisto di armi a Gioia Tauro da Giovanni Bevilacqua. «Le chiedo: c’è qualche dato investigativo che consenta di affermare che dopo l’allontanamento del Bevilacqua Giovanni egli si sia nuovamente incontrato con Antonio Cerra e Pasquale Rondinelli?». «Dalle conversazioni captate – risponde Micale – non ci sono elementi che fanno emergere ciò». «E questa 46 spagnola di cui si parla nelle intercettazioni – chiede infine l’avvocato Ferraro – è stata poi rinvenuta presso l’abitazione dei Rondinelli che hanno patteggiato e hanno già concluso, hanno già definito quella vicenda processuale?» «La pistola? No» conclude Micale. (g.curcio@corrierecal.it)
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