Ultimo aggiornamento alle 10:42
Corriere della Calabria - Home

I nostri canali


Si legge in: 7 minuti
Cambia colore:
 

l’intervista

Bombardieri: «I mafiosi non sono soltanto al Sud»

di Paola Militano

Pubblicato il: 13/01/2023 – 6:25
di Paola Militano
Bombardieri: «I mafiosi non sono soltanto al Sud»

REGGIO CALABRIA È «pacifico» che i mafiosi non siano soltanto al Sud. E il tema si afferma ormai in tutto il mondo. Ma è altrettanto vero che «non c’è ‘Ndrangheta senza la Calabria». E che il fenomeno è ormai complesso, ramificato, presente in più livelli, anche istituzionali. Protetto da una “ipocrisia sociale” che è uno dei (tanti) nemici da combattere. Il procuratore capo della Dda di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri racconta, in questa intervista, acquisizioni e prospettive investigative su quella che viene ormai ritenuta la più potente organizzazione criminale del mondo.

Procuratore, ne parlò per primo Giovanni Falcone: degli ostinati “ibridi connubi tra criminalità organizzata, centri di potere extraistituzionali e settori deviati dello Stato”, del coacervo di interessi emerso anche in Meta, Gotha e ‘Ndrangheta stragista, ma quanti di questi “ibridi connubi” resistono ancora oggi?
«È evidente come le indagini, i processi, intervengano a reprimere fenomeni criminali già realizzatisi. E in questo la nostra esperienza complessiva, a prescindere dai singoli procedimenti e processi di cui, naturalmente, non parlo, ci consente di affermare che questi “connubi ibridi” sono quelli che hanno consentito alle mafie di prosperare; hanno consentito alle mafie di pianificare i loro affari e di porsi come reali referenti ai tavoli in cui si discuteva di sviluppo economico di intere aree della Calabria. 
Oggi sicuramente esistono ancora questi “connubi ibridi”, anzi in alcuni casi si deve parlare di veri e propri fenomeni di “immedesimazione” e il nostro lavoro è proprio quello di individuarli e perseguirli; ma certamente non siamo più all’anno zero. L’esperienza giudiziaria ci porta a dire che sono mutate le forme di aggregazione di questi fenomeni criminali di diversa provenienza; sono forse ancora più difficili da individuare perché il pericolo dell’attenzione giudiziaria li ha resi, se possibile, ancora più “invisibili” all’esterno, e in gran parte anche all’interno delle organizzazioni criminali ‘ndranghetiste stesse».

Le inchieste e poi i processi in questi anni raccontano di una ‘ndrangheta “segreta” sconosciuta persino agli stessi affiliati (come accade per le logge “coperte” che si trovano all’ombra di quelle ufficiali). In che misura siete riusciti a dare un volto e un nome ai soggetti appartenenti al livello degli invisibili?
«È quello che dicevamo. Forse non è del tutto corretto parlare di “’ndrangheta segreta”, è necessario parlare di “livelli” superiori all’interno della ‘Ndrangheta che non sono noti ai livelli inferiori della stessa ‘Ndrangheta. Il fatto che, in posizione sovraordinata alla ‘ndrangheta militare, operi una ‘Ndrangheta, come detto, di livello superiore, con una dimensione riservata, è una certezza processuale, già riconosciuta da diverse sentenze.
È evidente che ai livelli “riservati” della ‘ndrangheta operino soggetti processualmente “sfuggenti”,  che adottano eccezionali cautele, proprio al fine di eludere le investigazioni.
Peraltro proprio la circostanza che tali stessi soggetti siano ignoti, e, comunque, non abbiano relazioni con gli associati che operano  ai “livelli inferiori”, rende più difficile la possibilità che la loro identità emerga dalle dichiarazioni di coloro che, negli ultimi anni, hanno intrapreso percorsi di collaborazione con la giustizia.
Tutto questo ha reso, e rende, l’identificazione di tali soggetti enormemente difficile e ha comportato, anche di recente, vicende processuali complesse e travagliate».

massoneria_ndrangheta_templari_ugolini_virgiglio_gelli

E quel “modo di mezzo” in cui convivono ‘ndrangheta e massoneria, dove si decidono strategie e affari che si traducono in sostegno politico, in quanti lo conoscono e in quanti fanno finta di non vedere?
«Le emergenze investigative e processuali degli ultimi anni hanno confermato la spiccata capacità di relazione della ‘ndrangheta con il mondo dell’imprenditoria, della politica e delle istituzioni, talvolta attraverso legami massonici che fanno da collante tra i protagonisti di tali trame illecite. Basta leggere alcune intercettazioni già oggetto di vicende processuali concluse o le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia che a quel mondo appartenevano, per comprendere l’importanza che i vertici delle organizzazioni ‘ndranghetiste hanno attribuito alle relazioni con esponenti del mondo della massoneria: che potevano, evidentemente, favorire gli affari e, a volte, anche garantire inquinamenti processuali.   
Nel campo delle relazioni poi, la ‘ndrangheta continua a dialogare proficuamente con  alcuni soggetti del mondo della politica e con alcuni pubblici funzionari e, talvolta, non si tratta di un mero dialogo o di un’ambigua tolleranza, ma di una piena compenetrazione, in una inquietante confusione di ruoli che porta il mafioso ad assumere direttamente o indirettamente posti di responsabilità anche in importanti settori per la gestione della cosa pubblica.
Occorre però fare molta attenzione a non “criminalizzare” la “politica” o i “pubblici funzionari”: in realtà si tratta di singoli soggetti la cui “debolezza”, appunto, politica, li induce a richiedere per poter emergere l’appoggio della ’ndrangheta, risultando, poi, evidentemente e necessariamente, a disposizione della stessa. 
Oggi però non ci sono più alibi. Fino a qualche anno fa, si poteva dar credito a chi – trovandosi immischiato nel “mondo di mezzo” in cui quelle illecite trame sono coltivate – invocava a sua discolpa l’affidamento verso soggetti “insospettabili”.
Si è presto compreso, però, che molto spesso certe cointeressenze erano il frutto di una diffusa “ipocrisia sociale”, in forza della quale molti sapevano e facevano finta di non sapere».

«È ormai di dominio pubblico che la ‘ndrangheta non riguarda più solo la Calabria perché da decenni comanda anche nelle regioni del Nord dove si continua a registrare una esponenziale crescita economica corrotta. Non crede sia arrivato finalmente il momento di affermare che i mafiosi non sono solo al Sud?»
«Che i mafiosi non sono solo al Sud è un dato ormai pacificamente affermato nelle sentenze di molti Tribunali del Nord Italia. Ma dirò di più: con sempre maggiore consapevolezza anche all’estero ci si rende conto che la Criminalità Organizzata Italiana è un problema anche loro. Nella scorsa primavera ho partecipato a Melbourne a una Conferenza internazionale sul Crimine Organizzato Italiano, e in particolare sulla ‘Ndrangheta, in cui erano presenti le Polizie Giudiziarie di numerosissimi Paesi europei ed extraeuropei. Bene, ho avuto modo di rilevare che, finalmente, anche in quegli Stati si inizia ad affrontare il problema delle proiezioni della ‘Ndrangheta nel mondo con maggiore consapevolezza. Quello che fino ad epoca, anche recente, da molti Stati, europei ed extraeuropei, era considerato un problema solamente italiano, per non dire calabrese,  oggi viene attenzionato come un serio problema anche loro, per la capacità della ‘Ndrangheta stessa di infiltrarsi nella società, nell’economia e persino nelle Istituzioni.  Certamente in questa presa di coscienza hanno influito importantissime attività investigative svolte in quegli stessi Stati, che hanno messo a nudo la capacità di infiltrazione nei loro territori della criminalità organizzata italiana. E hanno avuto il merito di far acquisire questa maggiore consapevolezza anche interessanti iniziative  internazionali di Interpol come il progetto ICan, in cui l’Italia svolge un ruolo fondamentale, che mirano ad accrescere in tutti gli Stati in cui Interpol è presente,  attraverso la conoscenza della ‘Ndrangheta e del suo modus operandi, la consapevolezza dei gravissimi pericoli, in particolare per l’economia legale, che conseguono alle sue infiltrazioni. 
Rimane però un dato incontrovertibile: la ‘Ndrangheta non è solo in Calabria, ma non può esserci ‘Ndrangheta senza la Calabria. Come le più recenti indagini hanno confermato – nonostante l’espansione e le proiezioni anche internazionali, sempre più penetranti e proficue – la provincia reggina resta la “casa madre”, il luogo da cui tutto criminalmente si dipana, da dove, ancora oggi, viene la legittimazione di ogni organizzazione ‘ndranghetista in qualsiasi parte del mondo essa operi  e dove si assumono le decisioni finali».

Intravede da parte di questo Governo politico una vera scelta di contrasto alle mafie?
«Penso che sia ovvio ritenere che il Governo scelga di contrastare le mafie, e c’è tanto da fare. Intanto l’intervento in tema di benefici penitenziari ex art. 4 bis O. P. (il regime ostativo, ndr) è un segnale positivo importante, pure alla luce della necessità di adeguare la normativa a seguito della  pronuncia della Corte Costituzione in materia e anche se, probabilmente, l’esperienza ci dimostrerà che ci sono alcune cose da rivedere, ad esempio in relazione all’iter di accertamento dei presupposti per i benefici medesimi». (paola.militano@corrierecal.it

Argomenti
Categorie collegate

Corriere della Calabria - Notizie calabresi
Corriere delle Calabria è una testata giornalistica di News&Com S.r.l ©2012-. Tutti i diritti riservati.
P.IVA. 03199620794, Via del Mare, 65/3 S.Eufemia, Lamezia Terme (CZ)
Iscrizione tribunale di Lamezia Terme 5/2011 - Direttore responsabile Paola Militano
Effettua una ricerca sul Corriere delle Calabria
Design: cfweb

x

x