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La riflessione

Il ritorno alle origini come forma di turismo

L’Italia si sa è un paese che identifica nel turismo uno dei sui principali asset economici. Negli ultimi anni, tra le diverse forme di turismo sta riscuotendo particolare successo il così detto “…

Pubblicato il: 13/01/2023 – 16:16
di Domenico Lo Duca
Il ritorno alle origini come forma di turismo

L’Italia si sa è un paese che identifica nel turismo uno dei sui principali asset economici. Negli ultimi anni, tra le diverse forme di turismo sta riscuotendo particolare successo il così detto “Turismo delle radici o di ritorno”. Si tratta di un modo di viaggiare legato al fenomeno migratorio che vede gli emigranti e i loro discendenti tornare nelle terre d’origine per visitare le famiglie e i luoghi della propria infanzia, e riscoprire le bellezze paesaggistiche, architettoniche e artistiche di quei territori. Un turismo esperienziale diverso dai soliti viaggi, dove la componente emotiva e di ricordo tracciano gli itinerari da seguire. Tuttavia, non bisogna cadere nell’errore di considerare il turismo di ritorno una cosa a se stante, ma bisogna pensarlo più come parte integrante del turismo culturale.
Chi pratica questa forma di turismo, infatti, non vuole conoscere solamente la propria storia, ma vuole comprendere anche la struttura culturale, enogastronomica, paesaggistica e tradizionale che la caratterizza. Una riscoperta a 360° che coinvolge tutti i sensi e non solo.
Ecco perché diversi studi sono giunti all’individuazione di due diverse forme di turismo delle radici.
La prima è legata agli emigrati di prima generazione, che vivono nei paesi limitrofi e che ritornano nel paese di origine ogni anno (ad esempio chi vive in uno stato europeo Germania, Francia, Svizzera ecc.). In questo caso si parla di un turista abitudinario, che con frequenza regolare durante le ferie torna nel proprio paese per far visita ad amici e parenti. Si tratta di coloro che non staccano mai definitivamente il cordone ombelicale dal luogo da cui sono partiti. Ma ci rimangono appunto legati ed ogni occasione è buona per ritornare riscoprire quelle abitudini e quegli stili di vita che per molti anni lo hanno caratterizzato.
La seconda forma invece, riguarda i discendenti di seconda e terza generazione, quindi figli e nipoti di persone emigrate nei paesi oltreoceano.
Qui il discorso è diverso perché spesso questa tipologia di turisti non conoscono affatto i luoghi in cui la storia della propria famiglia ha avuto origine. Non conoscono minimamente il proprio Paese, se non attraverso i racconti di genitori e nonni che hanno stimolato la loro curiosità e che li spinge a partire. Ritornando compiono quindi un vero e proprio viaggio di scoperta dell’ignoto alla scoperta di profumi, sensazioni, spazi di cui hanno solo una percezione inconscia ma che realmente non conoscono.
Secondo delle recenti stime, il turismo delle radici nel nostro paese rappresenta un segmento in piena espansione sul quale si può lavorare tanto. Basti pensare che gli italiani residenti all’estero e tutti i loro discendenti corrispondono a circa 80 milioni di persone. Solo dal continente americano dal Brasile, all’Argentina, passando per gli Stati Uniti, ogni anno arrivano in Italia circa 670.000 turisti con un fatturato che si avvicina ai 700 milioni di Euro.
Questi dati sottolineano l’importanza che ha questo fenomeno turistico per il nostro paese. Un qualcosa che però probabilmente è sempre esistito. Ognuno di noi ha quello zio, cugino o parente sparso nel mondo che improvvisamente ti chiama e ti dice di voler venire nel paese in cui è nato o in cui sono nati i suoi genitori. Solo che se prima non veniva preso in considerazione come potenziale forma di turismo, oggi visti i numeri potenzialmente in crescita e viste le difficoltà del mercato, soprattutto nel post covid, viene percepito come possibile strumento per superare la stagionalità, andando a dar manforte al settore turistico in particolare nei periodi in cui manca il turista “tradizionale”. Quindi, se prima era il parente a venire a trovarci di sua spontanea volontà, oggi viene in qualche modo influenzato a farlo attraverso strategie di mercato definite ad hoc.
Di sicuro la nostra Regione ha tanto da attingere dal turismo delle radici. Potrebbe essere ad esempio utilizzato come forma per contrastare lo spopolamento, riportando in vita i borghi e i paesi, soprattutto dell’entroterra, che soffrono questa piaga. Certo chi ritorna non lo fa per restarci. Ma investendo in questa forma di turismo, si andrebbero a creare quelle dinamiche economiche che porterebbero alla creazione di imprese e strutture, li dove non ce ne sono o se sono presenti, non riescono a soddisfare la domanda.
Un’opportunità quindi tra le tante, ancora una volta legata al turismo, unica vera fonte di ricchezza stabile per una Regione che cerca di attirare la grande industria quando invece la gallina dalle uova d’ora ce l’ha sotto gli occhi. Quando le amministrazioni ai vari livelli lo capiranno allora sì che faremo il salto di qualità.

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