CATANZARO «Di nuovo arresti ci sono stati oggi». Pietro Marangolo, braccio operativo del capo cosca a Rocca di Neto, Pietro Corigliano, commenta i 12 arresti dell’operazione “Orso”.
Vista la situazione era stato posto il veto a far visita la boss di Papanice Domenico Megna, detto “Mico” al quale i rocchitani erano molto legati. «Non gli va giù a Pinicello…», commenta Marangolo riferendosi a Giuseppe Martino Zito.
Ma nonostante il malumore di Pinicello a Papanice non si può andare: «Se vuoi andare tu vai, io a queste condizioni stamattina, ci sono stati arresti e vado là?», dice Marangolo.
Nell’informativa della Squadra Mobile di Catanzaro – che ha captato movimenti e pensieri dei componenti della cosca di Rocca di Neto – si registrano anche gli incontri che i vari membri fanno. C’è il summit del 18 settembre 2021, in un magazzino, con i capi dei vari locali. Ma non solo.
Il 30 dicembre 2021 si tiene una riunione tra Mico Megna e altri esponenti della ‘ndrina di Rocca di Neto. Una serie di conversazioni danno conto «del fatto che il boss papaniciario sarebbe giunto a Rocca – scrivono nella richiesta di fermo i magistrati della Dda di Catanzaro – per portare un omaggio alla sorella di Pietro Marangolo. Si accertava che alla cena avrebbero preso parte Pietro Marangolo, Pietro Corigliano, Virgilio Bruno, Andrea Lettieri, Luigi Corigliano, classe ’95».
La cena non è stata monitorata ma al rientro dall’incontro il capo cosca di Rocca, Pietro Corigliano, dà disposizione a Marangolo di seguire l’auto di Mico Megna fino a un certo punto.
«Andiamo che lo accompagniamo fino ad un po’ altrimenti è vergogna – dice Pietro Corigliano –. Fallo andare avanti, dov’è? Ancora qua è Yo. Lo vedi dov’è, lo vedi dov’è…».
Nel corso del tragitto, Corigliano e Marangolo esaltano la figura del defunto Luca Megna, figlio del boss Mico Megna, ritenuto un generoso e un aggregatore, uno che distribuiva gli utili ai sodali in difficoltà. Si parla anche di un tale «Rocchiceddru», che avrebbe ricevuto aiuti perché «stava morendo di fame» ma costui si era recentemente reso inviso a Domenico Megna per un’azione irresponsabile condotta fuori dagli schemi criminali della cosca. Lo “zio Mico” lo avrebbe addirittura picchiato. Il perché lo si apprende da un dialogo tra Pietro Marangolo e Virgilio Antonio Bruno del 27 dicembre 2021.
«Mi ha raccontato un fatto Pierineddru… [Pietro Corigliano] lo zio Mico… ha menato Rocchiceddru… lo ha ammazzato! Lo sapevi? L’ha raccontato pure a te?». Le ragioni starebbero nel furto di una moto che Rocchiceddru avrebbe compiuto all’interno della stessa compagine di Mico Megna.
La vicenda si apprende dalla viva voce di Domenico Megna il quale racconta di avere addirittura rotto «il nervo» col quale stava picchiando Rocchiceddru. Megna è adirato perché «questo miserabile di m***a gli va a bruciare la moto a quel ragazzo… Se l’è negata… che non è stato lui…».
«Adesso – dice Megna rivolgendosi a Marangolo – il prossimo è Quaglia già se ne accorto, la m***a, non è uscito per niente a Natale, è stato chiuso dentro…».
Megna si mostra adirato coi due sodali perché si sarebbero montanti la testa agendo autonomamente contro gli interessi della stessa cosca. Marangolo propone di boicottare la vendita delle erbe raccolte da Rocchiceddru: «Quest’anno non gliene facciamo fare per niente che veniamo [noi di Rocca di Neto e piazziamo il nostro fieno a discapito di costui]».
«Uno comanda a Santa Severina e un altro a Corazzo… quelli sono i capi…». Diciotto dicembre 2021. Pietro Marangolo, si trova in auto col proprio figlio. Poco prima erano stati in compagnia di due soggetti e il padre spiega al ragazzo di chi si trattava, ovvero dei capi delle ‘ndrine di Santa Severina e Corazzo, frazione di Scandale.
Poi il padre confida al figlio: «Però il capo più grande di tutti lo sai chi è? Zio Mico… Shhhhhh», dice Marangolo invitando il figlio a mantenere il segreto.
Poi, ribadendo l’assoluta importanza criminale dello “zio Mico”, Marangolo raccomanda al figlio di mostrarsi affabile col boss «Quello proprio è il numero uno!… Tu stuzzicalo, tu stuzzicalo! Stuzzicalo che ti da i soldi!». Il ragazzo è incuriosito, chiede chi sia il capo di Rocca di Neto. «Pinareddru», dice il padre riferendosi a Pietro Corigliano, ponendo poi se stesso al vertice della ‘ndrina di Rocca di Neto, al fianco di Pietro Corigliano: «Io e Pierino…».
«Lo zio Mico è abbandonato da tutti, non ci va nessuno che è solo come un cane e poi come ti aggancia poco poco non ti lascia mai… le persone da là passano dritto…». A parlare, il 13 febbraio 2022, è Pietro Marangolo. Dice a Corigliano, scrivono gli investigatori, «come gli appartenenti ad altri gruppi criminali della zona evitassero di passare a casa di Megna per paura di essere cooptati per svolgere qualche incarico».
«E niente ci guadagniamo noi, in caso si pensano le persone che a noi?», gli risponde Corigliano.
Poi Marangolo spiega che «zio Mico non dà soldi a nessuno» poiché obbligato al sostegno dei “carcerati” del proprio clan, senza alcun favoritismo neanche per suo figlio detenuto.
La filosofia di vita di Domenico Megna, boss di Papanice, 73 anni, la spiega Pietro Marangolo. «Lo zio Mico si da da fare lo vedi? Ha settantatré anni però! Sembra uno di settantatré anni? Ha fatto trent’anni di galera… trentacinque anni!», dice il rocchitano.
«Ha una storia questo qua sulle spalle… con la prima moglie ne ha quattro o cinque [di figli]…». «Vedi che lo devi toccare. Ah… da dietro… Hai vito? Non devi colpire, piano piano devi toccare il culo alla comare che non se ne accorge il compare […] Lui ha detto le parole sagge… ha detto: “Ma uno lo devi aiutare, devi cercare di farlo andare fuori, se lo tocchi lo distruggi del tutto e non ti dà quella volta né mai poi!».
Marangolo si lascia andare a considerazioni tra il ruolo di agire e di parlare dei più giovani – «Noi certe volte… liberiamo… Le parole al vento» – e la differente caratura di un leader mafioso come Megna – «Invece quelli ti parlano contato!», è l’insegnamento di zio Mico.
Un esempio è l’impeto col quale i più giovani approcciano le vittime alle quali estorcere denaro – «Lo vedi che noi certe volte andiamo dentro» – e la calma con la quale i boss “scivolano” la richiesta senza fare male: «Questi calmi calmi te lo scivolano… E senza fare male che te la dice…».
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