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la provocazione

Il panino della discordia, “Mi ‘Ndujo”: «Vinceremo i tabù con l’ironia»

La replica della catena di street food calabrese dopo le polemiche scatenate dall’eparchia di Lungro: «Alzato un polverone sul nulla»

Pubblicato il: 16/01/2023 – 16:26
Il panino della discordia, “Mi ‘Ndujo”: «Vinceremo i tabù con l’ironia»

COSENZA Dopo la presa di posizione dei vertici dell’eparchia di Lungro che hanno chiesto alla catena “Mi ‘Ndujo” di “bloccare” sul nascere il lancio sul mercato del Paninazzo U Ghieggiu (jejju) in quanto non rappresenterebbe “il patrimonio identitario e la presenza Arbëreshe in Calabria”, è arrivata, puntuale, la replica dei diretti interessati. «Uno dei più seguiti artisti italiani a tutto tondo, Checco Zalone – evidenza “Mi Ndujo” – attore e regista di alcuni dei film che hanno fatto registrare più incassi al cinema, ha fatto ridere e sorridere il Paese intero su temi attuali, complessi e delicati. E lo ha fatto mettendo al bando la pesantezza pseudo-culturale, laica o religiosa, intellettuale o bigotta, di quanti, quei temi ma non solo quelli hanno trattato e maltrattato da sempre con il linguaggio noioso, incomprensibile e triste dei tabù o delle élite. Sul piccolo e grande schermo Zalone ha sconfessato perbenismo, censori e soloni, riuscendo ad entrare nel cuore vivo di problemi seri e gravi, parlando il linguaggio universale e millenario dell’ironia, dell’auto-ironia e del divertimento (dal latino divertere, volgere altrove, in direzione opposta, deviare, distraendo l’animo da cure e pensieri molesti). E se non hanno offeso e scandalizzato nessuno le battute ed il gergo nazional-popolare di Zalone al quale non vogliamo minimamente paragonarci, toccando ed unendo tutti col e nel sorriso su temi di stringente attualità, così come nessun calabrese si è mai sentito offeso, anzi, dallo striscione con la scritta Terroni di Calabria col quale qualche anno fa abbiamo inaugurato le nostre sedi a Roma, onestamente non vediamo – fa sapere il management di Mi ‘Ndujo – come e perché possa e debba sentirsi addirittura offesa la grande e gloriosa comunità arbëreshe per un progetto di panino al quale, così come ci siamo da sempre caratterizzati, abbiamo proposto di dare un nome ironico, auto-ironico, divertente, incuriosente e che da oltre 7 secoli non offende nessuno, ma proprio nessuno».

«Alzato un polverone sul nulla»

«A quanti – prosegue in una nota la catena calabrese – siamo sicuri per un abbaglio affrettato o indotto per altre motivazioni, hanno pensato di alzare un polverone sul nulla, rivolgiamo l’invito affettuoso a rasserenarsi ed a mettere da parte pregiudizi e tabù, abbeverandosi alla fonte inesauribile dell’ironia che, come scriveva Kierkegaard, è la via, non è la verità, ma la via; è come un mare in cui ci si tuffa per avere un tonico refrigerio quando l’aria è troppo pesante, non certo per restarvi, ma per tornar felici a rivestirsi, leggeri e risanati. U ghiegghiu. Non soltanto, non vi era e non vi è alcun intento offensivo e dispregiativo nella scelta di uno dei nomi più diffusi e riconosciuti per identificare, ripetiamo ironicamente, la comunità italo-albanese ma quel termine, depurato da qualsiasi strascico negativo di centinaia e centinaia di anni fa, unisce oggi in un sorriso e nel richiamo all’esistenza, in Calabria, di una minoranza linguistica che insieme alle altre arricchisce la stessa forza culturale e identitaria distintiva regionale. E che l’uso etimologico di ghiegghiu non sia affatto dispregiativo nel 2023 lo stanno scrivendo in questi giorni migliaia di calabresi e arbëreshe di tutte le generazioni che non hanno proprio capito e digerito il senso di questo tentativo di polemica auto-distruttiva, che ci stanno scrivendo per attestarci stima, fiducia ed incoraggiamento e che stanno commentando negativamente sui social alcune singole prese di posizione che risultano davvero esagerate, per contenuti e per toni».

«Noi siamo dei normali imprenditori»

«Prendiamo atto – continua il comunicato – dell’interessante dibattito che si è scatenato sui media e sui social, grazie al progetto del nostro panino, su quali siano le migliori strategie ed i migliori strumenti attraverso i quali recuperare eventuali ritardi ed errori del passato per investire meglio e diversamente sulla tutela linguistica e culturale della minoranza linguistica. Nutriamo rispetto e leggiamo con attenzione. Ma, attenzione, noi restiamo dei semplici e piccoli imprenditori, certo innamorati della nostra terra, di sicuro appassionati promotori della nostra identità più viscerale, senza dubbio convinti sostenitori del valore culturale, economico e di riscatto sociale della nostra biodiversità e della nostra enogastronomia di qualità, ma pur sempre – viene sottolineato – dei normali imprenditori. Alle istituzioni, laiche e religiose, compete e competerà occuparsi con sempre maggiore determinazione della valorizzazione del patrimonio culturale arbëreshe che sappiamo benissimo non coincidere con un panino, ci mancherebbe altro o con l’enogastronomia tipica che però apre porte e finestre culturali, sociali, turistiche ed economiche. Ma i panini nei quali continuiamo a mettere prodotti e nomi dialettali e proverbiali di quella Calabria non oicofobica e che non si vergona di se stessa (come ad esempio i panini Acri, Bisignano e Luzzi tre panini cu i cazzi, proverbio antico che non ha mai offeso nessuno) sono stati e restano – conclude il management di Mi ‘Ndujo dichiarandosi aperto ad ogni ulteriore incontro e confronto con tutti – anche quegli strumenti con i quali stiamo restituendo tanta dignità e fierezza, anche lessicale e dialettale, fuori e dentro la regione ad intere generazioni di calabresi, terroni e ghiegghi, che con un semplice sorriso, senza pesantezza ed a testa alta sanno chi sono, lo dicono, ci scherzano e vogliono competere col mondo, senza pianti, mugugni, lamentele, divisioni, cliché e tabù di un’epoca che fortunatamente non appartiene loro».

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