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La riflessione

«La caduta dell’ultimo boss ma non la fine della criminalità»

Come un fulmine a ciel sereno, la notizia della cattura dell’”ultimo” grande boss di Cosa Nostra ha fatto il giro del mondo. Una caccia durata trent’anni, che grazie alla perseveranza e al duro la…

Pubblicato il: 17/01/2023 – 16:33
di Domenico Lo Duca
«La caduta dell’ultimo boss ma non la fine della criminalità»

Come un fulmine a ciel sereno, la notizia della cattura dell’”ultimo” grande boss di Cosa Nostra ha fatto il giro del mondo. Una caccia durata trent’anni, che grazie alla perseveranza e al duro lavoro dei magistrati palermitani e dei carabinieri del Ros, ha trovato il suo giusto epilogo.
Il tutto frutto di un’indagine tradizionale, senza pentiti o informatori di qual si voglia genere. Una visita sotto falso nome è stata fatale a colui che primeggiava nella lista dei latitanti più ricercati in Italia.
Man mano che passano le ore emergono sempre più dettagli di quella che è stata la vita che il boss ha condotto in questi anni. Da vari fonti si apprende che, diversamente da quanto si possa pensare, Matteo Messina Denaro non ha passato gli ultimi tre decenni rinchiuso in un bunker sotto strati di cemento. Ma in realtà ha condotto una vita normalissima fatta di visite mediche e addirittura tre dosi di vaccino anti-covid. Il tutto grazie all’utilizzo di un documento falso intestato ad Andrea Bonafede, geometra 59enne di Campobello di Mazara.
Ma chi è Matteo Messina Denaro? Sin dalla sua giovane età è stato coinvolto nell’attività criminale. Cresciuto in una famiglia ben conosciuta nel mondo della mafia siciliana, ha iniziato a lavorare per la famiglia dei Corleonesi già da adolescente. Nel 1993, dopo l’arresto di Totò Riina, è stato nominato capo della famiglia dei Corleonesi assumendo un ruolo di primo piano nella gestione delle attività criminali della mafia in Sicilia. Tra gli anni 90 e 2000, è stato accusato di aver commesso numerosi omicidi e di aver partecipato a diversi tentativi di assassinio, tra cui quello del magistrato Giovanni Falcone. Per questi reati è stato condannato all’ergastolo in contumacia. Messina Denaro è stato anche accusato di essere coinvolto in attività illegali come il traffico di droga, l’estorsione e il riciclaggio di denaro. Nonostante le numerose indagini e le ricerche per catturarlo, è riuscito a evitare la cattura fino al 16 gennaio 2023, 31 anni e un giorno dopo la cattura di Totò Riina, anche la sua corsa è giunta al termine.
Il suo arresto fa scendere a quattro il numero dei latitanti di massima pericolosità inseriti nel “programma speciale di ricerca” del gruppo Interforze. Pasquale Bonavota (‘ndrangheta) ricercato dal 2018, Attilio Cubeddu (anonima sequestri) ricercato dal 1997, Giovanni Motisi (Anonima Sequestri) ricercato dal 1998 e Renato Cinquegranella (Camorra) ricercato dal 2002.
Con la cattura di Messina Denaro cade l’ultimo Boss di quella Cosa nostra che aveva rinnegato la sua intima natura mafiosa per trasformarsi in quell’attività terroristica e stragista, che l’aveva spinta a mettere bombe in giro per l’Italia. Come affermato da Salvatore Lupo, professore di Storia contemporanea all’Università di Palermo e tra i massimi conoscitori della storia della mafia siciliana, si chiude un cerchio simbolico di una storia già finita nel 1993. Non è di certo la fine della criminalità organizzata siciliana, che nonostante la caduta dei suoi boss, oggi vive in una dimensione di modernità. Ha saputo riorganizzarsi mimetizzandosi nelle pieghe della società, senza colpi eclatanti come quelli degli anni 80 e 90.

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