Messina Denaro e ‘ndrangheta, in Piemonte un patto “per diventare un’unica famiglia”

“Un patto per lavorare assieme e diventare un’unica famiglia” e governare insieme anche in Piemonte, un pattoaccordo tra mafia e ‘ndrangheta “stretto da Matteo Messina Denaro e altri capi di Cosa nostra con i capi delle ‘ndrine”: frisalirebbe al 2015 e ne parla la sentenza del processo “Carminius”, riportando le dichiarazioni di un collaboratore di giustizia trasferitosi a Carmagnola. Lo riferisce il sito di Repubblica edizione Torino. Il processo “Carminius” ha visto alla sbarra 39 imputati e decine i testimoni, migliaia le carte del procedimento, coinvolgendo anche l’assessore regionale Roberto Rosso di Fratelli d’Italia, poi condannato a 5 anni di carcere per voto di scambio. Le indagini erano partite nel 2012 dopo gli attentati subiti da due concessionarie d’auto e da alcuni esercizi commerciali di Torino. Secondo la testimonianza d’un collaboratore di giustizia trasferitosi a Carmagnola ci sarebbe stato dunque un patto siglato nel 2015 tra mafia e ‘ndrangheta tra Matteo Messina Denaro e altri capi di Cosa Nostra con gli omologhi delle ‘ndrine presenti nella nostra regione. Stando alle testimonianze raccolte dai giudici, alle riunioni partecipavano membri di entrambi i gruppi a casa di Rocco Zangrà, ritenuto il capo di una cellula di ‘ndrangheta tra Asti e Cuneo, all’aperto per evitare microspie. L’attività degli inquirenti s’è concentrata dopo che, nel maggio del 2015, alcuni fatti criminosi sono stati messi in relazione all’omicidio di Luigi Di Gianni, gestore d’un night club a Isola d’Asti ucciso il 12 gennaio 2013. Secondo gli inquirenti, la cellula ndranghetista s’era infiltrata in società economiche astigiane operanti nel settore edile, agricolo-commerciale e sportivo.