SOVERATO Sono finiti sotto inchiesta in undici per una lottizzazione abusiva in località Pappajanni nel Comune di Soverato. Immobili senza il nulla osta idrogeologico, senza autorizzazioni, con iter che sarebbero infarciti di false attestazioni. L’inchiesta della Procura di Catanzaro ha portato all’emissione di un decreto di sequestro preventivo firmato dal gip Sara Merlini su richiesta del pubblico ministero Domenico Assumma. Sigilli per l’area oggetto della lottizzazione, dove sorgono sette fabbricati e lo scheletro per la costruzione di un ulteriore edificio. Sotto inchiesta il dirigente dell’ufficio tecnico del Comune di Soverato Michele Menniti, 66 anni, di Sant’Andrea Apostolo dello Ionio; l’ingegnere Marcello Talotta, 51 anni, di Catanzaro; il dirigente dell’Uoa, Foreste Forestazione e difesa del suolo della Regione Calabria Salvatore Siviglia, 59 anni, di Melito Porto Salvo; il responsabile del procedimento Serafino Nero, 68 anni, di Decollatura; il tecnico progettista Ilario Sorgiovanni, 55 anni, di Gioveno (To); i direttori dei lavori Gennaro Procopio, 57 anni, di Catanzaro e Domenico Notaro, 36 anni di Soverato; gli acquirenti Angela Tarantino, 42 anni, nata a Catanzaro; Gianluca Ganci, 48 anni, di Napoli; Roberto Sarlo, 36 anni di Catanzaro e Carmela Ermocida, 43 anni, di Catanzaro. I reati ipotizzati, a vario titolo, nei loro confronti sono falsità ideologica e materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici, abuso di ufficio, falsità ideologica commessa da persone esercenti un servizio di pubblica necessità e falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico.
Figure centrali nell’inchiesta sono Michele Menniti e Marcello Talotta. Il primo avrebbe firmato la determina numero 62 del 19 marzo 2018 di “presa d’atto” della documentazione presentata lo stesso giorno dalla Talotta Costruzioni srl, attestando il falso nella parte in cui avrebbe qualificato come perizia giurata, una mera perizia tecnica redatta e prodotta dall’amministratore e rappresentante della società l’ingegnere Marcello Talotta, peraltro nemmeno firmata da quest’ultimo. Avrebbe dichiarato conforme alla legge regionale l’ulteriore documentazione prodotta da Talotta, «circostanza anche questa non corrispondente al vero – si legge nei capi d’imputazione –, atteso che, oltre a non essere stata presentata perizia giurata, non ci sarebbe stato nemmeno il preventivo nulla osta sul vincolo idrogeologico – per il quale la Regione Calabria aveva chiesto ulteriore documentazione rispetto a quella già presentata e ritenuta insufficiente ai fini istruttori». Nessuna indicazione in atti compare riguardo alla ditta esecutrice dei lavori, cioè la Talotta Costruzioni srl, e non erano stato documentato il possesso da parte della società del Durc, né era presente «il nulla osta del servizio tecnico regionale per le costruzioni in zone sismiche». Peraltro, uno dei tre edifici destinati, per progetto, alla demolizione non era regolarmente accatastato, «tutto ciò in violazione dei requisiti richiesti dagli articoli 5 e 6 della Legge regionale».
Il dirigente del Comune, in relazione alla Scia in sanatoria presentata da Roberto Sarlo, acquirente di un edificio della Talotta costruzioni srl, avrebbe rilasciato poi una dichiarazione sulla conformità dell’opera attestante il falso, nella parte in cui affermava che la costruzione era sanabile secondo le previsioni della legge regionale. L’immobile non sarebbe stato conforme alla normativa, perché facente parte della lottizzazione abusiva e non era sanabile perché costruito senza il nulla osta idrogeologico, privo di titolo edilizio, perché la Scia era stata annullata dallo stesso Menniti. Secondo la Procura si tratterebbe di un modus operandi riguardante anche altri immobili finiti nell’inchiesta.
Coinvolti nell’inchiesta anche il dirigente dell’Uoa “Foreste, Forestazione e Difesa del suolo” della Regione Salvatore Siviglia e Serafino Mero, come responsabile del procedimento. I due avrebbero dato parere favorevole per il rilascio del nulla osta idrogeologico relativamente alla Scia in sanatoria presentata l’11 marzo 2019 da Roberto Sarlo, procurando un vantaggio patrimoniale sia a Sarlo che alla Talotta costruzioni. Vantaggio considerato ingiusto «in quanto, ai sensi della normativa, l’assenza del nulla-osta idrogeologico non è sanabile». Menniti, da parte sua, avrebbe fornito a Siviglia e Nero «l’appoggio documentale necessario o agevolatore alla consumazione del reato».
Il gip sottolinea che «ricorrono nei confronti di Michele Talotta le esigenze cautelari» per «il concreto pericolo di reiterazione di altri gravi delitti della stessa specie di quelli per i quali si procede». Diverso il caso di Menniti, «non più in servizio per sopravvenuto pensionamento». I presunti reati, appunta il giudice per le indagini preliminari, «trovano la propria matrice nel fine di profitto illecito perseguito da Talotta». Che «si avvale del rapporto di stretta collaborazione criminale che evidentemente coltiva con Michele Menniti, per trarre e mantenere della lottizzazione abusiva il massimo profitto possibile». La contestazione è di abuso d’ufficio perché le effettive cointeressenze tra Talotta e Menniti non sono state positivamente accertate dalla polizia giudiziaria» ma «resta – per il magistrato – la reiterata e perdurante disponibilità del Menniti a compiere falsi e violazioni di legge manifeste (…) per un arco di tempo che copre quasi un quadriennio. È, poi, «inquietante» la «capacità di Talotta di tessere e mantenere rapporti illeciti stretti con dirigenti pubblici gestori di rilevanti interessi economici come Michele Menniti, dirigente dell’Ufficio tecnico del Comune di Soverato, attorno al quale ruotano, con ogni evidenza, interessi economici anche molto rilevanti di cittadini e di imprenditori soprattutto del settore edile». Il legame così stretto tra imprenditore e manager è «sintomatico – sono sempre parole del gip – di un metodo imprenditoriale di Talotta, che affronta con disinvoltura le violazioni di legge anche penali (con danni ambientali e urbanistici potenzialmente anche gravi) per il perseguimento di guadagni illeciti dell’impresa». È per questo che viene decisa la misura cautelare dell’interdizione dall’esercizio dell’attività di impresa. (redazione@corrierecal.it)
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