PALERMO Operazione antimafia stanotte a Palermo. I carabinieri del Nucleo investigativo del reparto operativo del comando provinciale di Piazza Verdi hanno eseguito 7 provvedimenti cautelari – 5 in carcere e 2 ai domiciliari – nel mandamento di Pagliarelli e piu’ precisamente della famiglia di Rocca-Mezzomorreale.
Il provvedimento è stato disposto dal gip di Palermo su richiesta della Direzione distrettuale antimafia del capoluogo siciliano e sono stati eseguiti tra Palermo, Riesi e Rimini. Gli indagati sono accusati di di associazione di tipo mafioso ed estorsioni, consumate e tentate, con l’aggravante di aver commesso il fatto al fine di agevolare l’attività mafiosa e di essersi avvalsi della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva.
Grazie alle intercettazioni e ai pedinamenti, i carabinieri che hanno eseguito 7 arresti a Palermo, hanno anche “ascoltato” una riunione della famiglia tenutasi nelle campagne di Caltanissetta – durante la quali gli indagati hanno fatto più volte fatto riferimento allo “statuto” delle regole di cosa nostra, un vero e proprio “codice”: «il costante richiamo degli al rispetto di regole e dei principi mafiosi più arcaici che sono considerati, ancora oggi, il baluardo dell’esistenza stessa di cosa nostra».
Ritenuto molto interessante, dunque, quanto emerso dalla riunione della famiglia mafiosa di Palermo – Rocca Mezzomonreale al completo, tenutasi per estrema prudenza in una casa nelle campagne della provincia di Caltanissetta; in quel contesto si è registrato il costante richiamo degli indagati al rispetto di regole e dei principi mafiosi più arcaici che – compendiati in un vero e proprio “statuto” scritto dai “padri costituenti” – sono considerati, ancora oggi, il baluardo dell’esistenza stessa di Cosa nostra. Nell’ambito della conversazione captata, definita dallo stesso gip. «di estrema rarità nell’esperienza giudiziaria», si è più volte fatto esplicito richiamo all’esistenza del “codice mafioso scritto”, custodito gelosamente da decenni e che regola, ancora oggi, la vita di cosa nostra palermitana.
Le indagini che hanno portato oggi all’arresto di 7 esponenti del clan di Rocca Mezzomorreale hanno sventato un omicidio. La sentenza di morte, decisa durante un summit di Mafia e segno della ritrovata armonia tra i membri della famiglia mafiosa, venne emessa nei confronti di un architetto che nella sua attività, secondo i boss, aveva commesso alcune mancanze verso il clan. I carabinieri, inoltre, hanno ricostruito diverse estorsioni a imprenditori e commercianti: gli incassi alimentavano le casse della famiglia. A volte i boss imponevano le ditte a loro vicine. Per convincere la vittima a pagare, in un caso venne fatta trovare vicino al cancello di un’abitazione una bambola con un proiettile conficcato nella fronte.
Una delle estorsioni documentate dalle indagini dei carabinieri di Palermo culminate nel blitz di stanotte, ha previsto il ricorso a una metodologia particolarmente inquietante: sul cancello dell’abitazione di una vittima del racket e’ stata posta una bambola con un proiettile conficcato nella fronte.
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