Anna Maria Stanganelli è il primo Garante della Salute della Calabria. La sua nomina è arrivata a 14 anni dall’istituzione della figura del garante. Anche questo un segno dei ritardi e delle difficoltà di un settore in perenne emergenza. Corriere Suem l’ha intervistata per raccogliere le sue impressioni sui primi mesi di quello che si annuncia un lavoro impegnativo.
Che idea ha in generale dello stato di salute della Sanità calabrese?
«Il nostro Servizio sanitario paga lo scotto di 13 anni di commissariamento. Si trova, per riprendere un’espressione utilizzata dal presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto, sotto le macerie. Tuttavia, con la determinazione, il coraggio e la condivisione sociale dobbiamo portarlo avanti, anche per contribuire alla crescita della nostra Calabria».
Quali sono, per quanto ha potuto verificare, le principali criticità su cui intervenire?
«Sono tante le criticità del Servizio sanitario calabrese, che vanno dalla medicina del territorio a quella dei centri metropolitani. I problemi riguardano la dotazione delle risorse professionali e tecnologiche. Esistono peraltro carenze strutturali e disponiamo di una rete ospedaliera inadeguata, sia per numero e collocazione logistica degli ospedali che per numero e tipologia di posti letto rispetto agli standard di riferimento ed alle necessità assistenziali. Ancora, vi sono ritardi nell’avvio e nell’attuazione di un modello assistenziale ed organizzativo dell’assistenza distrettuale, differenze di accesso ai servizi e qualità degli stessi nelle varie aree della regione. Inoltre, è indispensabile garantire l’efficacia degli interventi di emergenza».
Prima di iniziare l’intervista, si è detta preoccupata per l’emigrazione sanitaria.
«Persiste una notevole mobilità sanitaria passiva verso altre Regioni, spesso anche per interventi di complessità medio-bassa o eseguibili anche nei presìdi pubblici e privati della regione. La mobilità passiva condiziona fortemente il bilancio regionale e al tempo stesso aumenta le spese delle famiglie calabresi, che spesso si trovano all’interno di un sistema sociale fragile e poco tutelato. Peraltro, vi è una grande limitazione della governance di sistema per le applicazioni sociali e sanitarie nell’ambito delle nuove tecnologie informatiche e della telemedicina, che invece nelle strutture del Centro-Nord hanno limitato i danni della mobilità dei pazienti dalla medicina del territorio ai centri specialistici. Sottolineo, poi, che ancora non abbiamo dati oggettivi riguardo alle nostre criticità o ai livelli di efficienza».
In che modo, nel concreto, il Garante della Salute, può aiutare pazienti e cittadini?
«Con pazienza e umiltà, questa intesa come forza di stare accanto alle persone; con costanza e con l’impegno di calarsi dentro ogni situazione; con atteggiamento sobrio, di servizio; con la forza della condivisione. Diceva Tommaso Moro: “Signore dammi la forza di cambiare le cose che posso modificare, la pazienza di accettare quelle che non posso cambiare e la saggezza per distinguere la differenza tra le une e le altre”. L’istituzione di questa nuova figura, che in Calabria vede la luce per la prima volta a 14 anni dalla legge regionale numero 22 del 10 luglio 2008, che ne definì compiti e funzioni, è una grande conquista di civiltà per l’affermazione dei diritti di tutte le persone».
Entriamo più nello specifico.
«Il Garante gode, quale autorità indipendente, dell’opportunità di cogliere senza filtri i bisogni di salute, a partire dalle dinamiche dei soggetti deboli: anziani, disabili, bambini, detenuti, persone colpite da patologie irreversibili. Questo rappresenta una grande risorsa, in quanto consente, attraverso una collaborazione positiva con i commissari straordinari delle varie Aziende sanitarie e ospedaliere, un tempestivo intervento che tenga conto del bisogno di salute così come è percepito».
Come funziona il suo ufficio?
«Su richiesta del cittadino, il Garante della salute interviene per vigilare sul rispetto della sua personalità e dignità in rapporto alla fruizione dell’assistenza sanitaria e socio-sanitaria. Il Garante segnala alle competenti amministrazioni fattori di rischio o di danno a causa di carenze strutturali, organizzative o di carattere igienico-sanitario. Inoltre, tutela la funzionalità e l’efficacia nell’accesso alle prestazioni e nell’erogazione dei servizi socio-sanitari. Chiunque sia indirettamente a conoscenza – o direttamente oggetto – di violazioni di diritti del cittadino, così recita la legge regionale, può rivolgersi al Garante della salute. Questi, previa comunicazione all’ufficio di direzione dell’Azienda interessata, chiede al responsabile – della struttura, del presidio o dell’ufficio – di valutare congiuntamente quanto è stato o è oggetto di violazione, stabilendo il termine massimo entro cui devono essere attuati i necessari interventi. Passato tale termine, il Garante porta a conoscenza del commissario straordinario aziendale le inadempienze e gli ulteriori ritardi verificatisi, perché provveda come di competenza. Trascorsi, poi, 30 giorni da codesta comunicazione, ove necessario il Garante rappresenta al presidente del Consiglio regionale le inadempienze, per attivare interventi in surroga».
In Calabria gli utenti della sanità sono spesso titubanti, però.
«È importante creare le condizioni necessarie affinché adesso il cittadino possa sentirsi tutelato e rappresentato da un’Autorità indipendente che prende in carico le sue istanze, i suoi bisogni nei confronti del nostro sistema sanitario. Comprenderà bene la responsabilità che sento, nell’essere chiamata, per la prima volta in Calabria, ad esplicare questo compito così delicato».
Come il cittadino può mettersi in contatto con lei?
«Sul sito web del Consiglio regionale della Calabria, è stata creata una pagina dedicata al Garante della salute, con tutte le informazioni e i canali attraverso cui il cittadino potrà presentare istanze, segnalare anomalie, criticità e bisogni per un rapido intervento. Perché il cittadino possa rapportarsi col Garante, è però fondamentale avviare percorsi di partecipazione, di dialogo, di coinvolgimento delle persone; fare in modo che gli enti locali, le aziende sanitarie e le strutture pubbliche e private della nostra regione possano dare ampia diffusione relativamente alle attività e alle funzioni di questa nuova figura».
C’è anche bisogno di tanta informazione?
«È fondamentale potenziarla e fornire indicazioni utili al cittadino. Per questa ragione, a breve sarà realizzato del materiale informativo, che verrà distribuito nei servizi ospedalieri e in tutti quei servizi territoriali che a vario titolo si adoperano per rispondere ai bisogni del cittadino in termini di tutela della salute. Dobbiamo raggiungere in modo efficace e capillare il più ampio numero di persone».
Su Corriere Suem ci siamo tra l’altro occupati delle condizioni dell’assistenza pediatrica. In particolare, è emersa l’esigenza, rilevata da diversi specialisti calabresi e da tempo anche dal Garante dell’infanzia e dell’adolescenza, Antonio Marziale, di istituire un reparto di Neuropsichiatria infantile con posti di degenza. Come intende muoversi in proposito?
«Tra i compiti e le funzioni riconosciute al Garante della salute dalla legge istitutiva, vi è la fattiva e proficua collaborazione con il Garante dell’infanzia e dell’adolescenza per le tematiche relative ai bambini. In questo senso e sin dall’insediamento, abbiamo intrapreso con il Garante Marziale un percorso comune, lavorando per unità di intenti laddove i bisogni dei più piccoli si intersecano con la tutela della salute. Purtroppo, in Calabria manca un reparto pubblico di Neuropsichiatria infantile. Di fatto, ciò costringe tante famiglie calabresi a rivolgersi ad una sanità fuori regione, con conseguenti disagi sia sul piano economico che su quello sociale. È un problema già all’attenzione del Garante dell’infanzia sin dal suo primo mandato. Ce ne occuperemo insieme, per rappresentare al governo regionale le istanze di tante famiglie, mettendo al centro del nostro agire i bambini e i loro bisogni. La salute è il bene più prezioso, oltre che diritto sancito costituzionalmente. Lo è ancora di più se riferito ai più piccoli, che rappresentano il futuro della nostra società».
Di recente è stata attivata una convenzione con l’ospedale pediatrico Bambino Gesù, di Roma. Come la valuta? Che cosa può cambiare per i bambini calabresi e le loro famiglie?
«Non possiamo negare che, in tema di migrazione sanitaria, la Calabria presenti oggettive difficoltà. Sono circa 10mila le visite che ogni anno il Bambino Gesù effettua per i bambini provenienti dalla Calabria. L’accordo triennale mette in rete il nostro personale sanitario con quello del Bambino Gesù, per ridurre la migrazione sanitaria dei nostri piccoli pazienti ed abbattere i costi in misura notevole. L’accordo rappresenta un segnale positivo importante da parte del governo regionale. È uno strumento che darà la possibilità a tante famiglie calabresi di curare i loro bimbi qui in Calabria. L’accordo servirà anche a potenziare la rete pediatrica regionale e a migliorare la capacità di risposta sul territorio, integrando conoscenze e competenze dei nostri brillanti medici con quelle dei professionisti “romani”».
In Calabria è in corso una riorganizzazione della rete oncologica. Tuttavia, in alcuni casi i dati dei Registri provinciali dei tumori non sono aggiornati da anni. Ritiene che, anche con una sua sollecitazione pubblica, ci possa essere un riallineamento dei dati in questione, in modo da migliorare i servizi nei territori?
«La funzione dei Registri tumori è fondamentale, perché ci permette di avere una sorveglianza attiva e oggettiva delle malattie oncologiche. Avere dati aggiornati, di incidenza, mortalità, sopravvivenza e prevalenza dei tumori, permette di adottare razionali strategie di politica sanitaria, valutare gli interventi di prevenzione primaria e secondaria rivolti alle persone ed all’ambiente di vita e lavoro, descrivere l’efficacia dei programmi di screening. Non ho avuto modo di valutare quanto sia presente un coordinamento epidemiologico, ma auspico che questa sia una priorità e certamente sarà oggetto di discussione con il governo regionale».
Senza dati aggiornati c’è il rischio concreto di vanificare gli sforzi.
«Infatti, la riorganizzazione della rete oncologica non può non prescindere dai dati epidemiologici, così come dall’attuale e notevole migrazione sanitaria presso i presìdi del Nord, che impatta su tutte le classi sociali».
Come immagina il futuro della rete oncologica calabrese?
«Ci penso di frequente. Un suo razionale sviluppo potrebbe essere rappresentato dal modello del Comprehensive Cancer Care and Research Network, già presente in alcune regioni italiane. Si tratta di una rete territoriale di strutture che danno assistenza qualificata al paziente oncologico e fanno ricerca applicata. I criteri di inclusione sono collegati all’intensità assistenziale, alla complessità della casistica, alle competenze professionali e tecnologiche di cui queste strutture sono dotate ed alla ricerca applicata. Per arrivarci dovremmo superare i personalismi e i campanilismi, ponendo il paziente al centro, valorizzando le risorse umane e tecnologiche della nostra regione e garantendo la cosiddetta “oncologia di prossimità”, ovvero che un paziente non deve essere sottoposto a mobilità all’interno della regione o fuori di essa. Al riguardo, i medici di medicina generale e le associazioni dei pazienti possono dare un contributo importante. Tale organizzazione rappresenta un modello di assistenza e di ricerca che potrebbe essere incluso in un Irccs ad indirizzo oncologico. In Calabria ci sono tante eccellenze che meritano di essere valorizzate».
Altro problema aperto, secondo quanto riferitoci da medici e cittadini, è la rete regionale delle Cure palliative, che andrebbe potenziata. Qual è la sua posizione nel merito?
«La rete regionale delle Cure palliative, che assiste persone affette da patologie oncologiche e da patologie cronico-degenerative in fase avanzata o terminale, necessita sicuramente di rimodulazione e potenziamento a garanzia di questi pazienti fragili, ponendo un’attenzione particolare alla definizione di un sistema di coordinamento tra servizi sanitari, socio-sanitari e socio-assistenziali, tra servizi pubblici e non profit, così come al potenziamento dei rapporti all’interno dei team multidisciplinari».
Nei mesi scorsi c’è stato un ampio dibattito, che sul Corriere della Calabria abbiamo aperto e riportato, sui cosiddetti «imboscati» della sanità calabrese. A suo avviso, si potrebbero avviare degli accertamenti per verificare eventuali abusi, data l’attuale carenza di personale, soprattutto nel settore dell’emergenza/urgenza?
«Certamente sì. Ritengo che i commissari straordinari dovrebbero fare rete per monitorare e accertare eventuali abusi o inadempienze, evitando qualunque tipo di strumentalizzazione».
Come si stanno relazionando gli utenti calabresi con il suo ufficio? Che cosa le chiedono? Qual è il loro stato d’animo? Crede che l’operatività del Garante della salute possa favorire una ricucitura del rapporto fra cittadini e strutture sanitarie della Calabria? Crede, insomma, che possa valere a recuperare la fiducia degli utenti nella sanità pubblica?
«Il Garante della salute può concorrere a recuperare molto la fiducia degli utenti. È per il cittadino un riferimento istituzionale, una figura cui manifestare i propri bisogni, le proprie necessità rispetto alle anomalie e ai disservizi del nostro sistema sanitario. Sono tante e di tipologie differenti le segnalazioni che giungono all’Ufficio, da parte di enti, associazioni, istituti di pena, giovani, anziani, ragazzi con disabilità, malati oncologici, donne vittime di violenza. Il loro approccio è già di fiducia rispetto a questa nuova figura che garantisce loro equità ed efficienza.
Non le nascondo che a volte, leggendo alcune segnalazioni, le lacrime solcano il mio viso. Ci sono tante situazioni drammatiche che ogni giorno vengono rappresentate all’Ufficio: anziani che denunciano vicende di abbandono; malati oncologici che lamentano lunghi tempi di attesa per accedere a determinate prestazioni all’interno delle nostre strutture sanitarie; pazienti calabresi che rappresentano i disagi che incontrano nella diagnosi e cura di alcune patologie croniche, quali ad esempio la fibromialgia, non ancora inserite nell’elenco regionale delle malattie invalidanti riconosciute nei Livelli essenziali di assistenza; criticità all’interno delle case circondariali; Comuni che lamentano disservizi e criticità in tema di assistenza sanitaria; postazioni di Continuità assistenziale chiuse da tempo; insufficienza numerica dei medici di famiglia.
Devo dire che, nonostante siano trascorsi solo due mesi dal mio insediamento, ho dato riscontro positivo a quasi tutte le segnalazioni, grazie anche al dialogo costante avviato con i commissari straordinari».
Vuole raccontarci un caso sottoposto alla sua attenzione?
«In ordine di tempo, l’ultima segnalazione è relativa ad un Comune del catanzarese che lamentava molteplici criticità, tra le quali la mancanza di medici di famiglia. Grazie alla collaborazione e all’operatività del commissario straordinario dell’Asp di Catanzaro, Vincenzo Spaziante, è stato possibile dare tempestivo riscontro nel merito.
Sa qual è, per me, il momento più bello? È quando comunico al cittadino di essere riuscita a dare riscontro positivo ad una segnalazione. Significa che il mio impegno non è stato vano. Quando ho intrapreso questo nuovo cammino, ero consapevole del ruolo delicato, ma anche entusiasmante, cui sarei stata chiamata. Ma non avrei mai pensato di legarmi così tanto a quelle storie, a quelle persone».
Il cammino per l’affermazione dei diritti è complicato?
«È necessario superare prospettive a volte autoreferenziali, cercando di rispondere al bisogno del singolo cittadino, che è un altro lontano da noi, ma è una persona che riflette il volto di ciascuno nei vari momenti della nostra vita».
Come si stanno ponendo, nei confronti del Garante della salute, le istituzioni sanitarie della regione?
«Abbiamo avviato un dialogo costante e costruttivo, un lavoro sinergico con tutti i commissari straordinari delle varie aziende sanitarie e ospedaliere della nostra Regione, proprio per intervenire tempestivamente rispetto alle segnalazioni che pervengono all’ufficio del Garante. Questa interrelazione favorisce indubbiamente sia la parte relazionale che la soddisfazione per i risultati raggiunti grazie alla condivisione ed alla responsabilità di ognuno di noi».
Qual è il suo auspicio per il futuro del Servizio sanitario calabrese?
«La speranza è una: portare sempre il paziente al centro. Solo superando le ideologie politiche, lavorando assieme, rimanendo al servizio del cittadino, mettendoci impegno e coraggio, potremo affrontare i cambiamenti che si renderanno necessari per costruire una Calabria migliore ed offrire ai nostri concittadini la risposta ai loro bisogni». (redazione@corrierecal.it)
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