PALMI L’assalto a un furgone portavalori con modalità paramilitari, l’utilizzo degli AK-47 e capacità logistiche degne di una gang ben organizzata. E poi i precedenti, come la rapina all’ufficio postale di Rosalì, nel comune di Reggio. L’inchiesta della Procura di Palmi ha bloccato l’attività di una banda specializzata in rapine. E ha aperto scenari ancora da esplorare sui legami del gruppo criminale. Nel corso delle indagini, infatti, i carabinieri hanno trovato materiale riconducibile a rituali di affiliazione alla ‘ndrangheta. Quadro, dunque, ancora in evoluzione.
Con l’operazione “Terramala”, i carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria, con il coordinamento del procuratore di Palmi Emanuele Crescenti, hanno arrestato 7 persone, in esecuzione di un’ordinanza del gip Barbara Borelli, accusate di diversi reati in materia di armi e ordigni esplosivi, lesioni personali aggravate, danneggiamento, furto, ricettazione e rapina. In carcere sono finiti Francesco Trefiletti di 31 anni di San Procopio, Giuseppe Oliveri (32), di Seminara, Carmine Alvaro (37) di San Procopio. Secondo le indagini, sono loro gli autori della rapina al portavalori della Sicurtransport commessa con modalità paramilitari «con almeno altre 4 persone rimaste non identificate». Arrestato anche Domenico Alvaro (34) di San Procopio. Sono finiti ai domiciliari Mostafà Giuseppe El Gharaff (27) di Seminara, Domenico Laurito (50), di Sinopoli e Benito Tavella (35), di San Giovanni di Mileto.
Le investigazioni hanno consentito di identificare i soggetti della banda responsabili di un assalto al furgone portavalori della Ditta SicurTransport avvenuto nel maggio 2019 tra i Comuni di Melicuccà e San Procopio. Un evento criminale, all’epoca, attuato tramite modalità paramilitari, tipiche di una imboscata, dietro una precisa pianificazione: il blocco della carreggiata con l’abbattimento di alberi, l’uso di passamontagna e vari colpi di armi da fuoco, comuni e da guerra, come fucili d’assalto AK-47 Kalashnikov, per arrestare la marcia del furgone, e l’utilizzo di autovetture per darsi alla fuga, poi risultate rubate.
In quel frangente furono sottratti circa 627.000 euro e una pistola in dotazione ad una delle guardie giurate, rinvenuta a seguito del sopralluogo in località “Terramala” presso il comune di Seminara. A partire da questi indizi i carabinieri sono riusciti a identificare i membri della banda, sette dei quali risultano appunto i destinatari dell’odierna ordinanza, di cui tre vengono indicati gli esecutori materiali dell’assalto al portavalori del maggio 2019, oltre ad essere accusati di altri reati verosimilmente funzionali e connessi alla realizzazione di rapine a mano armata. Si tratterebbe, secondo gli investigatori, di soggetti dotati di particolare abilità criminale, capaci di condotte particolarmente violente e spregiudicati nel conseguire i loro intenti.
A testimoniare la capacità organizzativa degli indagati e il loro intento criminale, vi sarebbe anche il fatto che alcuni dei membri della banda siano già in carcere poiché tratti in arresto tra dicembre 2019 e febbraio 2021. Infatti, nel corso dell’indagine che ha portato all’ordinanza eseguita oggi, gli accertamenti posti in essere dai carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria, scaturiti da un tentativo di rapina ad un ufficio postale avvenuto a Rosalì, frazione del comune di Reggio Calabria ad ottobre del 2019, avevano permesso di disarticolare già parte del gruppo. Nella ricerca di quei colpevoli, corrispondenti in parte ai sette indagati in questione, il presunto capo della banda era riuscito inizialmente a rendersi irreperibile, potendo contare sul supporto di altri membri, fino al dicembre 2019, quando è stato tratto in arresto.
Nel corso dei vari accertamenti, i militari dell’Arma sono inoltre riusciti a trovare e sequestrare, oltre alla pistola della guardia giurata coinvolta nella rapina di maggio 2019, ritrovata con matricola punzonata, diverse armi, munizioni e sostanze stupefacenti, tra cui, un fucile calibro 12, una cartucciera da caccia, svariate munizioni di diverso calibro, due kg circa di sostanza stupefacente, presumibilmente marijuana, autovetture e macchinari agricoli rubati e verosimilmente utilizzati per la realizzazione del disegno criminale. Sono emersi inoltre formule e riti riconducibili ad affiliazione ‘ndranghetista, trovati in possesso degli indagati, così come “pizzini” relativi a somme di denaro per un totale di circa 90mila euro, corrispondenti, secondo l’ipotesi investigativa formulata, alla quota pro capite della spartizione del bottino dell’avvenuta rapina. Oltre a ciò, le acquisizioni documentali e gli accertamenti patrimoniali svolti, hanno consentito di documentare una sproporzionata disponibilità economica e di stile di vita dei soggetti coinvolti rispetto a redditi dichiarati. (redazione@corrierecal.it)
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