COSENZA In Emilia Romagna le mafie sono come figlie adottive. A dirlo stamattina nel suo intervento in occasione della cerimonia inaugurale dell’anno giudiziario, è stato il procuratore generale facente funzioni di Bologna, Lucia Musti. «Le risultanze processuali – ha affermato il procuratore generale – mi consentono di ritenere che il distretto Emilia-Romagna è madre adottiva delle mafie. Il distretto Emilia-Romagna non ha generato alcuna mafia; dunque possiamo dire che questo distretto non è madre naturale di alcuna mafia. Ciò nonostante, è madre adottiva. Intendo dire che le mafie che lavorano in Emilia-Romagna, e in particolare la ‘ndrangheta la cui autonomia ed il cui insediamento è stato comprovato da numerose sentenze passate in giudicato, e che hanno un Dna d’origine determinato dal patrimonio genetico della madre naturale, sono state purtroppo felicemente adottate dall’Emilia-Romagna e, dunque, ne sono figlie adottive».
Il procuratore si è poi soffermato sull’origine del nome “Grimilde” attribuito all’indagine sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta in Emilia e in particolare nella zona di Brescello, unico comune emiliano-romagnolo della storia ad essere stato sciolto per mafia. «Quel nome – ha detto Musti – ispirato “da un capitolo di un libro scritto dall’allora procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo Roberti che, nell’intitolare un capitolo alla sindrome di Grimilde, la strega cattiva di Biancaneve, l’ha descritta come il “non guardarsi allo specchio per non affrontare la realtà, intesa in tal caso la presenza mafiosa in ogni spazio della società civile”. Ecco il senso del nome attribuito alla indagine. Lavoriamo tutti insieme, ciascuno per le proprie competenze, affinché l’Emilia-Romagna guarisca dalla sindrome di Grimilde».
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