CATANZARO In una aula magna di Corte d’Appello satura e con molte persone costrette a stare in piedi ha avuto inizio l’inaugurazione dell’anno giudiziario 2023 del Distretto di Corte d’Appello di Catanzaro. Nell’intervento del presidente facente funzioni Gabriella Reillo non sono mancate le stoccate alla riforma della Giustizia.
«Quanto alle riforme, ancora una volta, come puntualmente accade dagli anni 90, la massima attenzione è stata rivolta al processo e alla modifica delle regole che lo disciplinano, con polemiche a volte aspre su singoli aspetti, dimenticando che negli ultimi dieci anni si sono avuti quasi 20 interventi sulla normativa processuale sia nel settore penale sia in quello civile di cui almeno due classificate come “grandi riforme”. Purtroppo quanto manca alla politica sulla giustizia è una cultura “di sistema” che parta da dati concreti, rilevati sul territorio, e che si faccia carico di effettuare proiezioni di fattibilità, rispetto agli organici ed alle dotazioni nonché alla conseguibilità degli obiettivi enunciati». Il presidente facente funzioni della Corte d’Appello di Catanzaro Gabriella Reillo apre così la propria relazione per l’inaugurazione dell’Anno giudiziario. E non è tenera nei confronti degli interventi normativi pensati per “sistemare” la giustizia. Continua così, Reillo: «Invece assistiamo a un affastellarsi di riforme che si susseguono senza che prima vengano verificati gli effetti della riforma precedente, nel proseguimento di meri effetti propagandistici. Le riforme procedurali vengono rappresentate come quelle più incisive e determinanti per abbreviare i tempi di definizione dei procedimenti ed assicurare un più equo contraddittorio. Ma se andiamo a vedere in concreto il rito non è risolutivo, come è intuitivo e reso evidente da quanto accaduto in questi anni e dalle fortissime differenze di performance a livello territoriale pur in applicazione del medesimo rito in tutto il Paese».
Proseguendo sulla riforma Cartabia, il presidente facente funzioni ha asserito: «Ma devo rilevare che anche questa riforma è permeata dall’illusione di ridurre i tempi processuali, civili e penali, attraverso una riduzione dei termini. Sembra non ci si renda conto che i tempi processuali non sono ritardati da termini eccessivamente lunghi bensì dall’eccessivo carico giudiziario che si abbatte sulle Procure e Tribunali, dalle endemiche e rilevanti scoperture degli organici, dal collo di bottiglia che si verifica nelle corti di Appello quanto a sopravvenienze e risorse per la la loro evasione». Il presidente ff Reillo non manca di sottolineare come «nei nostri uffici si portano spesso 200 processi a udienza», lamenta «il blocco dei sistemi per la mancanza di software adeguati a supportare tale meccanismo, con la conseguente possibilità di inserire le ordinanze ed i dispositivi adottati in in esito alle ultime udienze civili e di lavoro». «È inoltre stata persa l’occasione – dice Reillo – di ristrutturare il rito alla luce della nuova prospettiva della giustizia digitale».
Una stoccata alle ultime riforme della giustizia va anche nel verso della riduzione del tempo delle indagini che il presidente ff ritiene che si «scontra da un lato con l’elevato numero di fattispecie penali – di cui buona parte di scarsa gravità – che unitamente al principio del l’obbligatorietà dell’azione penale scaricano sulle scrivanie dei pm centinaia di procedimenti al giorno; dall’altro con la complessità e gravità di vari reati che spesso, a prescindere dalla loro natura, necessitano di accertamenti istruttori specialistici e approfonditi. Ancora, con la previsione dell’improcedibilità in appello – istituto anch’esso fondato sulla riduzione dei termini – il legislatore ha riversato sulle spalle della magistratura la propria pavidità, non avendo avuto il coraggio di prevedere una seria depenalizzazione, atteso il dilagante populismo giustizialista. Con la conseguenza che l’improcedibilità si risolverà in una amnistia generalizzata e per tutti i reati, anche quelli più gravi, qualora dovesse attribuirsi alla norma natura sostanziale, alla stregua dei precedenti orientamenti della giurisprudenza di legittimità e costituzionale».
«Anche quest’anno l’attività nel settore penale è stata incentrata in maniera preponderante sui procedimenti aventi a oggetto delitti di competenza della Direzione distrettuale antimafia essendo elevato il numero dei maxiprocessi per reati di associazione a delinquere di stampo mafioso e di associazione finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti nonché vari reati-fine», ha poi detto Reillo passando alla valutazione dei carichi di lavoro del distretto. «Tale situazione – ha spiegato – si pone in diretta e immediata correlazione con il fenomeno della presenza e proliferazione sul territorio di forme complesse di criminalità organizzata. Sul punto sono dettagliate le indicazioni del procuratore distrettuale che rileva come la ‘ndrangheta operante nel territorio del Distretto di Catanzaro è direttamente interessata dalle dinamiche di gruppi criminali operanti nel Nord Italia, che costituiscono proiezione delle cosche di origine e con cui, pur in presenza di una autonomia operativa, mantengono salde le relazioni. Così sono risultati vari e rilevantissimi i collegamenti della ‘ndrangheta del Vibonese e del Basso Jonio Catanzarese con Lazio e Lombardia, di quella del Crotonese e del Lametino con Lombardia, Emilia e Veneto. Cui è conseguito l’allargamento del raggio di azione delle indagini e la necessità di strumenti di contrasto condivisi. Dal punto di vista dell’intervento giudiziale i procedimenti iscritti nell’anno per il delitto di cui all’articolo 416 bis codice penale sono stati 69, di poco superiori rispetto ai 67 dell’anno precedente, mentre si registra una flessione dei procedimenti iscritti per il delitto di cui all’articolo 74 Dpr 309/90, pari a 68, rispetto ai 93 dell’anno precedente. Sono state avanzate 206 richieste di miure cautelari personali che hanno riguardato 1.126 indagati, di cui 952 per reati di competenza della Dda (371 per custodia cautelare, 198 per arresti domiciliari e 23 per misure interdittive)». (a.truzzolillo@corrierecal.it)
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