MONTALTO UFFUGO «Mi chiamo Wladimiro, nel nome c’è il mio destino. Sono cresciuto in una famiglia comunista. Papà era minatore, a Marcinelle, poi tornò al paese, a Mendicino, in Calabria, e trovò nella sede del partito le risposte alle domande che lo tormentavano». Così Wladimiro Parise, 50 anni, netturbino a Montalto Uffugo, operaio dirigente del Pd si presenta in una lunga intervista rilasciata a La Repubblica. E a proposito della scelta del nuovo segretario dem afferma: «Sono ancora indeciso tra Elly Schlein e Gianni Cuperlo, ma è davvero l’ultima opportunità che do a un mondo a cui ho regalato l’anima e che da troppo tempo si è dimenticato di quelli come noi: i moderni proletari».
Nell’articolo pubblicato sul giornale diretto da Maurizio Molinari, il caso di Parise come dirigente dem, viene considerato un’eccezione: appena tre in tutto il Sud. A fare la conta il responsabile organizzazione Sud del Pd, Eugenio Marino anche lui 50enne calabrese. Stilando, l’esponente dem nazionale crotonese, l’elenco dei dirigenti di cui ha la competenza (Abruzzo, Molise, Basilicata, Puglia, Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna) è emersa questa particolarità.
E “Repubblica” ricorda che Wladimiro, dal 2017 al 2022, è stato segretario della sezione di Casali del Manco. «Non mi sono ricandidato – spiega nell’intervista Parise -. E dopo di me è arrivato un avvocato. Un’ottima persona. Ma il Pd si è imborghesito», dice. «Tra i miei colleghi e amici in tanti da ragazzi votavano Pci o Psi – prosegue nella sua analisi il dirigente Pd calabrese – ora sostituti da Cinquestelle e destra. La nostra sezione è di proprietà, ma è quasi sempre vuota».
Andando indietro nei suoi ricordi, Parise racconta: «Mio padre ci trovò i libri che non aveva avuto a casa, lasciò la scuola dopo la quinta elementare. In sezione si studiavano i problemi, e si trovavano le soluzioni».
Tornando ai mali che affliggono il Partito democratico attuale l’esponente dem denuncia: «Anche il tesseramento in larga parte è un affare di famiglia. Si fanno tot tessere tra i parenti per contare, e magari poi esprimere il figlio come successore».
Parise, spiega Repubblica, fa parte dell’assemblea regionale ed è membro della segreteria di Casali del Manco. E alla domanda posta da Repubblica se è ascoltato, Wladimiro risponde secco: «Sì, sono molto rispettato. Ma io mangio pane e politica sin da bambino».
Mentre per rispondere alla domanda perché gli operai però non votano più il Pd risponde Marino: «Infatti non li trovi nelle nostre riunioni di dirigenti», dice Marino. Secondo responsabile organizzazione Sud del Pd, però la classe operaia potrebbe ancora risultare fondamentale per i dem. «A Villa San Giovanni i portuali vengono alle manifestazioni di partito – spiega a questo proposito -, e a Melfi i metalmeccanici, ma meno di quanti me ne aspetterei. Perché sono sottorappresentati? Il partito fatica a formarli come dirigenza, non funge più da scuola. L’operaio non va avanti. L’incontro non avviene più».
A raccontare quelle che è venuto a mancare nel partito ci pensa nuovamente Parise: «Le scuole politiche non si usano più, erano un nostro punto di forza». Una riflessione a cui fa da sponda Marino. «Oggi i nostri dirigenti – sottolinea – non somigliano ai blocchi sociali che vogliono rappresentare. La rimozione di interi pezzi di società dalla vita del partito è il frutto avvelenato del progressivo disinvestimento nella formazione delle classi dirigenti».
«Così molti non votano nemmeno più», denuncia a sua volta, Parise.
Lo studio sulle condizioni dei dem al Sud, Marino l’ha inviato – sottolinea La Repubblica – al segretario Enrico Letta, ai due vice, Giuseppe Provenzano ed Irene Tinagli, e ai quattro candidati che corrono per la segreteria: Elly Schlein, Stefano Bonaccini, Gianni Cuperlo, Paola De Micheli.
E le conclusioni sono lasciate al “compagno” Wladimiro: «Serve aprire una riflessione». «Questa nostra terra – ricorda – vide la prima donna sindaca nel Sud, Rita Pisano a Pedace. Qui venne nascosto, durante la guerra, Piero Ingrao, era uno di noi Fausto Gullo, il padre della riforma agraria. E mio papà mi chiamò come Lenin. Eravamo rossi. Oggi gli ultimi guardano a destra».
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