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«Giuseppe Dossetti, la politica come missione»

“Prima […] di andare in Terra Santa, ancora negli anni ’65-’66, pensavamo di andare in Calabria: ci attirava anche là una situazione di contrasto, tra una grande tradizione spirituale, specie erem…

Pubblicato il: 03/02/2023 – 19:05
di NICODEMO OLIVERIO*
«Giuseppe Dossetti, la politica come missione»

“Prima […] di andare in Terra Santa, ancora negli anni ’65-’66, pensavamo di andare in Calabria: ci attirava anche là una situazione di contrasto, tra una grande tradizione spirituale, specie eremitica e monastica (S. Nilo, S. Bruno, S. Francesco di Paola), e una situazione di Chiesa piuttosto gracile e di società civile in grave conflittualità”. Così scriveva Giuseppe Dossetti relazionando all’Arcivescovo bolognese Mons. Giacomo Biffi circa l’attività della Piccola famiglia dell’Annunziata, la famiglia monastica da lui fondata. Un passaggio nel quale il monaco reggiano evidenziava come fosse fondamentale, per la storia della propria vita spirituale e per quella delle sue sorelle e fratelli, la decisione di insediarsi nel Mezzogiorno del paese e in Calabria, specificatamente a Bonifati. Quest’anno ricorrono i 110 anni della nascita di Dossetti e il libro di Luigi Giorgi, Coordinatore delle attività culturali dell’Istituto Luigi Surzo, Giuseppe Dossetti. La politica come missione, edito da Carocci nella serie delle Frecce, ne ricostruisce con accuratezza i passaggi più importanti. Dalla formazione a cavallo fra l’oratorio reggiano di San Rocco, sotto la guida di don Torreggiani, e l’Università Cattolica di Padre Gemelli; dal consolidarsi del fascismo alla Resistenza, dove fu comandante partigiano, seppur decidendo di essere disarmato; dall’impegno in Costituente, dove si dedicò per l’inserimento equilibrato dei Patti lateranensi nella Carta e per la promozione della forma repubblicana e della pace, a quello ai vertici della Dc dove si spese per l’approvazione e l’attuazione della riforma agraria e della Cassa per il Mezzogiorno; dal Concilio ecumenico Vaticano II alla scelta di stabilire una parte della sua comunità in Medio Oriente in cui si dedicò a promuovere la pace, contro la guerra, fra i due popoli. Di tutto ciò il lavoro di Giorgi si occupa avvalendosi di documenti di archivio e della più aggiornata bibliografia. Emerge il profilo di un uomo immerso nel suo percorso di fede ma non alieno dal richiamo dell’impegno concreto nella storia soprattutto a favore dei più poveri e delle zone più svantaggiate del nostro paese e non solo. Per Dossetti, infatti, il meridione rappresentava uno spazio importante da valorizzare nelle proprie ricchezze spirituali e culturali, da affrontare con tutti i suoi problemi, in modo da rinsaldare la democrazia del paese, nella sua vocazione nazionale e nel rispetto del dettato costituzionale specialmente dei suoi principi fondamentali come disegnati dalla Carta. Motivo per cui, nel tentativo di fortificare il patto democratico ed inclusivo, nonché di pace, che sta alla base del nostro vivere insieme, si spese con forza a difesa, per una promozione attiva, negli anni Novanta, della Costituzione. Dossetti è uno straordinario protagonista della nostra storia, e non solo. Troppo spesso il suo impegno è stato equivocato, venendo tacciato di “cattocomunismo”. Una definizione, quest’ultima, fra le più sbagliate rispetto all’opera e alla riflessione dossettiana. Così come gli è stata attribuita l’erronea definizione di “integralista” e “utopista”, quando invece è stato l’esatto opposto nella sua visione laica dell’impegno religioso, inteso come in grado di includere e non, invece, di escludere secondo posizioni identitarie che realizzassero un confine con altri mondi e con altre religioni. Il volume di Luigi Giorgi pone in luce, dunque, il Dossetti uomo di fede, politico accorto e capace, nel momento in cui fu chiamato ad operare per il bene del paese, nei confronti delle esigenze sociali dei più bisognosi, obbediente alla sua Chiesa pur nella richiesta di una rigorosa riforma all’insegna della povertà. La sua fu, in definitiva, una missione nel senso del servizio. Un servizio, che non doveva, rispetto all’impegno politico -ricordò egli stesso- divenire un “mestiere”, ma dirigersi verso quelle fasce della popolazione più in sofferenza. Quelle che definì, ricevendo l’Archiginnasio d’oro, gli umili, i piccoli, coloro che non hanno creatività: “o sono impediti dall’esplicarla (e sono certo la maggior parte degli uomini) che sono dei senza storia”.
* Già parlamentare del Pd

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