CATANZARO All’anagrafe è Salvatore Domenico Galati ma lo chiamano “JR”. Per chi è cresciuto negli anni 80 il riflesso è immediato: la soap opera – ai tempi non si chiamavano serie Tv – era “Dallas”, storia di struggimenti finanziari e amorosi di una ricca famiglia texana. E “JR” era un petroliere spregiudicato e cinico, il cui unico scopo era prendere in mano l’azienda di famiglia. Quando Vincenzo Calafati, imprenditore del settore turistico interessato al progetto del Tui Magic Life di Pizzo, risponde alla domanda di suo figlio («Che fa questo “JR”?») sa che quel soprannome, quasi a evocare “Dallas”, è legato all’azienda di famiglia, “JR Groupe srl”, della quale tuttavia Galati ha ceduto le quote nel 2009.
Calafati – è il 5 luglio 2018 – spiega di aver incontrato “Mimmo”: «È venuto nel mio ufficio, raccomandato dal presidente della Regione, per fargli fare il lavoro al Magic Life». Galati è finito agli arresti domiciliari come Rodolfo Bova, ex capo struttura del dipartimento Turismo della Regione. Secondo l’accusa l’imprenditore avrebbe omaggiato il manager pubblico di 5mila euro per favorire la propria «espansione» nel settore dei transfert, «condizionando l’esercizio delle sue funzioni al coinvolgimento, da parte degli aspiranti fruitori degli incentivi di sostegno al comparto, delle società di trasporti riconducibili a Galati».
L’inchiesta “Olimpo” racconta di incontri tra dirigenti regionali e imprenditori, di addentellati politici e scorciatoie per ottenere lavori remunerativi. “JR” ha rapporti diretti con Bova. Questi chiede conferma a Calafati «dell’avvenuto incontro» tra i due e lo invita «a coinvolgerlo “perché è molto vicino a lui, hai capito?” e avendo cura di precisare, a riguardo, che “a me l’hanno presentato da là”». Per i pm della Dda di Catanzaro è un modo per sottolineare la «vicinanza dell’imprenditore al mondo politico». Parlando con l’ex direttore generale del dipartimento Turismo Pasquale Anastasi, Bova è ancora più esplicito e gli confida «di essersi esposto con Calafati affinché consentisse a Galati di avere parte nell’operazione, attesa la vicinanza dell’interessato a Mario (“fallo lavorare a questo perché Mario ci tiene”)».
Il dialogo tra i due – captato nell’ottobre 2018 – affronta anche altri temi, come la «questione giudiziaria che ha coinvolto la Rizzo (dirigente dell’anticorruzione indagata nell’inchiesta “È dovere” della Procura di Catanzaro, ndr)». «È uscito –così viene sintetizzata la conversazione – che ci sono altre tre ditte che le facevano regali, Pasquale ride. Rodolfo dice “come fai a non prendere soldi” gli ho detto». A quel punto il dialogo si interrompe perché «Pasquale non ricorda bene dove si trova il luogo in cui deve incontrarsi con una terza persona». La «terza persona» sarebbe Domenico Maduli, editore del network “LaC”. «Maduli – appuntano gli inquirenti – arriva sul posto, Pasquale inizia a seguirlo e dice a Rodolfo che questo ha una bella azienda, aggiungendo che si è buttato con i Gentile». Poi Anastasi dice che «ieri è stato a casa di Tonino Gentile (probabilmente si tratta dell’ex sottosegretario e senatore di Forza Italia, ndr) principalmente per la questione dell’Enit», poi «dice che è andato da Gentile per farlo parlare con Toti» e che «Gentile gli sta dando una mano per questa cosa». Il racconto di questa breve parentesi finisce qui.
Si torna poi a illuminare l’entità del legame tra Bova e Galati. In una nuova telefonata intercettata con Anastasi, Bova si lamenta «che “mi diceva oggi… oggi Domenico (Galati, ndr) che ancora non lo ha chiamato nessuno, a questo lo lasciano a terra praticamente». Di «assoluto rilievo» è considerato lo «stralcio di conversazione» del 4 aprile 2018. Quando, «in attesa di ricevere risposta da Rodolfo Bova, Domenico Salvatore Galati interloquiva con una donna (non identificata) in sua compagnia». E le avrebbe confermato «inizialmente di aver girato “a Bova” la somma di 5mila euro – senza riferimento alcuno alla causale dell’operazione –, salvo poi invitarla a non ingerire con l’interessato sulla scorta dell’assunta pretesa – espressa dall’interlocutrice – di richieste il denaro al dirigente regionale», che ha respinto ogni accusa nell’interrogatorio di garanzia dei giorni scorsi.
L’affare del transfert per il mega resort da 1.500 posti a Pizzo è in cima ai pensieri di Galati. Concretizzarlo, però, è complicato. Perché dietro ai servizi collegati al villaggio turistico si stendono ombre inquietanti. Calafati, che è il punto di riferimento della Tui (società che gestirà il resort) in Calabria, è preso tra due fuochi. Vorrebbe aprire le porte a “JR” per compiacere Bova e trarne «benefici» come «il riguardo nell’assegnazione dei fondi stanziati con il decreto di proroga del bando charter» ma non può intervenire per via «dell’interessamento all’appalto da parte di esponenti della locale consorteria di ‘ndrangheta».
C’è una conversazione che, per gli inquirenti, rivelerebbe l’esistenza di «contiguità e/o aderenze con i Mancuso, e più segnatamente con la persona di Luigi Mancuso» da parte di Galati. Viene registrata nel giugno 2019; l’imprenditore si lamenta con l’ex dg Anastasi del fatto che Calafati «avesse incaricato dei transfer» un altra ditta, «facendo espresso riferimento alla località di Limbadi e aggiungendo che, al pari di quella impresa, anche lui era stato “raccomandato” da Luigi».
Gli inquirenti scavano nella compagine societaria citata nell’intercettazione e parlano di vicinanza tra il marito dell’attuale proprietaria (che sarebbe il dominus occulto della ditta) e i Mancuso, un fatto che sarebbe «documentato dai controlli del territorio» e della storia di un’altra società, cancellata nel 2013, in cui sarebbe comparso tra i soci un parente della storica famiglia mafiosa di Limbadi.
Altro rapporto “sospetto” è, per i magistrati della Dda di Catanzaro, quello di Galati con un dentista di Limbadi, Agostino Redi, considerato – sulla scorta dell’indagine Rinascita Scott – vicino a Luigi Mancuso e non soltanto per questioni logistiche (il suo studio si trova «a ridosso dell’abitazione del boss». Redi è considerato «addentro alle dinamiche della criminalità organizzata vibonese»: un professionista che si porrebbe «quale interlocutore in grado di favorire-agevolare il confronto con Luigi Mancuso».
Altra vicenda collegata alla rete di relazioni di “JR” Galati è quella del fallimento della Trust Plastron, azienda dell’area industriale di Vibo Valentia al centro di un giro di telefonate captate nell’inchiesta “Rinascit Scott”. Un affare, questo, per il quale Giancarlo Pittelli viene “rincorso” telefonicamente da uno dei luogotenenti del boss Luigi Mancuso, Giovanni Giamborino. Al centro della questione, la restituzione di un corposo credito a un ingegnere che avrebbe investito tre milioni di euro per la costruzione di un complesso industriale. E avrebbe visto sfumare l’investimento per poi registrarne l’acquisto per la somma di un milione di euro all’asta da parte di Salvatore Domenico Galati, che nell’intricata vicenda non è indagato e compare come principale collaboratore di Pittelli, allora parlamentare di Forza Italia in diretto contatto con il capoclan di Limbadi. (p.petrasso@corrierecal.it)
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